The Spy: la recensione della serie Netflix con Sacha Baron Cohen
In questa recensione vedremo perché la miniserie di spionaggio diretta da Gideon Raff è una delle uscite più interessanti fra quelle proposte da Netflix per il mese di settembre. The Spy, serie Netflix con protagonista Sacha Baron Cohen è strutturata in un’unica stagione suddivisa in 6 puntate, disponibile in esclusiva per gli abbonati alla nota piattaforma di streaming. Diretta da Gideon Raff (che ha adattato e scritto il soggetto insieme a Max Perry), è ispirata alla vera storia della spia Eli Cohen, uno degli agenti segreti più noti del Mossad attivo fra Israele e la Siria nei primi anni ’60.
Nel cast anche Noah Emmerich (lo Stan Beeman di The Americans) e Hadar Ratzon Rotem, già vista in Homeland. Sacha Baron Cohen, che in The Spy compare anche nelle vesti di produttore, affronta al meglio un ruolo drammatico, in una storia di spionaggio ad alto tasso di tensione. La miniserie si basa sul romanzo di Ben Dan, del 1967, L’espion qui venait d’Israel.
Indice:
The Spy, serie Netflix: trama e temi portanti
Tel Aviv, primi anni ’60. Eli Cohen conduce un’esistenza quasi banale trascorrendo le giornate fra il lavoro di impiegato e la vita familiare con la moglie Nadia. Egiziano e figlio di ebrei siriani, Eli stenta ad emergere in una società che sembra non accettarlo e la sua vita di “uomo medio” gli sta stretta. Sullo sfondo i conflitti di Israele con i paesi arabi, con la Siria in particolare. È il 1961 quando l’agente del Mossad Dan Peleg (Noah Emmerich) contatta Eli per farlo diventare una spia al servizio dell’intelligence israeliana. Eli Cohen diventa così Kamel Amin Thaabet, un ricco uomo d’affari emigrato in Argentina che vuole tornare in Siria per espandere la sua attività.
Arrivato a Damasco, Kamel instaura stretti legami coi massimi vertici del governo e dell’esercito siriano, rivelando al Mossad preziose strategie politiche e segreti militari. La posta in gioco si fa sempre più alta e il rischio sempre maggiore. Eli finisce per identificarsi completamente in Kamel, perdendo il contatto con la realtà, fino alle conseguenze più estreme.
Questa serie Netflix ci permette di ripassare un importante pezzo della storia del Medio Oriente offrendo nel contempo interessanti spunti di riflessione di natura psicologica. Centrale è il tema dell’identità. Puntata dopo puntata vediamo la persona Eli Cohen annullarsi per far spazio al personaggio Kamel Amin Thaabet. Spinto dalla dedizione totale alla causa del Mossad e da un fortissimo desiderio di affermazione personale, Eli si allontana dalla realtà, fino al punto di non ritorno.
The Spy, serie Netflix: recitazione e regia
Altro tema portante è quello delle relazioni personali, con la famiglia in particolare. La storyline del rapporto di Eli con la moglie Nadia è tutta incentrata su questo. Più fa carriera come agente segreto e più si allontana da Nadia, fino ad escluderla completamente. La sua vita di prima non è più abbastanza e nemmeno la nascita delle due figlie sembra riportarlo alla realtà. Nella nuova serie Netflix, Sacha Baron Cohen supera a pieni voti la prova come attore drammatico. La figura di Eli/Kamel prende vita in un crescendo interpretativo che va di pari passo con la crescita stessa del personaggio.
L’attore di Borat è perfetto nei panni del misterioso agente segreto e sa rendere al meglio la doppia natura del personaggio che porta in scena. Così come Eli Cohen finisce per identificarsi del tutto in Kamel Amin Thaabet, allo stesso modo Sacha Baron Cohen si trasforma nella spia. Con le espressioni del viso, con i gesti studiati delle mani, con il corpo, avvantaggiato anche dal cosiddetto physique du role (è innegabile una certa somiglianza con Eli Cohen). Hadar Ratzon Rotem e Noah Emmerich, nelle vesti di Nadia Cohen e dell’agente Dan Peleg, sono bravi ma non risultano altrettanto incisivi. Le loro parti sono ben scritte, ma si ha l’impressione che Gideon Raff e Max Perry abbiano voluto più che altro renderli “espedienti narrativi” funzionali allo sviluppo del personaggio principale.
La regia di Gideon Raff (già noto per Homeland) è tanto essenziale quanto analitica. Mano a mano che ci si avvicina all’apice drammatico di una scena le inquadrature si fanno sempre più ravvicinate, spesso per riprendere singoli particolari. Il protagonista è presente quasi in ogni singola scena e sono suoi i movimenti che il regista segue, suoi i gesti che mette in primo piano con dovizia di particolari.
The Spy: osservazioni tecniche e conclusioni
Da un punto di vista più strettamente tecnico ci sono alcune osservazioni da fare sulla fotografia di The Spy. La luce e un certo tipo di “correzione dei colori” sono spesso utilizzati per sottolineare aspetti significativi delle scene. Nelle scene ambientate a Tel Aviv, ad esempio, prevalgono i colori neutri, e l’illuminazione fredda e diffusa tende a rendere i personaggi inquadrati quasi un tutt’uno con lo spazio che li circonda. Questa scelta rende bene l’idea di estraniazione e sensazione di essere una nullità che Eli prova quando si trova nell’ambiente familiare. Al contrario, le scene ambientate a Damasco sono dominate da colori chiari e dalle tonalità calde e naturali. Siamo nel mondo di Kamel e le immagini ce lo comunicano in modo lampante: è questo il vero mondo del protagonista.
The Spy, serie tv Netflix dal ritmo serrato e appassionante, è senza dubbio un prodotto di qualità. Sembra fatta apposta per gli appassionati di thriller e spionaggio, ma risulta coinvolgente e godibile anche per chi non lo è. Punta di diamante (nonché gradita rivelazione) la prova di Sacha Baron Cohen in una parte completamente drammatica. Perfettamente calato nel ruolo dell’enigmatico agente che ha avuto un ruolo fondamentale negli assetti del Medio Oriente dell’epoca, riesce a tenere lo spettatore col fiato sospeso e incollato allo schermo dalla prima all’ultima puntata. Da vedere.
The Spy
Voto - 7
7
Lati positivi
- L'interpretazione di Sacha Baron Cohen
- Storia coinvolgente
Lati negativi
- Personaggi secondari poco incisivi