Aladdin: recensione del live action Disney!
Con ancora molto titoli in cantiere e altri già prodotti, la Disney sfida la sorte con Aladdin: ecco la nostra recensione
Aladdin recensione. Produrre opere originali, oggi, sembra essere passato di moda. Così, cavalcando l’onda – che forse lei stessa ha contribuito a far formare – la Walt Disney Company si è lanciata nella realizzazione di live actions di Classici già esistenti. Dopo il più recente Dumbo, e in attesa di quello che sembra essere uno spettacolare Re Leone, la casa di Topolino ha sfidato la sorte rimaneggiando quello che, per molti, è uno dei migliori film d’animazione degli anni ’90. Stiamo parlando di Aladdin, film del 1992, che questa volta torna sul grande schermo con la regia di Guy Ritchie e la brillante colonna sonora del pluripremiato Alan Menken, che dopo aver vinto l’Oscar nel 1993 per la colonna sonora dell’Aladdin originale, cerca il raddoppio con il suo live action.
Il film, che ha avuto una preparazione alquanto lunga, vede nel cast l’attore Mena Massoud, canadese di origini egiziane, nei panni del protagonista Aladdin, e la giovane Naomi Scott in quelli della principessa Jasmine. Al loro fianco, l’immancabile Genio, interpretato da un sorprendentemente calzante Will Smith.
Indice
La trama – Aladdin recensione
Sarebbe superfluo spendere troppo tempo nel parlarvi della trama di Aladdin. La storia è nota ai più. Questa trae origine, per altro, dal racconto persiano “Aladino e la lampada meravigliosa“, contenuto ne “Le mille e una notte“, celeberrima raccolta di novelle orientali. Aladdin è un ragazzo povero, che vive nella città di Agrabah. Per tirare avanti, lui e la sua fidata scimmietta Abu si prodigano in furtarelli, ma senza mai strafare: quanto basta per sopravvivere è a loro sufficiente. Tuttavia, Aladdin sente di essere più di un semplice straccione, e la sua bontà d’animo trova riscontro quando Jafar, Gran Visir del Sultano, vede in lui quel “diamante allo stato grezzo” che rappresenta la chiave per entrare nella Caverna delle Meraviglie, lì dove è nascosto un tesoro dell’incommensurabile valore. Si tratta di una lampada magica che, se sfregata, farà uscire un Genio disposto ad esaudire tre desideri.
Nel frattempo, in cerca di libertà dalle regole imposte dalla legge, la principessa Jasmine evade dal palazzo reale, immergendosi – ed innamorandosi – della vita del popolo. Ed è proprio durante questa piccola fuga che la ragazza ad Aladdin si incontrano per la prima volta – anche se lui non è consapevole del rango di lei. Da qui, il colpo di fulmine tra i due innesca una serie di eventi che vedranno Aladdin esprimere il desiderio di diventare un principe, così da poter sposare Jasmine (come indicato dalla legge); il tutto mentre Jafar attenta alla sua vita, così da entrare in possesso della lampada e diventare Sultano.
Ovviamente, come ogni favola Disney vuole, il lieto fine è dietro l’angolo. E nonostante le minacce alla serenità di Agrabha, il vissero per sempre felici e contenti viene raggiunto dai due protagonisti… tra canzoni che ormai sono storia e inediti risvolti narrativi.
I lati positivi
Chi è cresciuto con i classici Disney difficilmente potrà apprezzare a pieno un Aladdin del 2019, con attori in carne e ossa, tanta GCI e meno magia. Tuttavia, il nuovo Aladdin strizza fortemente l’occhio al suo predecessore, ma non lo fa con una volontà emulativa. Bensì, il film di Guy Ritchie mostra una forte riverenza nei confronti dell’Aladdin originale; e cerca di distaccarsene quanto basta per dar vita a un nuovo film, se non indipendente, almeno innovativo.
A ciò vengono in auto i nuovi personaggi inseriti, come l’ancella della principessa, Dalia (interpretata da una più che convincente Nasim Pedrad), che rappresenta un risvolto comico ben gestito ma anche l’opportunità di attuare modifiche anche alla storyline del Genio. Proprio quest’ultimo, con il volto di Will Smith, viene rivisto in gran parte, reso più umano – nelle forme e nella volontà, senza però abbandonare i suoi fenomenali poteri cosmici (in un minuscolo spazio vitale).
E mentre Aladdin rimane l’adorabile ladruncolo che abbiamo imparato a conoscere e ad amare, la principessa Jasmine acquista più spessore; esplicitando in maniera più diretta la volontà di indipendenza che già nel film animato la figlia del Sultano aveva mostrato. La questione non è più sposarsi per amore; la questione diventa la volontà di regnare da sola, indipendentemente dalle leggi; assumere quel ruolo per cui si è preparata per tutta una vita ed essere ascoltata, non soltanto guardata.
Inoltre, va dato un riconoscimento anche alla colonna sonora, curata come già accennato da Alan Menken. Questa si compone sia di pezzi già celebri, sia di opere originali, che ben si incastrano e inseriscono nelle modifiche della trama in generale. E se la musica risulta essere fondamentale, questa ha senza dubbio una spiccata correlazione con la regia e la fotografia, le quali concorrono a creare dei quadri ben strutturati.
I lati negativi
Se da una parte il rimaneggiamento della trama ha dato più spazio ad alcuni personaggi, ampliando il loro screentime o comunque la loro rilevanza all’interno del film, questa potrebbe non risultare gradita ai più. Per i più piccoli, che si approcceranno per la prima volta al film magari, cambiamenti del genere saranno irrilevanti. Ma quando si parla di remake, il pubblico più colpito è sempre quello che con il film originale ha trascorso l’infanzia. E in questo contesto, è probabile che le modifiche vengano viste come un’arma a doppio taglio. Un’arma che molto probabilmente andrà più a discapito che a vantaggio dell’Aladdin del 2019. Soprattutto la colonna sonora, per quanto apprezzabile, presenta delle variazioni che non tutti potrebbero gradire.
A perdere spessore, invece, è il personaggio di Jafar. Il Gran Visir del Sultano perde quell’aura di inquietudine e da brivido che tanto lo caratterizzava nel film d’animazione. Riducendosi, in un certo senso, a un villain poco incisivo. Altro punto a sfavore del film, a parere di chi scrive, è l’eccessiva costruzione di alcune sequenze finali. Mentre nella prima parte Aladdin scorre in maniera piacevole, strizzando l’occhio come detto al passato, nella seconda metà quella magia evocata inizialmente tende a scemare; per tornare solamente a sprazzi durante la visione.
Conclusioni – Aladdin recensione
Quando si parla di remake, è sempre un azzardo. In un modo o nell’altro, il paragone con l’originale risulta essere inevitabile; e solitamente a perdere su tutti i fronti è il nuovo prodotto. Questo perché giocare con la memoria dello spettatore non è mai facile, anzi. Tuttavia, dobbiamo convenire con il fatto che Aladdin, prova, e ci riesce, a modificare la storia quanto basta per essere considerato un film a se stante. E non una copia carbone dell’originale.
Si tratta dunque di un film assolutamente godibile per chiunque. Sia per i più piccoli, che magari per la prima volta si ritroveranno a volare con il Tappeto Magico; sia per i più grandi. Soprattutto se questi riusciranno a vedere oltre, lasciandosi alle spalle dei paragoni superflui e controproducenti. Diversamente da quanto troppo spesso accade.
Inoltre, il live action di Aladdin si presenta composto da un cast competente, che non delude, anzi, le aspettative. E ci regala un film curato nella tecnica, nei costumi e nella componente musicale.
Aladdin
Voto - 7
7
Lati positivi
- Comparto tenico: regia, colonna sonora, costumi
- Buone interpretazioni degli attori
Lati negativi
- Perdita di spessore del Villain
- Seconda parte debole