Dead Kids: recensione del thriller filippino originale Netflix
Netflix ci porta nuovamente verso l'Oriente, stavolta a cospetto dell'opera dei fratelli Red
Dead Kids, del quale oggi vi proponiamo la recensione, ha il merito di essere il primo film filippino originale Netflix. L’arduo compito di esportare la cinematografia del Paese del sud-est asiatico è stato affidato a Mikhail Red. Accompagnato dalla sceneggiatura del fratello Nikolas, il regista ha subito accolto a braccia aperte la possibilità di esporre la su arte a lidi ben più affollati rispetto alla cinematografia indipendente filippina. Resta solo da analizzare come la critica sociale, marchio di fabbrica dell’artista filippino, si sia adattata alle esigenze di un mercato così ampio.
La storia narra di un gruppo di giovani ragazzi accomunati dall’odio che provano verso il ricco e popolare bullo della scuola, Chuck Santos. Il gruppo decide dunque di rapire il ragazzo con lo scopo di chiedere un cospicuo riscatto al padre, ricco narcotrafficante. Chiaramente i rapitori sono ben lontani dall’essere dei professionisti e spesso dovranno far fronte alla loro inesperienza. Ben presto il rapimento influenzerà le dinamiche del gruppo e le vite dei singoli, cambiandole per sempre. Ecco la nostra recensione di Dead Kids.
Indice
Gli sfigati – Dead Kids recensione
Dead Kids è una locuzione gergale che sta proprio a significare “sfigati”. La società spesso stigmatizza come sfigati i nerd, chi è timido, chi non è così bello o facoltoso o più semplicemente chi è diverso. È proprio questo il collante del gruppo formato da Santa Maria (Kelvin Miranda), Blanco (Vance Larena), Paolo (Khalil Ramos) e Uy (Jan Silverio). Questo insieme di giovani attori, emergenti nelle Filippine, da prova di una buona alchimia e si conquista la nomea di giovani promesse. Le loro personalità sono presentate come fortemente stereotipate e i cliché non mancano, ma col progredire della narrazione i protagonisti verranno schiacciati dagli eventi, distruggendo l’involucro di stereotipi per liberare freschezza e novità.
L’evoluzione alla quale sono soggetti Blanco e Santa Maria è una parabola intrigante e sfaccettata a discapito però di personaggi come Uy, che mai riesce a evadere dal classicissimo stereotipo del cervellone. Antagonista e forza motrice del gruppo è Chuck Santos (Markus Paterson), perfetto sia nei panni del bullo arrogante che della vittima combattiva. È proprio Chuck la causa del suo male, spingendo diversi ragazzi, altrimenti innocui, addirittura al rapimento. Spocchioso e popolare, il bullo è legato principalmente proprio con Blanco e Santa Maria, essendo in un triangolo amoroso proprio con quest’ultimo. Il padre di Blanco è invece un poliziotto corrotto alle dipendenze del padre di Chuck , fatto che porta a una naturale subordinanza anche da parte del ragazzo.
Le Filippine oggi
Mikhail Red è di certo avvezzo al racconto di attualità e di problemi sociali e neanche stavolta si è esentato dalla sua consueta dose di critica sociale. La base sulla quale poggia il suo film è infatti estremamente reale, partendo per l’appunto da un reale caso di rapimento avvenuto nel college di Manila. Questa mossa instaura, soprattutto nel Paese di provenienza, un legame tanto semplice quanto efficace tra realtà e finzione, sentenziando fin dal principio che Dead Kids sarà un film che intende indagare la realtà. Il regista appena ventottenne intende esporre ciò che le Filippine sono oggi: disuguaglianza economica e sociale. Regnanti di questa società sono, nel bene e nel male, i social media. È proprio grazie a questi strumenti che Chuck ha costruito la sua popolarità: è diventato un influencer.
Dall’altro alto Santa Maria non ha neanche il denaro sufficiente per permettersi una connessione dati e, in un mondo dove se non sei on-line sei morto, questo lo estranea ancora di più dai coetanei. Altro aspetto che emerge in maniera preponderante, principalmente a livello acustico, è l’influenza inglese. Il regista ci mostra una nuova generazione globalizzata che parla un tagalog addolcito da numerosissimi inglesismi, soprattutto insulti. L’inglese diventa dunque altro strumento di disparità sociale in una comunità logorata da queste divergenze. Per quanto ottimi siano gli spunti e le intenzioni, i fratelli Red non indagano mai fino in fondo, regalando solamente un’immagine sfocata e stilizzata delle Filippine oggi.
Sono solo ragazzi – Dead Kids recensione
La cupezza relativa a un inquietante caso di rapimento e ai numerosi problemi di attualità è mitigata dalla giovane età dei protagonisti. La loro adolescenza nasconde un’intrinseca vena comica, che si palesa nel momento in qui sale in cattedra la loro inadeguatezza. In diversi momenti i ragazzi non si dimostrano in grado di gestire la situazione e il risultato è a primo impatto divertente. Il film stesso è costruito per essere interpretato da adulti, ma invece ecco che i rapitori sono dei giovani liceali. Durante tutto il corso della pellicola possiamo assistere a “azioni adulte” che vedono però come soggetti dei ragazzi. Dopo una più attenta riflessione il risultato è un po’ dolce e un po’ amaro: se infatti proviamo tenerezza del vedere dei giovani inesperti misurarsi con piani complessi, soffriamo anche nel vedere quanto siano costretti a crescere in fretta.
I fratelli Red continuano ad alternare le due facce della stessa medaglia in un turbinio che disorienta un po’ lo spettatore, facendogli perdere di vista il tessuto di critica sociale. L’alternanza si ripropone però anche a livello visivo. Le scene più comiche e leggere sono contrassegnate da limpidezza e da una costruzione tipicamente pop, mentre le scene più drammatiche e impegnate sono di certo le più riuscite e interessanti. Mikhail Red utilizza un illuminazione calda e una fotografia offuscata, quasi una densa coltre di nebbia. L’effetto è avvolgente e riesce in maniera perfetta a restringere gli spazi, dando l’illusione di essere perennemente in interni.
Conclusioni
Un film filippino è sbarcato su Netflix, ma il suo cinema non ancora. I fratelli Red hanno dato vita a un progetto che è più internazionale e meno legato alle proprie origini. Seppure Mikhail abbia inserito diverse problematiche legate al suo Paese, queste sono solamente abbozzate e non graffiano come invece hanno fatto nei suoi precedenti lavori. Il regista è comunque molto giovane e probabilmente non ha voluto calcare troppo la mano fin da subito, preferendo invece sondare prima il terreno.
In generale il film resta un buon thriller con diverse ottime trovate sul lato tecnico, che parte in quarta con le prime inquadrature arricchite da No money no honey di Sylvia la Torre. Un piccolo sprazzo di quello che il regista è davvero in grado di fare e che sicuramente farà. Un esordio un po’ in sordina quello del cinema filippino su una piattaforma di distribuzione così importante, preferendo per il momento conformarsi e non spingere sul radicale, probabilmente temendo un flop. Tutto ciò non va a pregiudicare quello che, in un futuro neanche molto lontano, il Paese del sudest asiatico potrà regalarci, su Netflix come ovunque.
Dead Kids
Voto - 6
6
Lati positivi
- Un ottimo cast di giovani attori
- Perizia tecnica nelle scene più cupe
Lati negativi
- Critica sociale debole e abbandonata a sé stessa
- Troppo commerciale nella realizzazione