Unorthodox: analisi e recensione della nuova serie Netflix
La delicata e profonda storia di chi cerca la propria strada
Molto spesso non ci si rende conto che certe azioni e certe scelte, quelle che ci risultano così scontate, possono essere in realtà un privilegio. Esse sono frutto della nostra società e degli standard che ci hanno imposto. Ci sono agglomerati culturali, in cui non vigono le stesse regole. Un esempio è il mondo rappresentato in Unorthodox, la nuova serie Netflix di cui vi proponiamo la nostra recensione e analisi. Netflix ripropone nel suo catalogo un’altra storia su una cultura così diversa da quella di molti, ma che cerca di entrarvi in contatto; operazione già tentata con Non tutte le sciagure vengono dal cielo.
La serie Unorthodox è ispirata al romanzo di Deborah Feldman ed è stata ideata da Anna Winger e Alexa Karolinski. Nel cast di attori poco conosciuti spicca la meravigliosa Shira Haas nei panni di Esther, la protagonista. Ma analizziamo meglio la serie nella nostra recensione.
Indice
- La trama
- Il mondo della donna nella comunità
- Libertà e individualismo
- Williamsburg – Berlino
- L’espressione di una voce
- La percezione degli altri
- Considerazioni tecniche
- Considerazioni finali
La trama – Unorthodox recensione
Esther Shapiro, detta Esty, è una ragazza di diciannove anni appartenente alla comunità ebrea ultra-ortodossa Satmar di Willamsburg. Dopo un matrimonio combinato con Yanky, la protagonista inizia la propria vita matrimoniale sulla quale incombe però la presenza della madre del ragazzo. La vita della ragazza si trasforma però ben presto in una prigione. Le regole, le tradizioni e i costumi che vengono così rigidamente osservati dalla sua comunità cominciano a pesarle e spinta al limite decide di scappare. Grazie all’aiuto di un’amica riesce a procurarsi un passaporto e vola in Europa, a Berlino, dove vive sua madre. Anche la donna tempo prima scappò dalla comunità abbandonando la figlia. Una volta scoperta la fuga e la gravidanza di Etsy, Yanky, su esortazione del rabbino e in compagnia del cugino Moishe, vola in Germania per riportarla a casa. La ragazza dovrà quindi lottare per conservare la sua nuova e inaspettata libertà.
Il mondo della donna nella comunità
La storia di Unorthodox si svolge nella comunità ebraica ultra-ortodossa di Williamsburg, precisamente la comunità Satmar. Questa appartiene alla corrente chassidica ebraica originatasi in Ungheria nel 1905 e trasferitasi poi a New York. Il movimento ultra-ortodosso segue in maniera estremamente rigida gli insegnamenti presenti nei testi sacri. In più prevede il mantenimento e l’uso della lingua Yiddish. Esty, la protagonista della serie cresce all’interno di questa comunità, sotto la guida della zia e della nonna, a cui è devotamente legata. Come tutte le altre donne della sua età la protagonista è ormai in prossimità del matrimonio. Viene così scelta come futura sposa di Yanky Shapiro. All’interno di questa comunità, le donne hanno un unico compito: prendersi cura della famiglia. La serie, tramite gli occhi e i sentimenti di Esty, da allo spettatore la possibilità di entrare in questa comunità e vederne le sue dinamiche.
Esty è circondata da queste rigide regole e oppressa dalle aspettative che la comunità ha su di lei. È una donna che deve dare al marito un figlio. Ma il matrimonio non va come dovrebbe e questa sua apparente incapacità la fa risultare come inadatta e sbagliata. Fallisce così nell’unico compito che le viene affidato. Proprio in relazione alla condizione della donna in questa comunità, la serie mostra una serie di comportamenti a cui questa deve attenersi. In occasione del matrimonio Esty deve tagliare i capelli, poiché è sconveniente che questi vengano mostrati e indossa così una parrucca. Deve essere purificata con il Mikveh, un rituale che prevede l’immersione del corpo in una vasca di acqua naturale. Tutti questi rituali, che sono rappresentati con grande cura e attenzione nella serie, mostrano un interessante spaccato di queste comunità e servono per farci comprendere i motivi che hanno spinto Esty a scapparne.
Libertà e individualismo – Unorthodox recensione
Continuando la nostra recensione di Unorthodox esploriamo il concetto di libertà. La comunità di Esty le ha imposto molte rinunce, in primis il rapporto con la musica. La ragazza ama suonare il piano e ha continuato per un lungo periodo di tempo a prendere lezioni a casa di un’inquilina in cambio dell’affitto. Quando atterra a Berlino uno dei primi luoghi in cui trova rifugio è un conservatorio. In quel momento ha davanti a lei la prospettiva di un nuovo futuro, tanto incerto quanto libero. Quando scopre l’esistenza di un programma che le permetterebbe di studiare lì non esita e decide di tentare la sorte. Ha così inizio una nuova fase della vita di Esty in cui si lascia alle spalle la comunità che le ha imposto dei forti limiti, e per la prima volta si trova davvero libera di mettere davanti a tutto, se stessa e il suo individualismo.
La serie ci mostra questa opposizione. La comunità è composta da tanti individui ma proprio nella comunità le donne perdono quell’individualità che le caratterizza. Hanno dei compiti specifici e sembra che tutto sia portato a spegnere la loro voce. Questa situazione si ribalta quando Esty si trova in apparenza da sola. Agli occhi degli altri e di Moish, lei è sola e l’unica possibilità che ha è tornare nel posto dal quale è fuggita. È di nuovo Moishe a fine serie a ribadire che lei tornerà. Il suo bambino appartiene alla comunità, è una loro proprietà mentre lei, dal momento in cui lo aspetta, è solo un contenitore, nulla di più. Se Esty perde la sua comunità originaria, ne trova un’altra. I ragazzi del conservatorio, Robert, Daisia e sua madre saranno i suoi punti di riferimento, la sua nuova e variegata famiglia.
Williamsburg – Berlino
Proseguiamo la nostra recensione e analisi di Unorthodox, concentrandoci su un altro aspetto che è la scelta alquanto simbolica delle città. Esty vive a Williamsburg, in America, il luogo in cui fugge è la Germania, precisamente a Berlino. Può sembrare assurdo; il passato che lega la città e la comunità ebraica di Esty, di certo non fa di Berlino la città più logica in cui voler tornare. Eppure il rapporto che lega la comunità alla città è più profondo e viscerale di quanto si possa credere. La madre di Esty è scappata dalla comunità e ora vive a Berlino; prima del matrimonio le ha consegnato dei documenti che attestavano la sua cittadinanza tedesca, garantendole asilo in quella città. Paradossalmente Berlino è il luogo che le offre la libertà per la prima volta nella sua vita. Willasmburg è diventata per lei un luogo chiuso, ostile e opprimente.
Nel quartiere in cui abita con Yanky, Esty ha una libertà limitata anche negli spostamenti. Il giorno in cui decide di scappare alcune donne le dicono che non può uscire poiché l‘eruv è caduto. Questo è un cavo sospeso nello spazio esterno che permette agli ebrei di uscire anche di sabato, il giorno sacro, e portare fuori con se diversi oggetti. Dall’altro lato l’importanza di Berlino è ribadita anche da Moishe a Yanky. I due si ritrovano nel più grande cimitero ebraico in cerca della tomba di un rabbino. Tutto nella città trasuda storia, anche il suo passato più doloroso e spaventoso, porta visibilmente i segni di tutto ciò. Ora si è trasformata in una città cosmopolita e viva, una città che permette di trovare un gruppo di amici dalle provenienze geografiche e sociali più disparate. Un interessante parallelismo tra passato e presente, tra oppressione e libertà.
L’espressione di una voce – Unorthodox recensione
Un altro ruolo fondamentale all’interno della serie è ricoperto dalla musica. Che sia quella del piano o quella dei canti religiosi presenti ad ogni cerimonia, questa è sempre presente. Sembra paradossale considerato che è proprio una delle cose, forse la più importante, alla quale Esty ha dovuto rinunciare. Secondo le convenzioni religiose una donna non può cantare, anche questo è sconveniente. In ogni cerimonia religiosa infatti sono sempre e solo gli uomini ad usare la voce. Il rabbino che legge e gli altri membri uomini della comunità che lo accompagnano recitando le preghiere a bassa voce. Quando Esty arriva a Berlino uno dei suoi primi incontri è proprio con un pianoforte e con la sua voce: la musica. La serie mette in scena il rapporto tra Esty e la musica, con un delicato e allo stesso tempo, potente simbolismo. Il suo personaggio vive un’evoluzione.
La sua voce, prima della fuga, era repressa, negata. Voce intesa sia come suono che come possibilità di esprimere delle idee e opinioni che non le era permesso avere. E in maniera simbolica e quasi poetica, Esty rinasce tramite la musica. Inizialmente l’audizione doveva essere una performance con il piano, ma poi all’ultimo minuto cambia idea: canterà. La prima canzone non è la più adatta per la sua voce, ed ecco allora che cerca dentro di sé e canta una canzone in Yiddish. Tramite questa canzone, tramite la sua performance fatta di alti e bassi, in quel momento libera se stessa, rinasce e non c’è modo più bello e simbolico. Un percorso il suo che la porta a spogliarsi, simbolicamente, da tutti gli strati che ha indossato con forza. Indipendentemente dall’esito della performance, che non ci viene mostrato nella serie, Esty è già una nuova versione di sé stessa.
La percezione degli altri
Come abbiamo già detto nella nostra recensione di Unorthodox, la serie ci offre uno sguardo molto dettagliato di una comunità religiosa ultra-ortodossa. L’aspetto tuttavia più interessante è cercare di capire la reazione dello spettatore nei confronti di quest’ultima e del suo rapporto con Esty. Vista attraverso i suoi occhi, la comunità è un luogo che si evolve in relazione alla crescita della protagonista stessa. Prima del matrimonio è un luogo in cui si sente discretamente bene, in cui ha l’affetto e l’orgoglio della nonna. Ma quando si sposa la sua considerazione comincia a cambiare. Il suo entusiasmo per la nuova vita comincia a spegnersi, cominciano a venire a galla le incombenti e opprimenti aspettative. La serie costruisce in questo modo la comunità come una prigione dalla quale Esty deve fuggire. È naturale quindi simpatizzare con lei.
Ma questo atteggiamento parte inevitabilmente da un pregiudizio di base, legato ad una consapevolezza. Ovvero che ciò che è diverso da quello a cui si è abituati, è sbagliato. La serie mostra la comunità ma lo fa in modo non del tutto privo di pregiudizi. Non mettiamo in dubbio che certe scelte e comportamenti possano essere eticamente estremi, ma questo non ci autorizza a far si che la la nostra visione del mondo, sia l’unica e la più giusta. Forse non si riuscirà mai ad essere imparziali. Sono mondi così distanti e ideologicamente diversi dal nostro che l’unico modo per poterli avvicinare, è sospendere i nostri concetti di giusto o sbagliato. Per poterli giudicare si dovrebbe ripartire da zero e cercare di comprendere le ideologie che vi vigono. La serie è interessante proprio per questo ma pecca di un’involontaria prospettiva occidentale che etichetta necessariamente il diverso come sbagliato.
Considerazioni tecniche – Unorthodox recensione
Spostando invece la nostra attenzione sugli aspetti tecnici della serie, ribadiamo l’attenzione ed estrema cura nel rappresentare la comunità religiosa. Dagli ambienti interni delle case, arredate in maniera minimale all’imponente lavoro fatto con la realizzazione dei costumi. Questa attenzione ai dettagli è stata mostrata poi da Netflix con uno speciale di venti minuti rilasciato sulla piattaforma, che ci mostra il dietro le quinte nella realizzazione della serie. Gli abiti degli uomini con lunghi cappotti neri, cappelli sotto cui indossano la kippah. In occasione della festa del Shabbat e dei matrimoni indossano anche gli shtreimel, copricapo di visone. Le donne invece indossano abiti lunghi e foulard a coprire i capelli. Tutto riprodotto in maniera estremamente accurata con lo scopo di dare un’impressione di veridicità il più aderente possibile alla realtà. Ma al di là dei costumi, da un punto di vista tecnico la regia della serie è molto accurata.
Si alternano inquadrature a campo lungo, con primi piani in scene molto importanti che enfatizzano la narrazione. C’è un uso attento e studiato della luce e della simmetria. I colori si alternano dal nero più scuro ai tenui beige e grigio, di Willasmburg, per poi passare a colori più accesi di Berlino, accuratezza che rispecchia il percorso della protagonista. Un altro punto di forza della serie è l’utilizzo della lingua Yiddish nei dialoghi, per questo ne consigliamo la visione in lingua originale, in modo da cogliere ancora di più le sfumature di autenticità. La narrazione è accompagnata da un’accurata scelta musicale che si presta bene per le atmosfere di tensione e anche quelle più emotive. Il tutto completato dall’eccezionale performance dell’attrice protagonista che recita non solo con la voce, ma anche con il corpo. Questa sua straordinaria capacità contribuisce a rendere la sua performance ancora più completa.
Considerazioni finali – Unorthodox recensione
Concludiamo la nostra recensione di Unorthodox promuovendola a pieni voti. La serie è scritta e concepita con attenzione. Offre molteplici spunti di riflessione che mettono lo spettatore di fronte a qualcosa con cui non ha molta familiarità. Ribadiamo che purtroppo non è scevra dai difetti dovuti dalla prospettiva occidentale con cui viene analizzata la storia, ma non lo fa intenzionalmente. Riesce comunque a trattare in maniera delicata una tematica come quella della libertà e dell’indipendenza di una giovane ragazza. Mette in scena sentimenti genuini e spontanei che sono parte della natura umana con delicatezza e porta lo spettatore ad empatizzare con la protagonista. I due personaggi principali, Esty e Yanky, sono coloro che escono da questa esperienza profondamente cambiati. Esty ha avuto il coraggio di scappare e ora deve trovare un nuovo equilibrio tutto suo. Yanky è paradossalmente quello tra i due che ha subito uno dei cambiamenti maggiori.
Dal ragazzo ingenuo e spaventato trasformato in marito insicuro dalle aspettative della società e le influenze della madre, a uomo buono e puro. Cerca di riportare Esty a casa ma capisce di non averla mai davvero conosciuta, è disposto a pagare un prezzo molto alto per lei, per ricominciare da capo. Un lato negativo invece che ci sentiamo di segnalare è la mancata spiegazione di alcuni elementi legati alla cultura. Ci vengono mostrati rituali e gesti, ma non vengono approfonditi, dando per scontato che lo spettatore li conosca. Questa è una mancanza che pecca di coerenza. La serie vuole mostrare questo mondo che a molti è sconosciuto ma non da degli strumenti adeguati per poterlo comprendere. Nonostante queste pecche però la serie si rivela essere un ottimo prodotto, delicato e semplice; una piccola finestra su un mondo complesso e controverso in cui sogni e desideri sono puri e preziosi.
Unorthodox
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Ottima performance dell'attrice protagonista
- Delicata ed emozionante
Lati negativi
- Mancata spiegazione di alcuni elementi culturospecifici
- Involontaria prospettiva critica