Ultras: recensione del film Netflix di Francesco Lettieri
Lettieri esordisce con un affresco del mondo degli ultras napoletani
Ultras, film di cui vi presentiamo la recensione, è il primo lungometraggio di Francesco Lettieri, regista salito alla ribalta per la direzione dei videoclip musicali di Liberato. La pellicola doveva inizialmente essere distribuita nelle sale cinematografiche il 9,10 e 11 marzo, ma a causa dell’emergenza COVID-19 si è ritrovata ad uscire direttamente in streaming su Netflix il 20 marzo. Il film trae spunto dal mondo degli Apache, la tifoseria ultras napoletana molto violenta e dissoluta. L’opera si prefigura innovativa ed in un certo senso originale nella sua costruzione filmica, ma in alcuni casi sembra troppo sbrigativa e allo stesso tempo presenta qualche difetto. Il regista decide di toccare tematiche importanti come la famiglia allargata, la responsabilità, il cambiamento e lo scontro generazionale. Approfondiamo le tematiche di Ultras nel prosieguo della nostra recensione.
Produzione targata Indigo film, Netflix e Mediaset, la pellicola è stata realizzata a Napoli e arriva sul colosso statunitense proprio in questi giorni. Inoltre presenta un cast di tutto rispetto, tra cui spiccano Aniello Arena (Dogman), Antonia Truppo (Lo chiamavano Jeeg Robot) e Simone Borrelli (Eddy). Il film si qualifica come un dramma crescente molto realistico e crudo, privo di fronzoli e con un taglio particolare. Non si piega nemmeno così tanto al citazionismo, nonostante abbia bene a mente film come Ultrà o Hooligans. Il risultato è una buonissima produzione italiana, che nonostante qualche difetto risulta molto interessante, soprattutto se si considera che rappresenta l’esordio alla regia dell’autore.
Indice
- La trama
- La famiglia allargata e lo scontro generazionale
- La responsabilità e il cambiamento
- Il lato tecnico
- Considerazioni finali
La trama: Ultras la recensione
Sandro (Aniello Arena), detto O’Mohicano per via della sua pettinatura, è un ex capo ultras ormai vittima del Daspo. Egli dopo anni passati a guidare la tifoseria napoletana più estrema e violenta, i cosiddetti Apache, attraversa un momento di difficoltà interiore. Infatti la sua passione per il calcio sta scemando, nonostante il Napoli sia molto vicino allo scudetto, a fronte della ricerca di una nuova vita. Una vita fatta di meno scontri e di più amore, priva del cameratismo malato della falange ultras. A ormai cinquant’anni Sandro si ritrova così a doversi confrontare da un lato con il suo passato da leader della curva napoletana, mentre dall’altro con la volontà di evadere dall’unica realtà che abbia mai conosciuto, sperimentando e cercando una nuova dimensione personale. L’occasione gli si presenta sul posto di lavoro, dove incontra Terry (Antonia Truppo), una madre napoletana single che lo colpirà nel profondo.
Contemporaneamente a questa situazione Sandro si trova a dover fare da balia anche a Angelo (Ciro Nacca), detto Angiolè, fratello di un ultras deceduto in uno scontro tra tifosi, del quale Sandro si incolpa. Tuttavia Angiolè, ragazzino sveglio ma un po’ arrogante, sembra lasciarsi risucchiare dall’eccesso di follia delle nuove leve della tifoseria napoletana, Pechegno (Simone Borrelli) e Gabbiano (Daniele Vicorito), volonterosi di rompere col passato Apache. Sarà dunque a questo punto che il Mohicano deciderà di fare i conti con tutti i problemi della sua vita, facendo la sua parte nello scontro generazionale tra membri della tifoseria ultras, aiutando Angelo una volta per tutte e non tirandosi indietro di fronte alla possibilità dell’amore.
La famiglia allargata e lo scontro generazionale
I temi più significativi che si possono riscontare dopo aver guardato il film sono sicuramente quelli della famiglia allargata e lo scontro generazionale. Le tematiche si influenzano a vicenda e nonostante la dichiarazione dell’autore sul fatto che non abbiano un taglio sociologico, quest’ultimo sembra comunque emergere. In primo luogo l’argomento della famiglia allargata è facilmente riscontrabile negli Apache e in tutti i tifosi che gli gravitano attorno. Gi ultras, attraverso l’amore per il Napoli e per il calcio, sono legati fortemente gli uni agli altri e in tal modo l’autore evidenzia la funzione aggregativa del tifo sportivo. In una dimensione quasi pasoliniana il regista non si limita ad identificare la curva ultras come un gruppo unicamente di tifo calcistico, ma riscontra in essa la forza della Napoli popolare. Una forza quasi simbiotica al calcio, che come sentenziato da Jean-Paul Sartre non è altro che “una metafora della vita”.
Lettieri decide di raccontare la vita di una tifoseria attraverso il calcio e non il calcio attraverso una tifoseria. In secondo luogo il tema dello scontro generazionale è fortemente collegato a quanto detto precedentemente. Ciò è facilmente riscontrabile sia nel rapporto tra Sandro e Angelo sia nello scontro tra vecchi Apache e nuovi capi ultras. Nel primo caso si intravede un rapporto quasi genitoriale, dove Sandro viene mitizzato da Angelo, il quale in tutto e per tutto cerca di imitarlo. Tuttavia, come tutti i figli, Angelo ha un età in cui, metaforicamente parlando, cerca edipicamente di uccidere suo padre e di rifiutarne in certi casi l’autorità. Questo meccanismo, seppur differente, è riscontrabile anche tra Pechegno e gli ultras daspati; anche qui è presente uno scontro generazionale su varie tematiche, le quali spaziano dalla gestione delle nuove leve al recarsi in trasferta.
La responsabilità e il cambiamento
Altri due argomenti molto importanti che si riscontrano in Ultras e che si legano sempre alla macro-tematica della famiglia allargata sono indubbiamente la responsabilità e il cambiamento. Difatti entrambi i concetti vengono relazionati al contesto aggregativo. La responsabilità è forse la chiave di volta, il turning point del messaggio del regista. Prende forma in tutti i personaggi del film e, per quanto assuma forme differenti, rappresenta una sorta di “epifania” per lo sviluppo della narrazione. Come quella di Sandro, che dapprima rifugge il suo passato, per poi decidere di affrontarlo a viso aperto; il protagonista, resosi conto dell’inutilità dello scaricare le colpe e senza ormai più nulla da perdere, decide di far emergere il suo senso di responsabilità. Solo tramite un’assunzione di responsabilità quindi, secondo Lettieri, è possibile svoltare la propria vita, così come faranno anche poi Pechegno e Gabbiano all’indomani di un nefasto avvenimento.
In tal modo quindi la responsabilità diventa condizione necessaria e sufficiente del cambiamento, il quale si articola come un punto di arrivo importante per tutta una comunità. Così facendo il regista da vita anche ad un contesto sociologico molto interessante, dove platonicamente mette in relazione il tutto con le parti e crea una sorta di influenza continuativa tra di esse. Perciò nel lungometraggio al cambiamento di un personaggio corrisponde una mutazione della famiglia-Apache. Ne emerge un affresco dinamico e realistico del contesto ultras, dove l’evoluzione personale dei singoli membri interessa la configurazione totale della famiglia. Ecco qui che il film non parla solo di calcio e tifo, ma in realtà parla di uomini, di passioni e di errori, componenti tipiche del contesto familiare.
Il lato tecnico: Ultras la recensione
Procediamo nella recensione di Ultras approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente la pellicola è ben interpretata, con delle ottime performance da parte di Aniello Arena e Antonia Truppo. Il primo risulta molto convincente nel delineare questo ultras dubbioso e tormentato dai sensi di colpa, mentre la seconda tratteggia bene una figura femminile indipendente, ma allo stesso tempo fragile. La regia è buonissima e colpisce spesso, soprattutto con la prima inquadratura, un piano sequenza mozzafiato per gestione della camera, delicatezza ed impatto visivo. L’approccio al mezzo di Lettieri è molto buono e la sua notevole esperienza di corti dimostra di avergli giovato, nonostante qualche sbavatura. Difatti risulta molto interessante il gioco tra campi larghi, capaci di immergerci in questa Napoli bella ma malata, e i primi piani sui volti. Questi ultimi sono molto importanti all’interno del film e adombrano forse una scelta per così dire “felliniana” del regista.
In certi casi quindi non conta la bravura dell’attore, bensì la sua credibilità fisiognomica. Altrettanto intrigante è l’uso della camera a spalla e la gestione delle conversazioni, le quali rifiutano i classicismi e donano maggior realismo e crudezza al tutto. La fotografia è illustre, laddove la scenografia la eguaglia. Difatti la palette cromatica gioca abilmente su un tono freddo – riferito prettamente al blu – ma riesce a giostrare anche le scene più vivide. Il montaggio tuttavia rappresenta la pecca del film, in quanto è troppo altalenante e in alcuni casi sembra essere più confacente al videoclip che al contesto cinematografico. La colonna sonora di Liberato quindi risulta inficiata da quest’ultima, sopratutto perché perde in alcuni casi molta della sua forza. Infine la scrittura del film è intrigante e l’utilizzo del dialetto è sicuramente un punto a favore, nonostante qualche defaillance narrativa.
Considerazioni finali: Ultras la recensione
Nella conclusione della nostra recensione di Ultras vogliamo sottolineare come il film sia ben fatto e prodotto con cura. Ultras è capace di far riflettere lo spettatore e descrive le dinamiche sociali di un contesto originalmente rivisitato. Allo stesso tempo Lettieri crea una dimensione sociologica molto interessante, dove in primo piano ci sono gli uomini e non dei caratteri stereotipati. Non mancano le citazioni e i riferimenti al documentario di Vincenzo Marra “Estranei alla Massa”; questi comunque non risultano ridondanti e calzano molto bene. Infine la più grande pecca del film è forse la gestione del finale, troppo sbrigativo e incredibilmente riduttivo contenutisticamente.
Infatti gli ultimi minuti sconfessano in parte il tono documentaristico e analitico nei confronti della famiglia-ultras e la riducono ad una associazione violenta e totalmente marcia. In questo contesto i tifosi estremisti subiscono un involuzione e si trasformano da personaggi profondi e contraddittori a semplici soggetti frustrati e malati. L’unica cosa che sembrano voler fare è sfogarsi, qui traspare la volontà dell’autore di accennare anche il lato scabroso e più noto degli ultras; tuttavia la modalità utilizzata non appare la più confacente. Per questo motivo, nonostante ci si trovi davanti ad una buonissima pellicola, va sottolineata comunque la presenza di alcuni difetti. Questi vanno ad inficiare una valutazione molto alta del film, cosa che le tematiche analizzate avrebbero sicuramente meritato.
Ultras
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Buone interpretazioni
- Approfondimento delle tematiche
- Ottima fotografia e scenografia
- Buona regia
Lati negativi
- Finale brusco e sbrigativo
- Montaggio non all'altezza del resto del comparto tecnico