7500: recensione del thriller con Joseph Gordon-Levitt
Tensione e emozioni ad alta quota nell'opera prima di Patrick Vollrath
Presentato lo scorso anno al Festival di Locarno, arriva finalmente su Amazon Prime Video un interessante thriller di produzione tedesca. 7500, di cui vi proponiamo la recensione, è l’opera prima di Patrick Vollrath; il regista tedesco fa il suo esordio dietro la macchina da presa in un lungometraggio dopo aver diretto numerosi corti. L’opera prodotta da Augenschein Filmproduktion insieme ad Amazon Studios è stata distribuita in tutto il mondo proprio da Prime Video nel mese di giugno, dopo quasi un anno dalla sua première. Nel cast spicca il nome di Joseph Gordon-Levitt (50 e 50, Don Jon, 500 giorni insieme) nel ruolo del protagonista. Tra gli altri nomi, alcuni volti noti al pubblico tedesco come Aylin Tezel, Omid Memar e Carlo Kitzlinger. Analizziamo brevemente in questa recensione di 7500 pro e contro del film di Patrick Vollrath, un thriller ad alta quota dal forte impatto emotivo.
La storia segue gli eventi accaduti su uno sciagurato volo per Parigi, partito in una cupa giornata da Berlino. Pilota dell’aereo è Tobias, giovane americano che vive e lavora in Germania per una compagnia aerea locale. Quella è una sera come le altre. L’uomo si accomoda, con il sorriso sulle labbra, in cabina di pilotaggio affiancato da Michael, esperto capitano tedesco. Fuori dal cockpit, inoltre, c’è Gökce, hostess e compagna di Tobias, oltre che madre di suo figlio. L’aereo decolla senza troppi problemi ma, una volta arrivati ad alta quota, accade qualcosa di inaspettato. Dalle prime file un gruppo di terroristi inizia a creare il panico a bordo, provando inizialmente ad accadere alla cabina di pilotaggio… ma non per un dirottamento. Da quel momento inizierà un percorso che metterà a dura prova Tobias come uomo e come pilota mentre nel resto dell’aereo il caos prenderà il sopravvento.
Indice
- Identità in un genere senza stimoli
- Occhio per occhio e il mondo diventa cieco
- Questione di thrilling
Identità in un genere senza stimoli – 7500, la recensione
Di film su disastri aerei o attentati ad alta quota il cinema ne è pieno, forse troppo. 7500 rientra perfettamente in questo genere di opere ma se ne distanzia sia sul piano della forma che su quello del contenuto. L’opera prima di Patrick Vollrath mostra carattere e personalità non ravvisabili in molti esordi. Perché se è vero che le premesse non sono delle migliori, dopo pochi minuti cominciamo a comprendere l’identità del prodotto. Proprio sulla parola identità ha senso soffermarsi perché il regista, nonché autore della sceneggiatura, sa quello che vuole raccontare ma soprattutto come vuole raccontarlo. E ciò risulta evidente dalle prime battute, dal primo approccio con i protagonisti della storia ed i suoi ambienti. Anzi, il suo ambiente. Elemento certo non pienamente originale e probabilmente “già visto” (si veda il magnifico Locke) ma perfettamente funzionale al tipo di racconto ripreso in tempo reale.
Perché la caratteristica fondamentale di 7500 è la mancanza di ambientazioni che non siano la cabina di pilotaggio dell’aereo, il cosiddetto cockpit. Se racchiudere protagonisti e intera vicenda all’interno di un unico spazio è certamente una soluzione narrativa e formale vista, è proprio quel luogo a render le dinamiche più interessanti. Già è complesso esser al suo interno durante il volo, pensare di girarci un intero film è una scelta audace. Ma questa è una delle caratteristiche positive del film: la sua precisa volontà di espressione attraverso l’utilizzo perfetto dallo spazio in relazione alle vicende e alla loro carica emotiva. Ciò che va mostrato e come deve esser fatto Vollrath lo sa bene e ciò viene avvalorato anche dalla coraggiosa scelta di mostrare una restante parte dell’aereo attraverso il piccolo schermo collegato ad una telecamera: riusciamo a capire, non bene quanto vorremmo, senza mai uscire dalla cabina.
Occhio per occhio e il mondo diventa cieco
Il cockpit però, pur nelle sue ridotte dimensioni, non pone limiti alla macchina da presa che liberamente viaggia negli spazi muovendosi con facilità nell’esplorazione dell’ambiente. La scrittura stessa ha le idee chiare fin dall’inizio e dalle prime battute del film sappiamo dove si vuole andare a parare. Dai primi frame in aeroporto fino allo stabilizzarsi della camera nella cabina di pilotaggio, il senso d’ansia e asfissia è sempre presente. Un senso di inevitabile catastrofe imminente, di pericolo alle spalle. Un’arma a doppio taglio che qui mostra tutta la sua delicatezza perché se da una parte 7500 entra positivamente subito nel vivo (e il ridotto minutaggio ne favorisce lo sviluppo veloce) dall’altra il pericolo di incappare in una storia prevedibile e povera di sviluppi sorprendenti è dietro l’angolo. E in primis questo aspetto emerge in relazione alle basi sulle quali si regge il film.
La caratterizzazione dei personaggi e soprattutto del fondamentalismo religioso alle spalle dell’attacco terroristico e la sua dimensione politica, infatti, soffrono di una scarsa attenzione. E qui, probabilmente, quel minutaggio che facilmente permetteva l’introduzione nelle vicende si rivela essere un ostacolo. Un peccato se mettiamo ciò in relazione alle intense performance di Joseph Gordon-Levitt e Omid Memar; entrambe cariche di un pathos e di una forza che però si scontrano con dei personaggi solo parzialmente sviluppati. Uno sviluppo sacrificato perché, in fondo, in 7500 ciò che conta è altro. L’opera di Patrick Vollrath, partendo da basi thriller, prova a mettere in piedi un interessante (pur non portandolo pienamente a compimento) ritratto dell’essere umano e dei suoi turbamenti, di cosa sia giusto o sbagliato. Ma soprattutto di cosa siamo disposti a fare per capire chi siamo, e dell’accettazione di una catarsi che porti rivalutare qualcosa in cui crediamo, o pensiamo di credere.
Questione di thrilling – 7500, la recensione
Ed è proprio questo scavare nelle ansie della società, ritraendo uno spaccato della psiche umana a compensare la mancanza di una concreta caratterizzazione dei personaggi e delle loro motivazioni, della presenza di un background che non avrebbe fatto male. 7500 funziona in parte perché condensato e rapido nel focalizzarsi sugli eventi principali ma nella sua velocità soffre della mancanza di una vera e propria esplosione adrenalinica. La tensione resta omogenea e costante (che di certo non è un male) ma priva di picchi che fanno sentire la propria assenza. Il risultato, purtroppo, appiattisce inesorabilmente il prodotto e il suo sviluppo narrativo, che gioca sì con le emozioni ma in maniera spesso prevedibile e con soluzioni che evidenziano una scrittura acerba, che prova a salvarsi con il malinconico e inquietante finale. Canto del cigno per un’opera che mostra il suo meglio dal punto di vista prettamente visivo.
Non solo una regia attenta abile nell’individuare gli aspetti che possono dinamizzare uno spazio altrimenti monotono; va altresì sottolineato il lavoro di Sebastian Thaler alla fotografia. 7500 gode di un gioco di luci, ombre e colori che non solo restituiscono un’atmosfera drammatica ma soprattutto modellano personaggi ed elementi dando spessore visivo e carattere formale ai singoli soggetti, animati e non. Il tutto, va ripetuto, in uno spazio estremamente ridotto. Alla fine di questa recensione di 7500 il parere non può che esser positivo. L’identità filmica ben precisa e il coraggio sono certamente da premiare, specie se evidenti già in un’opera prima. Resta il rammarico per il ritmo tensivo dell’opera che, purtroppo, non sfrutta con decisione gli stimoli offerti dalla sceneggiatura. E mentre il personaggio di Joseph Gordon-Levitt si evolve con il passare dei minuti, il film fatica un po’ a raggiungere una perfetta quota di crociera.
7500
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- La performance di Joseph Gordon-Levitt, capace di reggere sulle sue spalle buona parte del film
- L’identità visiva del film, tra scelte coraggiose e ben riuscite – avvalorate dal fatto che si tratta di un’opera prima
Lati negativi
- Il ritmo che, privo di picchi tensivi, appiattisce l’elemento adrenalinico puntando dritto a colpire emotivamente