Film sul disagio giovanile: i titoli che hanno segnato la storia del genere
Ecco una lista dei migliori film sul disagio giovanile con tutti i titoli che hanno fatto la storia del genere
I film adolescenziali e sul disagio giovanile sono quelle pellicole che navigano la mente degli adolescenti e i loro problemi. Problemi che riguardano la vita sentimentale, familiare, lavorativa o il rapporto malato e ossessivo con le droghe. Gli adolescenti e i giovani nei film sono soli, fragili, immersi in un mondo che non appartiene a nessuno di loro. In questi ragazzi nasce del disagio e dell’insicurezza che li conduce ad intraprendere delle relazioni malsane o ossessive. Il cinema di questo genere è delicato nel raccontare i disagi dei ragazzi.
A questo proposito abbiamo scelto per voi 10 titoli sull’argomento da Gioventù bruciata a Call me by your name. Le pellicole passano dunque in rassegna diversi periodi storici, a significare che anche se il tempo e l’epoca cambiano i disagi giovanili sono sempre gli stessi. Non importa il periodo, non importa il contesto; i protagonisti dei film provano allo stesso modo del malessere o del disagio nelle loro fragili vite. Vediamo dunque quali sono i migliori film sul disagio giovanile secondo Filmpost!
Indice
I migliori film sul disagio giovanile
Gioventù bruciata
Apriamo la lista dei migliori film sul disagio giovanile con una pellicola del 1955 che ha reso immortale la figura di James Dean: Gioventù bruciata. Jim Stark è un ragazzo di 17 anni alcolista appena trasferitosi a Los Angeles con i suoi genitori. Il film è il simbolo della ribellione giovanile degli anni ’50 e racconta la storia di ragazzi e di giovani che vogliono ribellarsi alle convenzioni sociali, sentimento provocato dall’assenza di rapporto con i genitori o con la figura di un adulto che insegni loro la giusta strada da percorrere. I ragazzi del film sono inesperti, lasciati soli e insicuri e si abbandonano ai vizi per sentirsi invincibili.
Gioventù bruciata è un cult assoluto del cinema e del genere che stiamo analizzando. Ha consacrato tra i grandi del cinema James Dean facendolo entrare di diritto nell’olimpo di Hollywood. Il film uscì al cinema poco dopo la morte di Dean per un incidente stradale, fatto che simboleggia come la gioventù bruciata del film non sia poi così lontana dalla gioventù reale.
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Nel 1981 uscì nelle sale di tutto il mondo un film che avrebbe cambiato il modo di vedere la generazione giovanile dell’epoca e del futuro: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. Pellicola tedesca basata sull’omonimo romanzo che racconta la vita della quattordicenne Christiane che scivola lentamente nell’abisso delle droghe e nell’uso di stupefacenti nella zona di Berlino Est. Per pagarsi la dose di droghe quotidiane, la ragazza arriverà anche a prostituirsi.
Nel film vengono evidenziati gli effetti sui giovani della guerra fredda, del muro e della difficoltà di crescere in un paese senza libertà. La generazione maggiormente colpita dal potere comunista. Il film è crudo e distante dagli avvenimenti che racconta, effetto voluto al fine di mettere in scena tutta la verità e complessità di vivere a Berlino in quegli anni. Il lavoro sembra quasi un documentario, un lavoro di cronaca che si fionda nella vita di Christiane per sviscerarne tutto il marcio che si è impossessato di lei. Assolutamente da vedere.
Trainspotting
Danny Boyle dirige il film sul disagio giovanile tra i più apprezzati del genere: Trainspotting. Il film sulle droghe e sui suoi effetti per eccellenza, racconta il rapporto di un gruppo di ragazzi scozzesi con l’eroina. Ewan McGregor è il protagonista ed interpreta Mark, detto Rent Boy, che assieme ai suoi amici tutti tossicodipendenti provano a disintossicarsi dall’uso di eroina, scegliendo di vivere in modo diverso. Danny Boyle, esperto nel raffigurare e interpretare la mente umana, racconta una storia nella quale tantissimi vi si possono riconoscere.
Non bisogna essere dei tossicodipendenti per capire le sensazioni dei protagonisti, basta soltanto provare delle sensazioni che portano ad intraprendere strade pericolose e nocive. Non solo droghe, ma anche alcool o qualsiasi altro tipo di dipendenza morbosa. Il film nel 1996, anno di uscita, fece scalpore per alcune scene troppo crude ed esplicite che ancora oggi fanno discutere. Un vero cult da vedere assolutamente.
Ragazze interrotte
Nel 1999 arriva al cinema Ragazze interrotte, film di James Mangold sulla vita di alcune ragazze rinchiuse in centro psichiatrico. Protagoniste assolute sono Wynona Ryder e Angelina Jolie, che interpretano due ragazze sole in cerca della loro identità. Nel centro sono rinchiuse le cosiddette ragazze interrotte: giovani donne, quasi adulte, che soffrono di problemi sociali, sessuali o affettivi. Susan, l’ultima arrivata, sembra la ragazza con meno problemi, ma il contatto con le altre le dimostrerà che non è affatto così.
Il film ebbe un grande successo e lanciò la carriera della Jolie che vinse anche il suo primo Oscar e consacrò la Ryder come teen idol anni ’90. La pellicola è dura, violenta e realistica. Racconta la vita di ragazze con disturbi e disagi in modo assolutamente credibile, senza lasciare nulla al caso e trasportandoci all’interno della clinica psichiatrica. Ragazze interrotte è uno dei film sul disagio giovani tra i più famosi, diventato oggi un cult del cinema che va visto assolutamente.
Requiem for a dream
Darren Aronofsky dirige nel 2000 i giovanissimi Jered Leto e Jennifer Connelly in una pellicola disturbante ma assolutamente affascinante: Requiem for a dream. Il film è un viaggio nella droga e di come questa possa intaccare le vite di giovani pieni di ispirazioni e sogni. I due giovani protagonisti sono dei tossicodipendenti che prima di avere i primi contatti con le sostanze stupefacenti erano pieni di progetti e di desideri, ora distrutti e offuscati dall’effetto delle droghe pesanti. Il regista mette in scena un film magistrale andando a percorre il tunnel delle sostanze stupefacenti e dei loro effetti sui giovani.
Riprende il disagio di inadeguatezza e di insicurezza dei due protagonisti che provano delle sensazioni comuni a moltissimi altri ragazzi dei primi anni 2000. Il regista racconta una realtà drammatica attraverso delle immagini, della musica e della fotografia ricercatissima, il tutto messo assieme da un montaggio serrato. Il film fece scandalo per la crudezza con cui viene affrontato il tema delle droghe, ma oggi è un cult assoluto del genere.
I migliori film sul disagio giovanile
Ken Park
Un cast giovanissimo e semi sconosciuto per il film che vi andiamo a presentare: Ken Park. Ken Park è un ragazzo che vive nei sobborghi di Los Angeles e un giorno si suicida lasciando un velo di sconforto tra i suoi coetanei. I ragazzi della cittadina ed i suoi amici rimangono basiti dal gesto estremo che, come l’amico perso, non godono di ottime situazioni personali. Un film crudo e sincero che ritrae l’oscuro sogno americano di giovani ragazzi che non credono più a nulla e che chiedono solo comprensione.
Il regista, Lerry Clark, rende più che esplicite le pulsioni sessuali dei ragazzi, riprendendo scene erotiche che non lasciano nulla all’immaginazione. In queste scene si sente tutto il disagio di questi ragazzi che trovano la serenità solo nell’atto sessuale senza freno. Il regista, già dedito a film del genere in analisi, riprende semplicemente la vita segreta degli adolescenti americani a metà tra il desiderio di mostrare la verità e scioccare lo spettatore.
Elephant
Continuiamo la lista con Elephant film diretto da Gus Van Sant basato su dei fatti realmente accaduti. La pellicola infatti racconta con uno stile asciutto e sobrio la strage avvenuta nella scuola di Colombine, negli Stati Uniti, per mano di due studenti. Van Sant dirige un film breve ma intenso, in cui si affida a una macchina da presa per riprendere da vicino alcuni dei protagonisti. Questi diventeranno vittime o assassini dell’incubo di Columbine, facendone uscire un quadro di desolante vuoto esistenziale. Si percepisce l’angoscia e il timore che i ragazzi hanno provato, quasi come si fosse in un tunnel che non ha una luce sul fondo. Fa della morte per strage una semplice banale quotidianità. Il film ricevette la Palma d’oro a Cannes e il premio per la miglior regia, per il modo in cui sono stati raccontati degli avvenimenti che ancora si stenta a crederli reali.
Paranoid Park
Alex (Gabe Nevins) ha sedici anni, vive a Portland, è un ragazzo molto riservato e ha la passione per lo skateboard. Proprio questa passione lo porta, un giorno, ad andare a Paranoid Park, il paradiso degli skater. Qui accadrà però l’irreparabile: accidentalmente causa la morte di un agente della sicurezza e deciderà di tenerlo nascosto. Ancora una volta Gus Van Sant analizza il disagio giovanile, non più collettivo come in Elephant ma il disagio del singolo.
Il disagio di Alex lo porta a perdere la sensibilità su ogni cosa, anche davanti ad un evento tragico come la morte. Il regista affronta anche il tema dell’incomunicabilità tra genitori e figli, Alex è alla continua ricerca di una guida, di qualcuno che possa ascoltare le sue ricerche di aiuto, ma invano. La pellicola è tratta dall’omonimo romanzo di Blake Nelson e ha vinto il Premio speciale del sessantesimo anniversario al Festival di Cannes del 2007.
Juno
Juno è un film del 2007 diretto da Jason Reitman con protagonisti Ellen Page e Michael Cera. Il film racconta di una gravidanza inaspettata e assolutamente non voluta di una ragazza di 16 anni che si trova a dover decidere improvvisamente del suo futuro: tenere o meno il bambino. Una storia dolce e delicata che attraversa la mente di una ragazza giovane che fa i conti con i problemi degli adulti. Juno è una giovane donna che rimane vittima della poca conoscenza che hanno i giovani sul tema del sesso sicuro.
La sua storia è pari a quella di altre centinaia di ragazze che nella realtà affrontano una gravidanza inattesa. Per questo motivo il film risulta credibile e reale. Racconta la verità e il disagio di una sedicenne che si ritrova a dover andare a scuola con un pancione più grande di lei. C’è tutta l’insicurezza che assale i giovani a quell’età, elemento che del film uno dei più riusciti del genere.
Noi siamo infinito – Film sul disagio giovanile
Restiamo sempre nell’ambiente scolastico con Noi siamo infinito. Diretto da Stephen Chbosky nel 2012, il film racconta la storia di Charlie durante il suo primo anno di liceo. La vita di Charlie viene raccontata secondo il punto di vista del ragazzo. Un giovane adulto scosso dalla morte della zia e del suo migliore amico e che fatica a farsi degli amici. Per fortuna che sulla sua strada si imbattono Sam e Patrick che lo aiuteranno nel suo percorso di formazione. Nel film viene raccontato un disagio giovanile che affligge tantissimi ragazzi oggi giorno, ovvero la solitudine e la paura di essere giudicati per essere soli.
Charlie infatti è vittima di questa sua condizione che gli provoca dei blocchi e delle insicurezze che lo conducono a dei gesti estremi. Charlie però da solo capirà che la sua vita e l’amore per la sua famiglia sono due cose troppo importanti a cui non potrà rinunciare. Un film morbido e dolce che racconta con pacatezza una storia emozionante e commovente. Assolutamente da vedere.
Call me by your name
Call me by your name, diretto da Luca Guadagnino, è un’opera introspettiva e delicata che tratta un tema ostico come l’omosessualità giovanile. Elio è un ragazzo di 16 anni che trascorre le estati nell’Italia del nord assieme ai suoi genitori. Il padre di Elio è un esperto d’arte e ogni estate assume uno stagista. Quell’estate tocca a Oliver, un ventiquattrenne americano che ammalia Elio. Il ragazzo con lui capirà di essere omosessuale ed intraprenderà un percorso interiore per accettarsi.
Call me by your name è un film che ha convinto sia pubblico che critica per il modo in cui viene raccontata l’omosessualità giovanile. Il regista sottolinea tutto il disagio di un ragazzo di 16 anni che si trova a dover affrontare i primi amori e con questi a capire chi è davvero. L’età di Elio è per molti un’età critica, vi è l’incertezza del futuro, nascono le prime insicurezze e i primi dilemmi interiori. E tutto questo è raccontato rispettando la gioventù che prova davvero queste sensazioni senza banalizzare il tutto.
Film sul disagio giovanile
Dark Night
Film ispirato al massacro avvenuto la notte del 19 luglio 2012 in un cinema di Aurora nel Colorado dove, durante la proiezione de Il cavaliere oscuro – Il ritorno, l’ex studente ventiquattrenne James Holmes aprì il fuoco sul pubblico causando dodici morti e settanta feriti. Tim Sutton ci mostra, prima della notte della strage, alcuni episodi della vita dell’omicida e delle sue vittime: una ragazza ossessionata dall’aspetto fisico e dai selfie, un’altra priva di personalità e considerata invisibile dal gruppo e un ragazzo che passa le giornate a giocare con sconosciuti a videogames di guerra.
Lo spettatore è così portato ad immedesimarsi con i personaggi e a vivere il loro disagio e la loro banale quotidianità. Il regista si lascia ispirare chiaramente da Gus Van Sant, in particolar modo da Elephant, ma, a differenza di quest’opera, la strage rimane marginale, non viene mai mostrata. Sutton preferisce concentrarsi sull’analisi della comunità e delle ripercussioni del mondo virtuale nella realtà.
Mommy
In Mommy film Dolan immagina un presente in cui una legge canadese denominata S-14 permette ai parenti di minori con problemi o in situazioni di pericolo un ricovero coatto e permanente dei figli in una struttura psichiatrica. Provvedimento a cui Diane non vuole ricorrere. Diane è la madre di Steve, un adolescente a cui è stato diagnosticato un disturbo oppositivo provocatorio e che, a causa della morte del padre, è solito avere comportamenti violenti. La madre tenta di riportarlo sulla retta via ma tra i due si instaura un rapporto viscerale e a tratti violento.
Il film ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes nel 2014 e ha segnato il punto di massimo successo per l’enfant prodige Xavier Dolan. Particolare il formato scelto per girare il film: le inquadrature sono state infatti realizzate con rapporto d’aspetto 1:1 (ovvero perfettamente quadrate). Con questo formato aumenta il senso di claustrofobia e costringe lo spettatore a fissare negli occhi i protagonisti.
Manuel
Manuel (Andrea Lattanzi), raggiunta la maggior età, lascia la casa famiglia dove vive. Fuori dovrà cavarsela da solo: cercarsi un lavoro e fare da garante per gli arresti domiciliari della madre. Le responsabilità non spaventano il ragazzo che si impegna fin da subito a ripulire casa e trovare immediatamente un lavoro come panettiere. Manuel, a differenza dei suoi coetanei più fortunati, dovrà faticare il doppio per costruirsi una vita dignitosa.
Dario Albertini, alla sua opera prima, vuole sottolineare il realismo della pellicola: ambientazione nella periferia romana, dettagli che evidenziano l’atmosfera decadente e facce azzeccate come quella della madre (Francesca Antonelli) e soprattutto quella di Andrea Lattanzi, personaggio pasoliniano dal volto dolce e malinconico che incarna il disagio giovanile. Le emozioni sono descritte in modo essenziale, per questo il film commuove senza essere eccessivamente drammatico. Il film è disponibile nel catalogo di TIM Vision.
…e ora parliamo di Kevin – We need to talk about Kevin
Eva (Tilda Swinton) è una donna che ha rinunciato alla carriera e alle ambizioni personali per il primogenito Kevin (Ezra Miller). La relazione tra madre e figlio, però, si dimostra difficile fin dai primi anni. Kevin, infatti, non fa altro che disobbedirle solo per crearle dolore e dispiacere. Il culmine lo raggiunge alla soglia dei sedici anni quando compie una strage a scuola. Kevin è un ragazzo che sembra non avere sentimenti (l’unico momento in cui sembra mostrare un accenno di paura è alla fine del film, prima di essere condotto in carcere).
Dopo due anni dalla strage Eva ripercorre quanto successo in cerca di un perché di tale gesto. La narrazione avviene attraverso continui flashback (che ci mostrano il pre strage) e ci permette di assumere il punto di vista di Eva. Il montaggio è profondamente accurato e tutte le immagini forti sono connotate dal colore rosso, richiamo a quel sangue che non si vede ma è continuamente presente.
Beautiful Boy
Tra i film sul disagio giovanile anche il recentissimo Beautiful Boy. Nicolas Sheff (Timothée Chalamet) ha 18 anni, ama scrivere, è bravo a scuola e sta per andare al college ma fa anche uso di droghe. Nic è dipendente dalla metanfetamina, non riesce ad uscirne, si disintossica e ci ricade. Una lotta nella quale ha sempre accanto l’intera famiglia e in particolar modo il padre (Steve Carrell) che farebbe qualsiasi cosa per aiutare il suo bellissimo ragazzo.
La pellicola è ispirata alla storia vera di Nicolas Sheff ed è tratta dal libro Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction scritto dal padre, David Sheff. Il regista, Felix Van Groeningen, ha voluto non tanto analizzare il tema della droga, ma piuttosto soffermarsi sulle conseguenze che questa ha sulla famiglia. Il punto di forza del film sta nell’abilità degli attori: quella di Steve Carrell nel raffigurare il senso di impotenza di un padre che non è in grado di aiutare il proprio figlio e quella di Timothée Chalamet nel rappresentare il dolore e la vergogna per aver deluso il padre.
Freedom Writers
Film che narra la storia vera di un’insegnante, Erin Gruwell (Hillary Swank), che partecipa al programma di integrazione volontaria; programma in cui nessuno all’interno della scuola crede, come nessuno crede negli studentii che vi partecipano. I ragazzi, tutti tra i quattordici e i sedici anni, vengono da un contesto fatto di violenza e con famiglie problematiche ma la giovane insegnante non si perde d’animo e, con i suoi nuovi metodi di insegnamento, riesce a creare una sorta di piccola famiglia all’interno della classe.
Insieme ai ragazzi la donna fonda il progetto Freedom Writers dove ogni studente dovrà annotare quotidianamente, in una specie di diario, le sue emozioni in modo da liberarsi dal dolore. L’istruzione è il mezzo tramite cui gli studenti possono trovare la forza di reagire alle ingiustizie della vita. Eccellente l’interpretazione di Hillary Swank (affiancata da Patrick Dempsey) e dei ragazzi che riescono, in modo convincente, a calarsi in un ruolo non banale.
Love, Simon – Tuo, Simone
Il disagio giovanile in questo film si manifesta nell’accettazione di se stessi. Simon (Nick Robinson) è un adolescente come tanti, ha una famiglia che gli vuole bene, un gruppo di amici affiatato e una vita spensierata. Ha anche, però, un segreto che non è ancora riuscito a rivelare a nessuno: è omosessuale. Il ragazzo inizierà una corrispondenza virtuale, ovviamente sotto pseudonimo, con un ragazzo della sua scuola. Questo scambio di e-mail farà battere il cuore di Simon e lo porterà a voler scoprire l’identità del ragazzo misterioso. Un giorno Simon dimentica il computer acceso e sarà quindi costretto ad “uscire allo scoperto”.
Tratto dal romanzo di Becky Albertalli Non so chi sei ma io sono qui, Tuo, Simon è un film leggero e allo stesso tempo educativo, che non adotta stereotipi sull’omosessualità a cui il cinema ormai ci ha abituato. Da sottolineare l’interpretazione del protagonista Nick Robinson che porta lo spettatore a tifare per lui. Al suo fianco Katherine Langford, nel ruolo della migliore amica Leah, e Josh Duhamel con Jennifer Garner nel ruolo dei genitori.
Blue My Mind – Il segreto dei miei anni
Blue My Mind – Il segreto dei miei anni rappresenta l’esordio alla regia Lisa Brühlmann. Nella sua opera prima la regista affronta il disagio giovanile di una ragazzina di quindici anni che non riesce a ritrovarsi in una nuova realtà. Mia si trasferisce con i genitori a Zurigo e da subito risulterà difficile per la timida ragazzina ambientarsi in una scuola nuova e fare amicizia con i nuovi compagni. Conoscerà, però, un gruppo di coetanee il cui unico scopo è quello di divertirsi. Mia farà uscire così il suo spirito ribelle.
Il cambiamento fisico sarà fonte di preoccupazione nella ragazzina e ciò la porterà a confrontarsi coi limiti del suo essere. La storia di una ragazzina che sta crescendo e non sa come gestire la cosa; l’unica soluzione pare essere rifugiarsi nell’alcool e nelle droghe, ma questo ovviamente non bloccherà il mutamento fisico in corso. Un dramma adolescenziale con sfumature fantasy, un racconto di formazione originale raccontato da un punto di vista femminile.
Fiore
Claudio Giovannesi dirige un film sui giovani di borgata, giovani emarginati che non vedono altre strade se non quelle dell’illegalità. Come nel caso di Daphne (Daphne Scoccia), una giovane ragazza che passa le giornate nella stazione della metro aspettando di poter compiere qualche furto. Dopo essere stata beccata a rubare cellulari viene portata nel carcere minorile di Roma. Qui si innamora di Josh, altro giovane ladro. In carcere una relazione tra due detenuti non è consentita ma i due ragazzi, tra conversazioni lampo e scambi furtivi di lettere, riusciranno comunque a stringere un legame profondo.
Giovannesi chiude la macchina da presa all’interno del carcere minorile e segue passo passo la quotidianità della protagonista. Una quotidianità fatta di litigi, punizioni ma anche di sogni. Il desiderio di libertà viene sfiorato nel finale, con una scena dal forte impatto emotivo e cinematografico. Una fuga che sa di sconfitta ma il coraggio e la dignità con cui la ragazza affronta la vita non potranno mai decretare una sconfitta.