L’angelo del crimine: recensione del film di Luis Ortega
Per i lettori di FilmPost la recensione del film sulla vita del criminale argentino Carlos Robledo Punch
L’angelo del crimine recensione. Stiamo parlando di uno dei prodotti argentini di maggiore successo degli ultimi anni. In El ángel (il titolo originale del film), Luis Ortega, figlio d’arte, si ispira liberamente alla vita del famoso criminale argentino Carlos Robledo Punch. Il protagonista, soprannominato dalla stampa el Ángel Negro o el Ángel de la Muerte, ha il volto angelico e, allo stesso tempo, sadico e cinico, del talento emergente Lorenzo Ferro.
L’angelo del crimine, prodotto, tra gli altri, da Pedro Almodóvar, non ha smesso di far parlare di sé dalla presentazione nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes del 2018. Il film, tra le altre cose, è scelto per rappresentare l’Argentina nella categoria Miglior film in lingua straniera ai premi Oscar 2019, senza, però, ottenere la nomination desiderata. Ortega, grazie a quest’opera, si sta creando il proprio spazio nel cinema argentino e, le sue scelte stilistiche, non deludono il pubblico che ha decretato il successo di El ángel. Ecco a voi quindi L’angelo del crimine recensione del film di Ortega.
Indice
La trama – L’angelo del crimine recensione
Il film di Luis Ortega riprende la storia di Carlos Robledo Punch, un giovane di soli diciassette anni con il viso angelico, i riccioli biondi e l’aspetto che riporta alla mente la figura di un putto rinascimentale. Già durante l’adolescenza, però, mostra i segni della sua vera natura: quella del ladro e del ribelle. Quando conosce Ramón (Chino Darín), si sente immediatamente attratto da lui e cerca di fare colpo sul ragazzo e sulla sua famiglia, famosa nel campo della criminalità.
Carlos entra, così, a far parte della famiglia Punch e inizia a commettere una lunga serie di reati con l’inseparabile partner Ramón. Partendo da dei semplici furti, compiono crimini sempre più gravi. Carlitos, così soprannominato in modo amichevole da parenti e amici, diventa una specie di celebrità proprio per il suo aspetto fisico e la giovane età che sembrano togliere ogni sorta di dubbio sulla sua natura di serial killer.
Il ritratto di un criminale
Come hanno fatto molti registi prima di lui, Ortega porta in scena un criminale realmente esistito in una veste “insolita”. Il Carlos che ci presenta il regista argentino è un ragazzo sopra le righe, dall’aria apparentemente innocente, che sembra operare senza nessuna moralità, o meglio, secondo una moralità tutta sua. Il criminale interpretato da Lorenzo Ferro, per la prima volta sullo schermo, cerca continuamente di attirare l’attenzione su sé stesso; balla in modo sfrenato durante la rapine e agisce senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni.
Il personaggio che Ortega ci presenta si discosta, per molti aspetti, dall’originale. Dall’omissione di alcuni fatti di cronaca fino all’analisi degli aspetti della personalità di Carlitos, che sembra avvolta da velo di mistero. A questo proposito, il regista spiega:
La nostra premessa era quella di contagiare la vitalità, la voglia di vivere che si contraddice con il protagonista che è un assassino. Questo aspetto dell’arte è meraviglioso…può convivere su uno schermo, ma non nella realtà.
A meritare una menzione a parte è sicuramente Lorenzo Ferro. La versione di Carlos proposta dal giovane attore argentino è esplosiva, affascinante, sofisticata, sadica. Convince a pieno, tenendo in conto che il 21enne è al suo debutto cinematografico.
La regia di Ortega
Luis Ortega dirige questo piccolo grande film che arriva ad incassare dei numeri impressionanti al botteghino già dalle prime settimane, specialmente in Argentina. Il merito del successo di L’angelo del crimine non è tanto la vicenda che viene portata sullo schermo, ma principalmente come questa viene raccontata.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, combina fatti di cronaca con eventi frutto della mente di Ortega. Con El ángel, sembra rifarsi ai grandi registi del cinema poliziesco aggiungendo quel tocco di ironia caratteristica delle “commedie nere” come il fortunato Storie pazzesche di Damián Szifron, prodotto anche questo da Almodóvar. La musica, tra le altre cose, è una componente quasi decisiva nel film. Canzoni rock entrate a far parte della cultura popolare degli argentini fanno da sfondo alle attività criminali dei due giovani malviventi. Tra queste troviamo, inoltre, la versione argentina (interpretata dal padre del regista, cantante di successo nazionale) di House of The Rising Sun e quella di Non ho l’età di Gigliola Cinquetti. Altro punto va a favore della fotografia. I colori accessi e vivaci contrastano con i fatti raccontati ma abbracciano l’atmosfera di tutto il film.
Conclusioni finali – L’angelo del crimine recensione
Certamente avrà i suoi difetti ma il film di Ortega cattura, intrattiene e, nel suo piccolo, informa. Carlitos è un personaggio che, di primo impatto, ci attira e affascina e, già dalle prime parole, ci fa capire il suo modo di pensare, anzi, sembra quasi convincere lo spettatore a comprendere il motivo delle sue azioni.
La gente è fuori di testa. Nessuno prende in considerazione la possibilità di essere libero? Libero di andare dove vuole, come vuole. Tutti abbiamo un destino. Io sono un ladro di nascita. Non credo in “Questo è tuo, questo è mio”.
Il cinema argentino, e quello sudamericano in generale, sta facendo sentire sempre più la sua presenza, non tanto in sala quanto nei festival. E L’angelo del crimine ne è l’esempio. È un peccato, però, che le sale dedicate a questo tipo di cinema siano sempre meno e che di film come questo in Italia se ne senta parlare veramente poco. Nonostante tutto, El ángel è un film che va recuperato.
L'angelo del crimine
Voto - 8
8
Lati positivi
- Film esplosivo, affascinante, potente
- Regia convincente
- Colonna sonora
Lati negativi
- Per chi non conosce la storia del criminale, i fatti, forse, non sono descritti molto bene