Matthias e Maxime: recensione del nuovo film di Xavier Dolan
Un'amicizia che somiglia a qualcos'altro, un chiasso che impedisce di pensare e la fuga da un presente-prigione
Il bacio è un apostrofo rosa messo tra le parole “t’amo”, diceva Edmond Rostand nell’opera teatrale Cyrano de Bergerac. Ma un bacio può essere anche un urlo sgraziato, che ti ricorda che la tua vita e le tue scelte non ti somigliano affatto. È così in Matthias e Maxime, film di cui vi proponiamo la recensione. Diretto da uno Xavier Dolan giunto così al suo ottavo lungometraggio, la pellicola è stata presentata in concorso al Festival di Cannes 2019 (che ha visto trionfare Parasite di Bong Joon-ho). I due giovani protagonisti sono interpretati da Gabriel D’Almeida Freitas e dallo stesso Xavier Dolan; nel cast con loro ci sono Pier-Luc Funk, Samuel Gauthier, Antoine Pilon, Adib Alkhalidey, Anne Dorval (già vista in Mommy, sempre di Dolan.
Al momento, il film è disponibile in premiere su Miocinema e su Sky Primafila. Con Matthias e Maxime il regista canadese torna a parlare di temi a lui cari, con l’asprezza e la delicatezza che lo contraddistinguono: dal conflitto familiare a quello generazionale, dalla crisi d’identità alle dipendenze di vario genere. Il risultato è un collage di umane debolezze talvolta schizzate, talvolta lasciate all’intuizione e all’empatia dello spettatore, e solo di tanto in tanto gridate. Ne parliamo più approfonditamente nella nostra recensione di Matthias e Maxime.
Indice
Il punto di rottura – Matthias e Maxime recensione
Maxime e Matthias sono due giovani canadesi di quasi trent’anni, amici fin da quando erano piccoli. Il modo in cui reagiscono a una crisi d’identità, che non è possibile ignorare, rivela due personalità inasprite e molto diverse. Il primo, Maxime, sta per trasferirsi in Australia: forse farà il barista, forse qualcos’altro. Ciò che conta per lui è fuggire da una madre troppo debole e troppo aggressiva, capace di chiedere aiuto solo attraverso la manipolazione. Maxime ha una grande macchia sulla guancia destra che cattura l’attenzione di chi lo osserva, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi sempre addolorati. Matthias, invece, la sua macchia può tenerla celata in un fare perfezionista, nell’abbigliamento impeccabile e in una rigidità giudicante e a tratti odiosa. Matthias è incapace di vivere in un mondo che non segue le sue regole, le stesse che qualcuno gli ha imposto quando era troppo giovane per ribellarsi.
Il punto di rottura arriva subito dopo il primo bacio tra i due. Una sera, nella comitiva che entrambi frequentano, una ragazza aspirante regista chiede loro un favore: partecipare a un film – un video amatoriale di pochi minuti – durante il quale Max e Matt dovranno baciarsi. Se il primo accetta senza grosse riserve, il secondo viene incastrato con una scommessa. Dopo quel bacio, entrambi realizzano che quell’amicizia somiglia a qualcos’altro. Matt, abituato a far tacere la realtà per seguire la vita perfetta che qualcuno ha scelto per lui, perde ogni traccia di ragione; il ragazzo rivela livore e invidia, e inizia a provare disagio nella sua comitiva. Intanto Max deve fare i conti con la paura del giudizio, e con delle insicurezze che non gli consentono di rendersi autonomo. Mancano dodici giorni alla partenza di Max per l’Australia.
Implosione e frastuono – Matthias e Maxime recensione
Matthias e Maxime è un film pieno di conflitti, in cui gli adulti fanno chiasso e i giovani implodono. Una pellicola un po’ impressionista e un po’ espressionista, come il corto amatoriale che la ragazzina svampita gira all’inizio del film. Dolan mette in scena dissidi interiori e battaglie generazionali, davanti alle quali i grandi fingono di non sentire, con un mutismo fatto di urla scomposte e convenevoli superflui. Incomunicabilità diffusa, con volti e ambientazioni diversi. C’è il rapporto tra Maxime e la madre, donna sola, alcolizzata e tossicodipendente. Una donna che si prende cura del figlio con sguardo ammiccante, e intanto non gli lascia nemmeno un soldo in tasca. Una donna violenta e dipendente, che si approfitta di un figlio che non è in grado di amarla un po’ meno. E poi ci sono altri genitori, a volte invisibili a volte superflui. Ma sempre sordi.
C’è una madre che chiede al figlio di suonare il pianoforte, per far sentire alle amiche quanto è bravo mio figlio. Così il ragazzo suona per essere bravo, e intanto la madre e le amiche urlano sopra le note del piano. Per chi suono?, dice il ragazzo infrangendo per un attimo la quarta parete, in una delle scene più stranianti del film. E poi ci sono i genitori assenti, quelli di Matthias, ormai autonomo nell’infliggersi l’infelicità. Ha una fidanzata che non ama, un lavoro che non lo soddisfa, una compostezza che lui stesso detesta; si sente troppo grande per scherzare con gli amici, troppo maturo per fare quello che gli va di fare. Tra le quattro mura di un interno qualsiasi è competitivo e severo, irritante e irritabile: uno che fa una vita che gli fa schifo. Quando è fuori, invece, perde la ragione e si mette in pericolo.
Un film in sottrazione – Matthias e Maxime recensione
I giorni che mancano alla partenza di Maxime scandiscono le giornate di un Matthias sempre più arrabbiato, che prova a fuggire ingabbiando gli altri. L’occhio di Dolan lo segue, da attore e da regista, con tenerezza e severità insieme, e mai con invadenza. Il regista rivela gli stati d’animo dei protagonisti penetrando nella loro intimità, che spesso però rimane fuori dall’inquadratura. Accade quando Maxime piange per la madre, rifugiandosi in una stanza in cui lo spettatore non può entrare. Ma accade anche durante le feste della comitiva di amici, quando la macchina accelera le scene mostrandoci il punto di vista di Matthias, alienato e confuso. Alcuni brevi momenti quotidiani sembrano attinti da filmini amatoriali, con la macchina che zooma sui protagonisti con movimenti ondulatori. Dolan sceglie di raccontare l’emotività dei giovani per sottrazione, lasciando allo spettatore la possibilità di intuire piuttosto che vedere.
Il primo bacio tra i due non viene mostrato, così che lo spettatore possa solo immaginarlo. Questa sobrietà dei protagonisti è disturbata dagli schiamazzi di adulti egocentrici, e incorniciata da un’ottima colonna sonora. I brani, scelti accuratamente, sottolineano alcune scene del film e ne corroborano l’impatto emozionale; tra questi vanno menzionati Devil may care, del gruppo canadese Half Moon Run, e l’assolo di piano Le Iac, di Jean-Micheal Blais. Dolan ritrae bene i suoi giovani intrappolati in un presente schiavo del passato, fatto di passioni non elaborate e per questo infantili. La patina dorata e l’invadenza dei grandi fa da contraltare a due protagonisti storditi, che poche volte la camera accoglie insieme nell’inquadratura. Dolan costruisce un film di vuoti e di contrasti, che talvolta arrivano allo spettatore con fiacchezza. La sceneggiatura non sempre sostiene una pellicola che, a tratti, manca di incisività.
Bello, ma non il miglior Dolan
Matthias e Maxime va forte nel non detto. Ciononostante, in alcune scene i personaggi si affrontano in assalti verbali potenti – come nelle scene tra Maxime e la madre. Alcuni personaggi usano le parole per difendersi più che per raccontarsi, e questo rende il film emozionalmente implosivo: questo aspetto potrebbe deludere alcuni spettatori. La fotografia soddisfa come quella di tutti i film di Dolan, ma la sceneggiatura non è all’altezza di capolavori come Laurence Anyways e Mommy. Maxime è interpretato da uno Xavier Dolan garbato nel suo tormento, che nasconde teneramente debolezze e una profonda solitudine. Matthias è il giovane Gabriel D’Almeida Freitas, pignolo e rigidissimo, represso e pudico, eppure più facilmente leggibile dell’altro protagonista. Entrambi gli attori regalano due buone performance senza eccellere. Molto brava Anna Dorval, già protagonista per Dolan in Mommy e che qui ha un ruolo secondario – ma che rimane comunque impresso.
Concludiamo la recensione di Matthias e Maxime promuovendo questa nuova pellicola del giovane regista, noto per aver rifiutato l’appellativo di enfant prodige. È però impossibile negare che, a soli trent’anni, è insolito che un regista abbia già uno stile definito e delle idee così chiare. Oltretutto, Dolan ha all’attivo una serie di pellicole molto apprezzate dalla critica, benché il suo ultimo La mia vita con John F. Donovan sia stato un flop. Il regista canadese ha abituato a grandi capolavori, che ha girato quando aveva poco più di vent’anni; ogni volta che è in arrivo un suo film, perciò, le aspettative sono molto alte. Matthias e Maxime è un bel film, che si allontana dall’eccellenza per alcune debolezze nella sceneggiatura. Le interpretazioni non precipitano lo spettatore dalla poltrona, eppure il film si lascia guardare con piacere. Il comparto tecnico è ottimo, e Dolan si conferma uno dei registi più interessanti della sua generazione.
Matthias e Maxime
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Un film denso con una storia ben costruita
- Le scelte registiche, la fotografia e la colonna sonora
- Non scade nel clichè e ritrae bene l'aspetto più intimo dei personaggi
Lati negativi
[tie_list type="thumbdown"]
- La sceneggiatura non è sempre all'altezza
- Un film emozionalmente implosivo, che potrebbe lasciare insoddisfatti alcuni spettatori