Frida, Viva la Vida: recensione del docu-film su Frida Kahlo
Frida, Viva la Vida: Asia Argento racconta Frida Kahlo in un docu-film di Giovanni Troilo
Presentato in anteprima al 37° Torino Film Festival, vi presentiamo il documentario oggetto della nostra recensione: Frida, Viva la Vida. Il docu-film vede alla regia Giovanni Troilo ed è prodotto da Ballandi Arts e Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte. Asia Argento accompagna lo spettatore in un viaggio nella vita e le opere dell’artista messicana diventata icona. L’attrice è la voce narrante di tutta la pellicola; spesso sono proprio le stesse parole di Frida Kahlo quelle che Asia Argento recita mentre scorrono le immagini.
Frida Kahlo (1907 – 1954) è senz’altro una delle artiste più affascinanti del Novecento, sia come donna che come pittrice. Con le sue opere, il suo stile inconfondibile e il suo vissuto complesso e travagliato è diventata un simbolo e un’icona su più livelli. È questo ciò che il film di Troilo mette in luce, in un ritratto intimo e personale con una particolare attenzione alle radici culturali dell’artista. Scopriamo Frida e parallelamente le immagini e la narrazione ci conducono in un viaggio affascinante nel Messico precolombiano e contemporaneo.
Indice:
- Donna, artista, icona – Frida Viva la Vida recensione
- Viva la Vida
- Considerazioni tecniche – Frida Viva la Vida recensione
- Conclusioni
Donna, artista, icona – Frida Viva la Vida recensione
Pintaría el dolor, el amor y la ternura – Vorrei dipingere il dolore, l’amore e la tenerezza
Frida Kahlo nasce a Coyoacan, in Messico, nel 1907 e, fin dall’infanzia, la sua non è una vita facile; si ammala di poliomielite a 6 anni e a 18 è vittima, a bordo di un autobus, di un terribile incidente. Le ferite che riporta sono gravissime: la costringono a passare lunghi anni immobilizzata in un letto e a subire, nel corso della sua esistenza, più di 30 operazioni chirurgiche. Dopo l’incidente si appassiona alla pittura e il padre, che la adora, sistema uno specchio sopra il letto a baldacchino di Frida, in modo che possa osservarsi e trasferire sulla tela ciò che vede.
Frida inizia così a dipingere il dolore fisico e la sofferenza psicologica, ma anche l’amore, la forza, l’energia vitale e i simboli della sua terra. Giovanissima sposa il pittore Diego Rivera, con cui condivide l’amore per l’arte e la passione politica. I due avranno per tutta la vita un rapporto intenso e tormentato, segnato dai continui reciproci tradimenti e dall’impossibilità (traumatica per Frida) di avere figli.
Grazie alla forza prorompente delle sue opere, ma anche ai suoi scritti e al suo stile unico e inconfondibile, Frida Kahlo diventa un’artista conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Ma le sue condizioni di salute peggiorano drasticamente, fra continui, lancinanti dolori e interventi chirurgici, fino all’amputazione della gamba destra nel 1953. Frida Kahlo muore nel 1954 nella sua città natale, lasciando in eredità ai posteri la sua vera ragione di vita: le sue opere.
Viva la Vida
La vida insiste en ser mi amiga y el destino mi enemigo – La vita insiste per essermi amica e il destino mio nemico
Questa frase ben si presa a descrivere la condizione in cui Frida Kahlo ha trascorso la sua vita; perennemente in sospeso tra slancio vitale e sofferenza paralizzante, genuina allegria e cupa solitudine. Nel docu-film di Giovanni Troilo questo dualismo tra la Frida forte e fiera e la Frida straziata dal dolore (fisico e non) è centrale, come una sorta di fil rouge che accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine.
Non è un caso che l’ultima opera di Frida Kahlo si chiami proprio Viva la Vida: l’artista messicana, nonostante un destino crudele, amava la vita in tutte le sue forme. In quest’ottica, l’arte è stata per la pittrice una terapia, un modo per esorcizzare i suoi demoni, per dare uno scopo a tutto il dolore. C’è un’altra frase di Frida che esprime al meglio l’atteggiamento dell’artista verso la vita e il dolore:
Amurallar el proprio sufrimiento es arriesgarte a que te devore desde el interior – Murare la propria sofferenza è rischiare che ti divori dall’interno
Asia Argento racconta che per Frida il dolore è stato uno strumento necessario per generare bellezza, ed è proprio così. Attraverso le sue opere, la Kahlo ha raccontato la sua storia e, diventando un simbolo, si è presa una rivincita da quel destino così cinico che provava a tarparle le ali.
Considerazioni tecniche – Frida Viva la Vida recensione
Il documentario di Giovanni Troilo sfrutta al meglio la potenza comunicativa dell’arte e della persona stessa di Frida e del paesaggio messicano; quest’ultimo ha un ruolo fondamentale nel film. Sappiamo che la pittrice aveva un forte legame con la sua terra e regia e fotografia ci trasportano con forza in questo contesto. L’attrice che nel film veste i panni della giovane Frida è spesso inquadrata in campi lunghi e medi in cui la figura umana interagisce e “dialoga” col paesaggio.
Asia Argento, che vediamo poco sullo schermo, ma che ci accompagna per tutto il documentario, si rivela un’ottima narratrice, appassionata e coinvolta. Bello l’equilibrio nell’inserire i dati biografici e storici sulla pittrice, affidati prevalentemente alle parole di Hilda Trujillo, direttrice del Museo Casa Azul e della Casa Estudio Diego Rivera y Frida Kahlo.
Splendida la colonna sonora curata dal compositore Remo Anzovino, autore anche dalla canzone Yo te cielo (cancion para Frida), costruita attorno al frammento di una lettera indirizzata dall’artista al poeta messicano Carlos Pellicer. Le musiche di Anzovino aggiungono valore alle immagini sullo schermo, ne intensificano l’impatto, a dimostrazione di quanto il compositore abbia interiorizzato la storia e lo stile visivo del film.
¿Se pueden inventar verbos? Quiero decirte uno: Yo te cielo, así mis alas se extienden enormes para amarte sin medida – Si può inventare un verbo? Voglio dirtene uno: Io ti cielo, così che le mie ali si estendano enormi per amarti senza un confine
Conclusioni
Frida, Viva la Vida ha il pregio di essere un documentario dai tratti intimi e personali. Sappiamo già molto di Firda Kahlo, conosciamo le sue opere: Giovanni Troilo ci racconta i suoi sentimenti, la sua anima e le sue radici. Il film insiste sul rapporto tra l’artista e la sua terra, ricca di storia, cultura e tradizioni antiche. Molto bella la parte dedicata alla società matriarcale della città di Tehuantepec, una realtà poco conosciuta ma molto affascinante. Frida subì il fascino e l’influenza delle donne di Tehuantepec, note per essere libere e indipendenti e per avere il controllo totale sui commerci della città.
La pellicola di Troilo funziona quindi molto bene nella sua parte documentaristica e un po’ meno in quella filmica; le attrici che sullo schermo rappresentano la Frida giovane e quella adulta non riescono a comunicare del tutto la potenza della figura dell’artista. Ci riescono invece in pieno le immagini, i racconti, gli scritti di Frida e il suo Messico.
Pur intriso di quel dolore che ha accompagnato Frida in tutta la sua esistenza, il docu-film è un inno alla forza femminile e, in ultima analisi, un inno alla vita stessa. Giovanni Troilo ha riportato sullo schermo la complessità del personaggio di Frida Kahlo, fra amore e morte, strazio e gioia: un’icona che avrà sempre qualcosa da raccontare.
Espero alegre la salida, y espero no volver nunca màs – Aspetto gioiosa la partenza, e spero di non tornare mai più
Frida Viva la Vida
Voto - 7
7
Lati positivi
- Intimo, personale, coinvolgente
- Colonna sonora e narrazione
Lati negativi
- Parte filmica più debole