Vivere: recensione del film di Francesca Archibugi
Francesca Archibugi ci racconta una famiglia in crisi
Nel suo nuovo film, la regista Francesca Archibugi ci racconta le vicissitudini di una famiglia in crisi. Nell’inflazionata cornice della caotica quotidianità romana, si muovono i due protagonisti interpretati da Adriano Giannini e Micaela Ramazzotti. Tra innumerevoli peripezie, sentimentali e relazionali, si articola la sceneggiatura scritta a sei mani da Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Paolo Virzì. Come vedremo in questa recensione, Vivere si presenta come una commedia borghese, ambientate nella periferia (più vivibile) di Roma.
Una commedia tutta incentrata sulle dinamiche di coppia, sui tradimenti e sulle responsabilità dell’essere genitore nella società contemporanea. Un film che, tra le altre cose, pone i riflettori sulle differenze generazionali tra gli ultra trentenni di oggi che stentano ad arrivare alla fine del mese e i loro padri, che invece ce l’hanno fatta. Una pellicola italiana in cui molte sfumature e diverse caratterizzazioni dei personaggi ci ricordano le blasonate tragedie romantiche di Gabriele Muccino. Ecco la nostra recensione di Vivere!
Indice:
- Trama
- Uno sguardo sulle dinamiche della famiglia contemporanea
- Una regia empatica e due buone interpretazioni dei protagonisti
- Conclusioni
Recensione Vivere – Trama
In un villino nella periferia di Roma, vive la famiglia Attorre. Luca (interpretato dall’attore Adriano Giannini) è un giornalista freelance in cerca di rivalsa. Un personaggio che risulterà essere piuttosto egoista e opportunista. Un uomo che sembra portarsi dietro un profondo malcontento e ferite insanabili. Ferite che cerca di rimarginare intrattenendo diverse relazioni extra-coniugali. L’uomo non esita a divulgare false notizie (emblematico sarà il suo articolo sull’improbabile satellite pronto a schiantarsi sulla città di Jesolo), per ottenere più click possibili. Con l’aspirazione di riuscire ad ottenere il tanto agognato posto fisso all’interno di una redazione.
Luca non ha uno studio e lo ritroviamo, in numerose scene, a scrivere al computer sulla sua scrivania in mezzo al salotto di casa. Isolato dal caos familiare e sempre munito di cuffie auricolari per non perdere la concentrazione dai suoi articoli. Luca Attorre vive insieme a sua moglie (interpretata da una sempre formidabile Micaela Ramazzotti), insegnante di ginnastica presso una palestra frequentata da “ciccione che vogliono dimagrire”. Portando dentro sé il sogno nel cassetto (forse abbandonato lì per sempre) di diventare ballerina. Una donna trafelata, apparentemente “svampita” e sempre di corsa. Una donna che fatica a conciliare il suo lavoro in palestra, con le faccende domestiche e il suo ruolo materno. Lei e Luca, hanno infatti una figlia di pochi anni di nome Lucilla. Una bambina affetta da una grave forma d’asma.
Uno sguardo sulle dinamiche della famiglia contemporanea
La tematica principale, su cui ruota l’intera pellicola, è senza ombra di dubbio la condizione della famiglia protagonista. Gli Attorre sono infatti una famiglia non tradizionale, dove diversi attori ricoprono un ruolo fondamentale per le sorti delle relazioni all’interno di essa. Il personaggio interpretato da Adriano Giannini ha un figlio da una precedente compagna che, nonostante viva in un altro contesto, svolge un valido aiuto alla coppia formata dal giornalista freelance e dall’insegnante di ginnastica. Il giovane adolescente interpretato da Andrea Calligari, anche se in qualità di fratellastro, ricoprirà più volte un ruolo paterno nei confronti della piccola. Proprio quel ruolo che sembra stare stretto al giornalista freelance in cerca di rivalsa e piegato dalla vita. La regista Francesca Archibugi, non solo vuole farci notare come la famiglia sia profondamente cambiata rispetto ai canoni di un tempo, ma ci vuole far riflettere anche sulle condizioni dell’uomo di oggi.
Ed in particolare, su quella generazione di ultra trentenni che fanno fatica a “sfondare” nel mondo del lavoro e a tenere il passo con la generazione precedente. Quegli uomini che, come vedremo nel personaggio interpretato da Enrico Montesano, invece, ce l’hanno fatta. La distanza tra il ricco faccendiere romano e il giornalista freelance, sarà per l’intera pellicola la cifra che distinguerà due generazioni di uomini. Una distanza che il personaggio interpretato da Adriano Giannini proverà a colmare durante l’intero film.
Recensione Vivere – Una regia empatica e due buone interpretazioni dei protagonisti
Francesca Archibugi imposta una regia che potremmo definire empatica. La sua ambizione è quella di raccontare storie “che si raccontano da sole”, facendo parlare i personaggi e la vicenda stessa. Nella scelta stilistica, come sua stessa ammissione durante la conferenza stampa al Festival di Venezia, sono i dettagli “romanzati” a dare senso alla scena. Scene dove persino le pareti di una casa, le pettinature dei personaggi, il modo di portare le cuffie e la camminata di una bambina, riescono a raccontare emozioni. Dettagli quotidiani attraverso cui lo spettatore può immedesimarsi, non solo nella storia, ma nelle stesse sensazioni vissute dai protagonisti.
Anche la fotografia di questa pellicola ci aiuta ad entrare nel clima della storia. L’uso della cinepresa è infatti più lento in tutte quelle scene che si svolgono all’interno della casa e più veloce quando invece la scena si svolge all’esterno. Ponendo così, di nuovo, l’accento sulla vita frenetica di una grande città come Roma. L’interpretazione dei due protagonisti è senza dubbio il cuore della pellicola. Ritroviamo infatti una Micaela Ramazzotti a cui sembrino calzare a pennello personaggi femminili come questi: donne apparentemente deboli, che dimostrano in realtà una gran forza d’animo. Adriano Giannini ci regala invece un’ottima interpretazione di un uomo sostanzialmente depresso e in profonda crisi; un uomo i cui sguardi e i movimenti non lasciano dubbi sulla sua situazione emotiva ed esistenziale.
Recensione Vivere – Conclusioni
Questa commedia romantica diretta da Francesca Archibugi, pur non essendo stata premiata al botteghino (sfortunatamente doveva confrontarsi con film in sala del calibro di “C’era una volta ad Hollywood” di Quentin Tarantino), tirando le somme, si presenta come una storia piacevole. Una pellicola di quasi due ore che, a detta dei più, sarebbe potuta passare benissimo come prodotto televisivo; ma che, infondo, si presenta bene come un buon film italiano da guardare in sala.
Forse incapace di competere sul panorama internazionale (come invece riescono altre pellicole italiane del calibro di “Lo chiamavano Jeeg Robot”), ma sicuramente in grado di far immedesimare gli spettatori in tutte quelle dinamiche, vicende ed emozioni di cui questo titolo è pieno. Un film dove lo sfondo metropolitano di Roma fa da padrone. E dove la rappresentazione delle piccole/grandi tragedie relazionali del “vivere” quotidiano dei protagonisti, ci aiutano ad osservare con uno sguardo diverso le nostre.
Vivere
Voto - 6
6
Lati positivi
- Interpretazione Micaela Ramazzotti
- Enrico Montesano ritorna sul grande schermo
Lati negativi
- Abbondanza di luoghi comuni
- Non è un film italiano in grado di competere nel panorama internazionale