Magic Mike: la lunga strada verso il successo
O come, giocando con il culto dell'apparenza, Magic Mike racconti le ambizioni del vivere moderno
La facilità con cui Magic Mike è riuscito ad attirare a sé spettatori da tutto il mondo, allontanandone al contempo altrettanti, è stata disarmante. Se a sorprendere non è il gioco di aspettative che Steven Soderbergh e Channing Tatum hanno voluto creare attorno al progetto, vale la pena evidenziare l’arguzia dietro la sua realizzazione. Ecco perché spendere un approfondimento su ciò che Magic Mike è riuscito a raccontare, ribaltando le classiche prospettive sul tema, è sicuramente un’ottima idea. Prendendo dunque atto dei principali motivi della sua fama, si cercherà di trovare una chiave di lettura utile a recuperare il film allontanandosi dai pregiudizi. Uno sguardo d’insieme, insomma, che riesca a dimostrare quanto la pellicola possa intrattenere anche oltre i suoi stripper.
Facile immaginare le reazioni di molti lettori. Perché mai vedere un film su degli spogliarellisti? Specialmente se si è un maschio etero, la cosa sembrerebbe destare più scalpore che curiosità. Quasi un’offesa alla propria mascolinità, da una parte, o al proprio orgoglio, dall’altra. E in effetti, a giudicare dai trailer, molti avrebbero diverse ragioni per essere scettici. Ma questo è solo il primo di una serie di “scherzi” atti a incuriosire con estetiche stravaganti e a giocare sulle percezioni, per poi sorprendere durante la visione con lo sviluppo di argomenti ben più profondi. Molti sarebbero persino sorpresi nello scoprire che il regista di Magic Mike sia lo stesso di Ocean’s Eleven, Traffic ed Erin Brockovich. Quasi allo stesso modo di altri, pronti a distruggere la pellicola, successivamente usciti soddisfatti dalla visione in sala. E non di certo perché sorpresi dai fisici dei personaggi.
Indice
- Alla scoperta del “Magico” Mike
- Percepire le apparenze
- Tra formazione e rivalsa
- Soderbergh e gli stereotipi
- L’ambizione dell’uomo moderno
Alla scoperta del “Magico” Mike
L’idea di una pellicola del genere non nasce certo per caso. La cura della messa in scena, così come la rappresentazione di certe dinamiche, nascono dall’esperienza diretta dello stesso protagonista delle vicende. Channing Tatum, infatti, ha cercato di guadagnarsi da vivere proprio come il suo Mike, in giovane età. E il suo personaggio, almeno inizialmente, incarna esattamente quel che ci si aspetterebbe: un fusto che bazzica per Tampa nella speranza di inseguire i propri sogni. Di giorno aspirante imprenditore, di notte Re degli stripper. Ciò che sorprende già dalle prime battute è la trasformazione che il personaggio subisce con le sue performance: ogni notte all’esclusivo locale Xquisite è un successo, e Mike è l’eroe della festa; adrenalinico ed energico sul palco, si dimostra tuttavia dubbioso e timoroso al di fuori di esso.
Tra mosse di ballo mozzafiato e addominali in bella vista, nessuno sembrerebbe potergli resistere. Glielo si legge negli occhi: pura, fervente e dominante ambizione. Il club potrebbe rappresentare il metodo ideale per far soldi facili: fino a un certo punto, vendersi non pare poi così male. Purtroppo, come spesso capita in questi ambienti, non è tutto oro ciò che luccica. Tra l’arrivo di un nuovo ragazzo, che lo stesso Mike prende come suo protegé, e i risvolti di alcune scelte complicate, verranno a galla numerose difficoltà che mineranno i già precari equilibri interni al club. Una premessa narrativa d’obbligo, ma che mette già in evidenza un contesto cupo e sfaccettato.
Percepire le apparenze – Magic Mike
In fondo, l’intero film gioca con le percezioni dello spettatore, prendendo ciò a cui è più abituato e rielaborandolo alla sua maniera. Un film che dovrebbe ruotare intorno agli stripper diventa così un intenso drama condito da personaggi ben caratterizzati e sviluppi narrativi interessanti. Oltre al buon Mike, interpretato con grande maestria da Tatum, infatti, la sequela di caratteri che si alternano sul palco dell’Xquisite è talmente semplice e funzionale da costruire un contorno ideale alla narrazione. Su tutti, basti osservare Dallas, il proprietario del locale interpretato da Matthew McConaughey. Il Premio Oscar e il personaggio di Tatum emanano un carisma tale da far quasi dimenticare l’esistenza di Adam, il giovane ragazzo che viene introdotto come apparente protagonista delle vicende. E apparente rimane, poiché in fin dei conti l’opera poggia interamente sulle spalle di Mike.
Soderbergh inquadra Tatum con divertimento e compassione per il personaggio. Il suo grande merito consiste nel conferire a Mike una duplice figura, facendogli ricoprire la parte del mentore con Adam e la parte dell’allievo con Dallas. Il costante cambio di percezione non è affatto nuovo allo stile del regista di Contagion, che nelle sue opere gioca spesso con le aspettative dello spettatore; tra loschi affari e personaggi intriganti, i famigerati balli hot saranno soltanto un interessante mezzo per lo sviluppo delle vicende. L’evoluzione di certi momenti della trama passa direttamente attraverso i rituali di “preparazione” alla prossima esibizione; i numerosi siparietti vengono infatti inclusi all’interno della narrazione come parte integrante della costruzione delle scene, inserendosi perfettamente senza forzature. Un arguto maestro come Soderbergh, conscio del ruolo fondamentale giocato da aspettative e apparenze, sfrutta ogni elemento a suo vantaggio per deviare la mente dello spettatore quando meno se l’aspetta.
Tra formazione e rivalsa – Magic Mike
La direzione intrapresa da Magic Mike porta dunque a mostrare un racconto di formazione e uno di rivalsa; la scalata verso la realizzazione personale di Mike mira infatti alla riqualificazione dell’emarginato e alla costruzione-decostruzione del personaggio. Significati ben più profondi di ciò che l’opera vorrebbe comunicare, e per questo dosati con una pungente dose di realismo utile a riportare le vicende sulla terraferma. Evitando analisi eccessive e concentrandosi sul cuore pulsante del progetto, è innegabile che il film voglia mostrare l’importanza dell’apparenza nel mondo moderno. Pur cosciente di avere una serie di idee e preconcetti su come gira il mondo, ciò che importa realmente a Mike è cambiare il modo in cui viene visto dagli altri. In questo, la pellicola trova terreno fertile per evidenziare le differenze tra soggetto e contesto, giocando con gli stessi preconcetti che turbano la mente del suo eroe.
Quegli stessi pensieri vengono trasmessi agli altri personaggi, in particolare ad Adam, il quale vede il suo sviluppo costantemente minato dai lati oscuri di un ambiente ostile e non può sempre trovare un aiuto concreto. La maggior parte delle peripezie dei protagonisti nasce dalla stigmatizzazione di certi comportamenti interni al contesto, difficili da accettare per chiunque voglia realizzarsi concretamente. Se c’è un vero vincitore, fra questi sognatori in cerca di mezzi e risorse, è colui il quale riesce a scendere a patti con ciò che fa – accettando, di conseguenza, chi è e chi può diventare.
Soderbergh e gli stereotipi – Magic Mike
La dialettica del film poggia saldamente sulla mente del suo autore, che elaborando la sceneggiatura di Reid Carolin arricchisce scene e dialoghi con un profondo senso di comprensione dell’uomo. Da questa conoscenza parte l’intenzione principale dell’opera: mostrare la prospettiva dell’uomo come oggetto di piacere e stravolgere i canoni dell’oggettificazione sessuale. Le scene all’interno del club rappresentano in ogni estremo le fantasie di donne in totale adorazione, spesso ubriache e sbraitanti come quegli uomini che cultura e cinema hanno reso stereotipo.
Allo stesso modo, molti dei comprimari vengono rappresentati in maniera esagerata e caricaturale per rafforzare la potenza dei segmenti più profondi. Persino Mike, che esternamente esalta lo stereotipo riguardo la sensualità maschile, lega maggiormente con lo spettatore nei momenti in cui emergono la sua creatività inespressa, le sue preoccupazioni e le sue debolezze. Soderbergh, sia chiaro, sviluppa situazioni palesi e telefonate; ma a differenza di molti altri riesce a mostrare coerentemente le reazioni che individui diversi potrebbero avere di fronte a problematiche reali dagli sviluppi prevedibili.
L’ambizione dell’uomo moderno – Magic Mike
Nel suo essere convenzionale e beffardo, Magic Mike offre uno sguardo dettagliato sulle difficoltà dell’uomo moderno, alla frenetica ricerca di un obiettivo da perseguire e di un sogno da acciuffare. Negli occhi di Mike non c’è solo voglia di emergere, ma si riconoscono tutte le contraddizioni e le lotte interiori di chi affronta la vita giorno per giorno. Prendersi dei rischi, fallire e sbagliare sono tappe fondamentali in un qualsiasi percorso di crescita; così come lo sono i vari step da percorrere per capire quando le proprie azioni superano il limite della propria cognizione.
L’ambizione dell’uomo moderno sta in precario equilibrio tra etica e coraggio, tra ciò che si può fare e ciò che è giusto fare. Il divertimento e i risultati raggiunti dai personaggi del film sono evidenti; eppure non vi è mai un’occasione in cui vengano mostrati come vere vittorie. Mike incarna sotto molti aspetti l’idea di un Icaro moderno, condannato a volare sempre più in alto per realizzarsi completamente. Tra sogni di gloria e speranze di salvezza, ciò che accomuna tutti i Mike del mondo trova la sua sintesi in un solo, semplice quesito: quanto in là puoi spingerti prima di perdere te stesso?