I Figli della Notte: che grande spettacolo quei piccoli diavoli, così tragicamente umani da far paura!
Mescolando Hitchcock, Lynch, Refn e Dolan, l’esordiente Andrea De Sica firma un capolavoro, regalando al cinema italiano un miracolo troppo a lungo desiderato.
In un collegio per rampolli di ricche famiglie sta cominciando un nuovo anno scolastico; con esso arrivano nuovi studenti, turbati dall’idea del rigido sistema educativo che li aspetta in quel luogo, isolato al centro di una foresta tra spigolose vette innevate. Tra i malcapitati ci sono anche Giulio ed Edoardo: i due si comprendono da subito, condividendo tormenti e malinconie. E mentre in Edoardo sembra nascere un sentimento altro dalla semplice amicizia, la scoperta di un locale notturno nel bosco e un terribile segreto custodito nella soffitta dell’Istituto mineranno ogni equilibrio, portando a dei risvolti imprevedibili.
Famiglia di Artisti (con la A davvero maiuscola!) quella del nostro regista esordiente: nonno Vittorio, uno dei principali esponenti del Neorealismo, nonché vincitore di quattro premi Oscar; zio Christian, l’eroe comico del cine-panettone, così amabilmente popolare da essere puntualmente lapidato dal noioso pubblico radical-chic; papà Manuel, musicista e autore di svariate colonne sonore, venuto improvvisamente a mancare tre anni fa. Dunque è un cognome pesante quello portato dal giovane Andrea De Sica, anche perché parecchie menti illuminate dalla propria raffinatezza intellettuale si terranno aprioristicamente a debita distanza dalla sala, gridando pregiudizialmente ad un ingiusto nepotismo. Scelta sbagliata, perché sarebbe un vero delitto perdersi un esordio folgorante come questo.
Presentato all’ultima edizione del Torino Film Festival, dove è stato accolto in maniera piuttosto calorosa, I Figli della Notte sembra tutto fuorché un’opera prima. Infatti, il neo-regista, già assistente di Bernardo Bertolucci per The Dreamers e di Ferzan Ozpetek per La finestra di Fronte, è già così tagliente nelle proprie scelte e ben definito nello stile da sembrare un autore avvezzo già da lungo tempo al lavoro dietro la cinepresa. Ma non solo! Infatti, egli è anche autore delle musiche sinistre e inquietanti che percorrono l’intera pellicola e che omaggiano in maniera più che evidente i suoni minacciosi e intrusivi dei grandi Cliff Martinez e Angelo Badalamenti, rispettivamente collaboratori storici del contemporaneo Refn e dell’antico Lynch. Prendetevi qualche minuto per ascoltare su una qualunque piattaforma almeno le prime tracce della colonna sonora, fortunatamente già edita: non potrete non pensare a The Neon Demon o a Mulholland Drive.
D’altra parte, questo romanzo di formazione a tinte nerissime è anche uno straordinario tributo a quel cinema d’atmosfera che rese grandi certi Maestri e che caratterizza ancora oggi alcune felici promesse. Di questo mondo magico e surreale qui non manca davvero nulla: dalle geniali intuizioni di Alfred Hitchcock ai deliri onirici di David Lynch, dai corridoi alla Shining di Stanley Kubrick ai neon rosso sangue di Nicolas Winding Refn, senza trascurare quel pizzico di sana modernità attinto dal genio canadese di Xavier Dolan. A questo mixer esplosivo De Sica aggiunge l’irresistibile grazia del brivido puro, scrivendo una sceneggiatura complessa, tesissima e al tempo stessa ultra-rapida, coadiuvata anche dall’agile montaggio di Alberto Masi. Ne viene fuori un gustosissimo gioco di citazioni e al tempo stesso un prodotto originalissimo e pervasivo, che si insinua sottopelle e tiene incollati alla poltrona con una forza oggi davvero rara e momenti indimenticabili. Colpiscono, e si fissano in testa ben oltre l’uscita dalla sala, almeno i tre momenti musicali: l’ipnotica discesa agli inferi del tenebroso night club accompagnata da Goodbye di Feder; la romantica e seducente ballata sulle note di Ti Sento dei Matia Bazar; la geniale e sorprendente scena di fuga armonizzata su Vivere di Luciano Pavarotti.
Ma a contribuire al buon risultato complessivo sono sicuramente le eccellenti prove dei due giovani attori protagonisti: da una parte Vincenzo Crea, capace di dare tutte le giuste sfumature al suo Giulio, personaggio in continuo divenire; dall’altra Ludovico Succio. E qui urge sbilanciarsi, perché di questo Succio ne sentiremo sicuramente parlare da qui agli anni a venire: dotato di un talento naturale, questo giovane interprete (!) non è solo bravo a parlare, nonostante sia provvisto di una lieve ma assolutamente caratterizzante erre moscia, bensì è anche capace di movimenti sinuosi, sguardi e ghigni luciferini di un’intensità estranea persino a certi attori consumati.
Purtroppo già sfortunato per la sua uscita nelle sale ad inizio Giugno, I Figli della Notte è uno di quei film destinati a dividere gli spettatori. Non è possibile una via di mezzo: o lo si ama o lo si odia; prendere o lasciare. Qui si milita nel primo schieramento, con la sincera convinzione che questa sia una mosca bianca da custodire gelosamente, un’opera irresistibile e forse troppo avanguardista per piacere a un pubblico che spesso (almeno nel nostro paese) reclama novità, senza poi essere davvero disposto ad accoglierle. Noi intanto diamo il benvenuto a questo nuovo e incredibile regista: buona la prima, Andrea!
I Figli della Notte: che spettacolo quei piccoli diavoli, così tragicamente umani da far paura.
Mescolando Hitchcock, Lynch, Refn e Dolan, l’esordiente Andrea De Sica firma un capolavoro, regalando al cinema italiano un miracolo troppo a lungo desiderato. - 10
10
The Good
- Colonna sonora, sceneggiatura, interpretazioni: tutto.
The Bad
- Faticherei a trovare difetti in un film per me così perfetto.