Asghar Farhadi a Roma per parlare del suo ultimo film “Il Cliente”
Asghar Farhadi, Babak Karimi e Francesco Bruni presentano “IL CLIENTE” al Trastevere Festival di Roma.
L’evento è stato organizzatopreso Piazza San Cosimato da I ragazzi del Cinema America, associazione culturale non a scopo di lucro che nel 2012 salvò dalla demolizione l’omonima storica sala del quartiere Trastevere. Il regista iraniano dimostra il suo più completo sostegno al progetto e si augura che il governo italiano ne capisca l’importanza al più presto.
Il pensiero artistico di Asghar Farhadi
Asghar Farhadi si presenta raccontando il suo passato, i suoi studi in ambito teatrale: un percorso che ha segnato profondamente la sua vita professionale.
Parla del suo film (2016), Oscar come miglior film straniero, come un opera che non vuole dividere i propri personaggi tra buoni e cattivi. La profondità e tridimensionalità dei personaggi, non permette che vengano distinti i colpevoli dalle vittime. Il metro che si usa per misurare la bontà è arbitrario e mutevole; sotto quest’aspetto Asghar Farahdi si distacca dalla visione classica della tragedia. “Il Cliente”, invece, vede una la lotta fra il bene e il bene, partendo dal principio che ognuno possa commettere degli errori. La parola d’ordine è solidarietà.
“Secondo me la tragedia moderna è la battaglia tra il bene contro il bene, e di conseguenza, in questa nuova formula, lo spettatore non sa cosa esattamente sperare, non riesce a scegliere da quale parte stare. ”
L’ambiente culturale iraniano
Nella situazione socio-politica in cui si trovano gli artisti di questo paese, il problema più grande è la presunzione di modernità, quando quest’ultima manca completamente.
Eppure staccarsi dal proprio paese, ci dice Asghar Farhadi, a lungo andare porta un regista a lavorare con in cervello e non più con il cuore.
Immancabile, infine, il riferimento all’assenza del regista iraniano alla cerimonia degli Oscar in segno di protesta per le condizioni inaccettabili dell’ordine esecutivo del neopresidente Trump nei confronti dei suoi concittadini e dei cittadini di altre sei nazioni.
Ricordiamo parte della sua significativa ed emozionante dichiarazione in occasione della scorsa cerimonia degli Oscar:
“Dividere il mondo fra noi e gli altri, i ‘nemici’, crea paure e crea una giustificazione ingannevole per l’aggressione e la guerra. (…) I registi possono attraverso le loro macchine da presa catturare le qualità umane condivise da chiunque e abbattere gli stereotipi su nazionalità e religioni. Creano empatia tra noi e gli altri, quell’empatia che oggi ci serve più che mai.”