Don’t Worry: recensione del film biografico con Joaquin Phoenix
Gus Van Sant torna dietro la macchina da presa e lo fa in grande stile
Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot, è un film del 2018 scritto e diretto da Gus Van Sant. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival ha poi concorso alla 68ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino. La pellicola è stata distribuita da Amazon Studios e risulta essere attualmente disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video. Il film è basato sulla biografia omonima del vignettista satirico americano John Callahan, interpretato da un eccezionale Joaquin Phoenix. L’attore è stato in grado ancora una volta di superare se stesso, dando vita ad un personaggio unico e confermando le sue incredibili doti. Il cast è completato da nomi di spicco come Jonah Hill, Jack Black e Rooney Mara. Addentriamoci quindi nella recensione di Don’t Worry.
Il film è consigliato a tutti coloro che sono in cerca di una storia diversa, dai toni leggeri ma dal forte impatto emotivo. Gus Van Sant riesce col suo inconfondibile stile intimo e crudo a ritrarre un uomo assolutamente fuori dal comune e difficilmente inquadrabile. John Callahan è stato infatti uno che non le ha mai mandate a dire a nessuno, nonostante fosse bloccato su una sedia a rotelle. Ciò che per qualcun’altro avrebbe rappresentato un ostacolo ha rappresentato per lui un trampolino di lancio, offrendogli la possibilità di scoprire il suo talento.
Indice
- Trama – Don’t Worry recensione
- La genesi del film
- Aspetti tecnici – Don’t Worry recensione
- L’uomo più divertente su quattro ruote
Trama del film con Joaquin Phoenix
Il protagonista della storia è John Callahan un ragazzo americano che non sembra voler nulla dall’esistenza se non bere, bere e ancora bere. L’alcolismo è sempre stato infatti il suo amico più fidato, avendolo accompagnato in tutte le fasi della sua giovane vita. Essere sempre sotto gli effetti dell’alcol non lo ha di certo aiutato, impedendogli di sbocciare e spingendolo spesso in situazioni poco sicure. La madre di tutte le scelte sbagliate è rappresentata dalla decisione di seguire una sera Dexter, suo compare di bevute, per festini e bar. Dopo aver dato fondo a più di una bottiglia i due si mettono in macchina subendo di lì a poco un grave incidente. Se il guidatore se la cava con solo qualche graffio lo stesso non si potrà dire di John.
Lo schianto lo costringe di fatto su una sedia a rotelle, bloccato dal collo in giù e con una ridottissima mobilità degli arti superiori. Nonostante tutto l’ultima cosa a cui pensa è smettere di bere, trovando in questa nuova e difficile situazione una ragione in più per voler offuscare la sua mente. Proprio quando la luce sembra essersi spenta del tutto entra, non senza riserve, in un gruppo di recupero per alcolisti per cercare di superare la dipendenza. La guida spirituale della folcloristica comitiva è Donnie, un ex alcolista gay che ha scoperto nella fede la sua ragione di vita. Col passare del tempo John scopre di possedere la forza necessaria per affrontare i suoi problemi presenti e passati, riuscendo a superare addirittura l’abbandono di sua madre. A coronare il successo del suo percorso la scoperta del suo dono:disegnare vignette satiriche e politicamente scorrette.
La genesi del film – Don’t Worry recensione
Fu niente meno che il re della risata Robin Williams ad individuare in Callahan un potenziale soggetto per un film; il comico riuscì infatti ad assicurarsi i diritti sulla biografia del vignettista poco prima che quest’ultimo morisse. Nella mente di Williams la regia doveva essere affidata proprio a Gus Van Sant, data la particolarità del tema trattato e il successo della loro precedente collaborazione in Will Hunting – Genio ribelle. Callahan sarebbe dovuto essere interpretato dallo stesso Williams che in una celebre intervista lo definì “l’uomo più divertente su quattro ruote”. A far naufragare il progetto fu la prematura scomparsa di Robin Williams, sembrava infatti impossibile trovare un suo sostituto. Intense capacità drammatiche ma al contempo grande comicità e ironia, unite ad un controllo fuori dal comune della propria fisicità. Questo ciò che Williams poteva offrire e questo ciò che Van Sant ricercava nel suo nuovo protagonista.
L’unico attore che negli ultimi anni ha dato prova di possedere il giusto eclettismo per interpretare Callahan è stato senza dubbio Phoenix. Un artista in grado di lavorare con i più grandi registi senza sfigurare mai, cimentandosi senza difficoltà in generi sempre diversi tra loro. Ciascun film sembra arricchire ogni volta di più il suo bagaglio artistico, permettendogli di spaziare dall’emotiva interpretazione di “Her” a quella più dura ne “I fratelli Sisters”. Phoenix riesce in Don’t Worry nel non facile intento di cambiare prontamente registro a seconda delle necessità. Allo sfrontato alcolista delle prime scene si sostituisce un John impaurito e colmo di rabbia per poi lasciare definitivamente la scena ad un uomo illuminato e felice. In tutto questo riesce a riprodurre con estrema precisione i limitati movimenti di un paraplegico, riportando alla memoria, con i dovuti distinguo, la celebre interpretazione di Daniel Day-Lewis ne “Il mio piede sinistro”.
Aspetti tecnici e considerazioni – Don’t Worry recensione
Gus Van Sant è uno di quei registi che nel bene o nel male risulta essere sempre fedele a se stesso. In Don’t Worry cerca attraverso un approccio molto intimo di sviscerare il rapporto che il protagonista ha con tutto ciò che lo circonda: prima l’alcol, poi i propri demoni e infine le vignette. Attraverso l’impiego di numerose inquadrature soggettive e semi-soggettive ognuno di questi elementi viene analizzato col suo punto di vista, o quasi. Quale modo migliore per farci calare nei panni di Callahan se non quello di mostrarci il mondo dalla sua altezza? Dal momento dell’incidente in poi Van Sant abbassa strategicamente la camera facendoci guardare ogni cosa come se fossimo seduti con Phoenix sulla sedia a rotelle. A completare il comparto registico il gran numero di primi piani che vanno ad indagare magistralmente le mille emozioni che il volto dell’attore riesce a restituire alla perfezione.
Il buon ritmo del film sembra ripercorrere con grande fedeltà quello della vita del protagonista, accelerando e decelerando nei momenti giusti. L’incredibile sinergia tra regista, attore e personaggio dà vita ad un’opera dall’elevata sensibilità e cura. Non viene trascurato nemmeno un dettaglio, compresa la scelta dei personaggi di contorno, secondari sì ma necessari. Un irriconoscibile Jonah Hill dà forma con abilità all’etereo e irresistibile Donnie, a metà tra il drugo Lebowski e un santone indiano. Ogni elemento sembra trovare naturalmente il proprio posto senza che venga mai espresso un giudizio fuori luogo. Trattando tematiche così delicate il rischio di andare fuori tema è sempre alto ma l’esperienza e l’abilità di Van Sant hanno permesso di evitare imbarazzanti scivoloni. Il regista al contempo non ha dimenticato il suo spirito curioso e sperimentatore inserendo nel film alcune sequenze animate con le pungenti opere del protagonista, scelta più che mai azzeccata!
L’uomo più divertente su quattro ruote
Ciò in cui riesce Don’t Worry è pressoché unico, non solo riesce a rispettare il personaggio che porta sullo schermo ma anche la sua ideologia. Van Sant riesce infatti ad affrontare temi come la disabilità e l’alcolismo senza alcun pietismo, proprio come Callahan ha cercato di fare per tutta la sua carriera. L’artista è sempre andato contro le reazioni sdegnate dei critici, sottolineando come la sua unica bussola morale fossero i commenti delle persone nelle sue stesse condizioni. La condiscendenza e la compassione “d’ufficio” mostrata dai più erano il vero nemico da combattere con ogni arma a disposizione. Per evitare il rischio di cadere nel patetico il regista ha volutamente deciso di trascurare i tragici momenti immediatamente successivi all’incidente. Se da un lato la scelta ripaga dall’altro priva la storia di un passaggio fondamentale della vita del protagonista, uno dei pochi punti deboli del film.
Callahan è sicuramente un personaggio poco conosciuto dalle nostre parti, nonostante ciò chiunque sarà in grado di apprezzare Don’t Worry. La capacità di Gus Van Sant di rappresentare un personaggio vero e crudo come quello messo in scena da Phoenix invoglia il pubblico ad informarsi e saperne di più sulle opere di uno dei fumettisti satirici contemporanei più importanti. La lunga gestazione dovuta alle diverse vicissitudini ha permesso al regista di distillare il suo lavoro e ottenere così le poche gocce sufficienti per realizzare un buon film. Ottima la scelta di inserire le vignette come parte integrante del girato; in questo modo il loro messaggio arriva allo spettatore come pensato all’origine, senza intermediari o cambiamenti dettati da terzi. Si può e si deve scherzare su tutto, ignorando gli sciocchi tabù che le sovrastrutture sociali ci hanno imposto. Ogni vita vale la pena ha dignità se vissuta con leggerezza e ironia.
Don't Worry
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Regia
- Interpretazione Joaquin Phoenix
- Messaggio che si vuole far passare
Lati negativi
- Mancato approfondimento di alcuni punti della vita del protagonista