The Vast of Night: recensione del film sci-fi disponibile su Amazon Prime Video
L'opera prima del regista Andrew Patterson è un film da non perdere
La Festa del Cinema di Roma 2019 aveva presentato film che avevano fatto discutere a livello internazionale, o che comunque avevano attirato l’attenzione del pubblico. Tali film sono stati riuniti in una sezione chiamata Tutti ne parlano, in cui avevamo trovato un’opera come Share. Ora ecco arrivare su Amazon Prime Video un’altra pellicola che aveva fatto parte di quel gruppo: il film è The Vast of Night, di cui vi presentiamo la nostra recensione. Il film rappresenta l’esordio nel mondo del cinema di tre figure, che di certo faranno strada: il regista Andrew Patterson e gli sceneggiatori James Montague e Craig W. Sangler.
The Vast of Night è un’opera prima davvero interessante, che sfrutta il mezzo cinematografico nel miglior modo possibile. In questo film suono, messa in scena, sceneggiatura e recitazione sono gli elementi più forti, che reggono una narrazione squisitamente vintage. Un omaggio ben realizzato a Ai confini della realtà, ai film di Steven Spielberg ma anche a certi toni kinghiani. Tutti questi elementi rendono The Vast of Night un incredibile sci-fi da non perdere assolutamente, lontano dai giocattoloni rumorosi a cui ci ha abituato tanto cinema contemporaneo.
Indice
- Trama
- L’arte del narrare
- Regia, aspetti tecnici e recitazione
- Un debutto cinematografico da non perdere
Trama – The Vast of Night recensione
La storia è ambientata nella piccola cittadina di Cayuga, New Mexico, durante gli anni Cinquanta. Gli abitanti si sono quasi tutti riuniti nella palestra del liceo, per assistere a una partita di basket; qui si incrociano Everett (Jake Horowitz) e Fay (Sierra McCormick). Lui è il giovane e carismatico DJ della radio locale, con una parlantina notevole e un talento da “smanettone” tecnologico. Fay invece è una ragazza acqua e sapone, interessata alla scienza e alle invenzioni. La ragazza chiede a Everett di insegnarle come usare un registratore e fare le interviste; da qui i due iniziano a passeggiare parlando della possibile rivoluzione tecnologica, che trasformerà completamente la vita degli esseri umani.
Poco dopo Everett va alla radio per tenere la sua trasmissione, mentre Fay raggiunge il centralino per svolgere il turno di notte. Sembra una serata come tante altre, ma tutto cambia quando la ragazza riceve strane telefonate, e inizia a sentire un anomalo segnale sulle linee telefoniche. Intuendo che sia qualcosa di non ordinario, Fay fa ascoltare il segnale a Everett, che lo trasmette subito in radio: il suo intento è che uno degli ascoltatori riconosca il segnale. Una telefonata arriva: chi parla è un ex militare di nome Billy, che racconta una misteriosa e inquietante esperienza collegata a quel segnale. È solo l’inizio di una notte in cui si svelerà un segreto incredibile.
L’arte del narrare – The Vast of Night recensione
Ciò che immediatamente salta all’occhio (o meglio alle orecchie) dello spettatore è che The Vast of Night è un film prolisso. Si parla tanto, non in maniera vuota, ma come ne La guerra dei mondi di H.G. Wells si parla alla radio. Essendo questa un’opera low budget, la pellicola non mira a mostrare ma a raccontare. La sceneggiatura di Montague e Sangler è impeccabile, costruita su dialoghi frizzanti, a volte frenetici, e lunghi monologhi in grado di essere potentemente magnetici e di resistere anche su uno schermo nero. Tutto ciò è inserito poi in una cornice vintage, che ci riconduce immediatamente a Ai confini della realtà o a Storie incredibili, uno degli esperimenti televisivi di Spielberg. The Vast of Night ci viene presentato come un episodio di una fittizia serie tv anni ’50; la messa in scena, spesso, permette allo spettatore di vedere attraverso gli occhi di chi guardava una tv di quell’epoca.
Questo palese omaggio ai prodotti succitati è un’operazione veramente riuscita, ben realizzata tramite un linguaggio cinematografico intelligente e mai fine a se stesso. Benché il mistero celato dietro lo strano segnale sia il più conosciuto nel mondo della fantascienza, ciò non inficia la resa complessiva di un esercizio filmico di tale fattura. Il film mette in risalto il potere della parola e del racconto, il fascino della radio e della fantascienza vecchio stile. Insieme a questi già ottimi elementi, ci sono altri aspetti che dimostrano la forza di questo piccolo gioiello.
Regia, aspetti tecnici e recitazione
In questa recensione di The Vast of Night non si può non mettere in risalto il pregevole lavoro di regia e del comparto tecnico. Partiamo dalla regia di Andrew Patterson: accanto a una trama tradizionale, troviamo un’operazione registica virtuosistica e interessante. Patterson gioca con lo spettatore alternando lunghi piani sequenza in movimento con inquadrature fisse, inserendo anche momenti caratterizzati da stacchi frenetici. Questo lavoro di regia accattivante è supportato da un montaggio efficace, che mette in risalto l’arte di narrare, e un lavoro sul suono necessario ai fini narrativi. Completano la “confezione” la cura nella scenografia e nei costumi, che rendono il tutto squisitamente vintage e nostalgico.
Degne di note sono anche le performance attoriali dei due protagonisti, Jake Horowitz (Manifest) e Sierra McCormick (Supernatural). I due attori dimostrano di avere talento e la chimica fra loro è palpabile. Strepitosi e sorprendenti sono poi i monologhi di Bruce Davis (Serpente a sonagli) e Gail Cronauer (JFK – Un caso ancora aperto). il primo interpreta Billy, l’uomo che telefona alla radio per raccontare la sua esperienza con il segnale misterioso. L’attore, solo attraverso la propria voce, riesce a essere così magnetico da catturare e avvolgere lo spettatore, tenendoci incollati anche a uno schermo completamente nero. La Cronauer, invece, interpreta un’anziana signora che svelerà il segreto più importante ai due protagonisti, e anche in questo caso il monologo è perfetto: l’attrice coinvolge completamente lo spettatore, anche se l’inquadratura resta fissa sul personaggio per diversi minuti.
Un debutto cinematografico da non perdere – The Vast of Night recensione
Con tutte queste qualità, The Vast of Night è un piccolo gioiello vintage e potente, costruito sull’arte della narrazione, della parola e non sugli effetti speciali. La fantascienza qui è narrata e quasi mai mostrata, sfidando molte delle logiche contemporanee. Al centro di tutto ci sono il potere della parola e del suono, ma anche la forza dell’ascolto. Per questo troviamo un eccellente lavoro sul sonoro, che mette in risalto il mistero che dà il via alla narrazione principale; questa è portata sullo schermo attraverso un lavoro di regia intelligente, fresco e moderno, e a una sceneggiatura che a volte sembra ispirarsi ai lavori di Aaron Sorkin.
Sfruttando un elemento dei film di fantascienza tanto abusato, The Vast of Night non crolla su un’operazione prevedibile. Realizza anzi un omaggio ben gestito (come già detto) a Ai confini della realtà di Rod Serling, ma anche ai lavori di Steven Spielberg e di Stephen King. Personaggi, luoghi e situazioni sono per noi familiari e ci riportano a quelle opere che tanto creano nostalgia. L’unico difetto della pellicola risiede nei minuti iniziali: la messa a fuoco dei protagonisti arriva con calma e i dialoghi paiono alquanto vuoti. Un incipit lento e sottotono, che arriva gradatamente al vero cuore del film. Con un esordio tanto interessante, Andrew Patterson e il duo degli sceneggiatori pongono le basi per un futuro sicuramente brillante nel mondo del cinema.
The Vast of Night
Voto - 8
8
Lati positivi
- Il film è in grado di reggersi solo su dialoghi e monologhi, senza la necessità di mostrare sempre l'elemento fantascientifico
- La regia, la sceneggiatura e il lavoro di tutto il comparto tecnico
- Gli attori, bravissimi a sostenere dialoghi frenetici e lunghi monologhi
Lati negativi
- I minuti che precedono il vero e proprio cuore del film sono un po' deboli