Radioactive: recensione del biopic sulla scienziata Marie Curie
La storia di una delle scienziate più famose della storia tra amore, carriera e dolore
Marie ha origini polacche, si è trasferita a Parigi per studiare la scienza e sa che l’attendono grandi cose. Cerca allora, non senza difficoltà, un laboratorio dove condurre i suoi studi e incontra Pierre Curie, disposto ad aiutarla. Insieme scoprono due nuovi elementi, il radio e il polonio, cambiando la scienza e la storia umana per sempre. Questa è la recensione di Radioactive, un biopic diretto da Marjane Satrapi (Persepolis, The Voices).
La pellicola si basa sull’omonimo romanzo a fumetti di Lauren Redniss, e vede tra il cast Rosamund Pike (L’amore bugiardo, The Informer) nei panni della protagonista Marie Curie. Sam Riley (Maleficent, Suite francese) impersona invece Pierre Curie, e Anya Taylor-Joy (Split, Glass) è una delle loro figlie, Irene. L’uscita nelle sale italiane, inizialmente prevista per il 12 marzo 2020, è stata posticipata a causa della pandemia; dal 15 luglio 2020 la pellicola è distribuita direttamente on demand. Ecco la recensione di Radioactive.
Indice
La trama – Radioactive recensione
Parigi, XIX secolo. Maria Salomea Sklodowska è una studentessa polacca che desidera vivere di scienza, e si adopera sin da subito per poter svolgere le sue ricerche in spazi che le permettano di studiare con i mezzi adatti. Purtroppo però l’epoca non è clemente con le donne, tantomeno con quelle così ambiziose e che lottano per i loro diritti. Marie si ritrova ben presto senza fondi e alla ricerca di un nuovo laboratorio da utilizzare. Ad un passo dallo sconforto incontra Pierre Curie, scienziato pieno di entusiasmo ma senza le intuizioni geniali della donna. Pierre capisce che l’unico modo per lavorare bene è insieme, condividendo le risorse che possiedono.
Seppure dubbiosa, Marie decide di lanciarsi in questa nuova collaborazione scientifica, rimanendo anche affascinata dalla personalità di Pierre. Più tempo trascorrono in laboratorio, più scoprono di funzionare bene come soci e come coppia: i due si sposano e hanno due bambine. Nel frattempo, identificano due nuovi elementi rimasti oscuri al mondo scientifico sino a quel momento: il polonio e l’uranio. Viene ripercorsa tutta la vita di Marie, fino a quando, anziana, viene portata in ospedale per un malore e ripensa a ciò che ha provato e alle esperienze che l’hanno addolorata, ma anche fortificata. Esperienze che hanno forgiato la personalità di quella che noi oggi conosciamo come la grande scienziata Marie Curie.
Cosa abbiamo fatto? – Radioactive recensione
Hai lanciato un sasso nell’acqua: non puoi controllarne gli effetti. (Pierre)
Il cancro è stato considerato una male incurabile fin quando si sono aperte delle possibilità, grazie allo studio dell’uranio. Una scoperta utile alla medicina, che in futuro avrebbe salvato molte vite. Ma anche pericolosa, dal momento che l’uranio fu impiegato come arma in guerra. Illuminante allora la riflessione che Pierre Curie fa quando ritira il premio Nobel. La conoscenza per l’uomo è nociva? L’uomo è abbastanza maturo per saperla gestire? Il film presenta un tema argomentativo che non esclude nessuna risposta, e lascia la sentenza aperta per gli uomini che verranno. Marie e Pierre si chiedono spesso cosa abbiano fatto, se siano loro la causa del dolore di così tante persone, se siano perfino la causa del loro stesso dolore. Le radiazioni non si sono rivelate salutari alla lunga e, dopo anni a contatto con esse, l’apparato respiratorio degli scienziati ne risente.
Ma d’altronde, quando si porta alla luce qualcosa di sconosciuto, si deve mettere in conto che ne seguiranno onori e riconoscimenti, ma anche oneri e colpe. Perché non esisterà mai un mondo in cui una risorsa non possa diventare arma, nelle mani sbagliate. Marie ha lanciato un sasso in acqua, e ha atteso i cerchi concentrici che vi si sono formati intorno. Elogi ma anche insulti, vita pubblica in contrasto con quella privata, e difficoltà a capire perché le sue scelte amorose sembrino avere più peso del suo genio. Come fare allora ad essere orgogliosi delle proprie scoperte se hanno portato alla guerra più tragica di tutta? Se hanno portato ad un odio così forte da parte dell’opinione pubblica? I Curie hanno inventato un tesoro e un veleno.
La luce protagonista – Radioactive recensione
Si tratta di un film che dà molta importanza a come viene utilizzata la luce, unitamente alla scelta particolare dei colori. Le scene nelle quali si nota meglio questa scelta sono quelle ambientate all’interno del laboratorio di Marie e Pierre: un fascio di luce diegetico e morbido inonda gli oggetti e gli attori, donando quasi un aspetto onirico e impalpabile ai soggetti coinvolti, che diventano quindi parte di piccoli “quadretti”. In questo caso, la luce ha funzione compositiva, perché contribuisce a dare peso ad una determinata situazione o atmosfera, e drammaturgica, perché definisce i personaggi sfaccettati. Inoltre, la luce qui ha funzione spaziale quando interessa più piani: i personaggi in primo piano e quello che accade sullo fondo, non escludendo nessun elemento dallo sguardo dello spettatore, ma al tempo stesso guidandolo verso i punti focali.
Altra scena chiave, quella in cui la ballerina francese danza in un abito composto da molti veli ampi, in un montaggio quasi epilettico che unisce colori neon ma al tempo stesso spenti, in contrasto tra loro. Torniamo ad una luce innaturale e scelta solo per veicolare un’emozione, in quel caso angoscia, confusione, abbandono dei sensi. Restando sui colori, la pellicola resta per la maggior parte su una saturazione fredda che oscilla tra il blu e il verde, colore chiave perché è attribuito anche alla boccetta di uranio che Marie porta sempre con sé, simbolo della sua scoperta e del suo obiettivo. Solo in pochissime scene i colori esplodono sullo schermo, sono sgargianti e trasmettono serenità: quando i due scienziati si distendono innamorati e felici al sole. Radioactive sceglie di emozionare tramite colori e luci, ed è il motivo principale per cui vale la pena vederlo almeno una volta.
Osservazioni tecniche – Radioactive recensione
Un film visivamente appagante: anche in muto, dice qualcosa a chi lo guarda. Mai banale, mantiene un ritmo dinamico, nonostante il rischio dell’ennesimo biopic serioso e piatto. La storia è conosciuta, ma il modo di raccontarla attrae. Scene dal sapore espressionista, apparentemente slegate dal racconto che poi d’improvviso ne diventano parte (la ballerina francese danza nella mente e poi nella realtà). Scene dal taglio documentaristico e moderno che spiegano i processi scientifici, le ricerche e i prodotti usati all’epoca. Inquadrature con oggetti “d’intralcio”, sfocate, che passano dal buio appena rischiarato da una candela al pieno sole accecante. Si passa da riprese dall’alto a riprese molto ravvicinate, con tagli netti di montaggio. Interessanti anche i diversi paesaggi mostrati: dal deserto del Nevada, ad un laboratorio parigino. Infine, una struttura circolare che apre e chiude la storia con Marie, distesa su una barella d’ospedale, dopo un malore.
Toccante poi la sequenza in cui la scienziata passeggia tra i letti di un ospedale fittizio, e rivede le storie che ha vissuto, direttamente e non. Un bambino malato di cancro trattato con la radioterapia nel 1957, l’aereo americano che lanciò la bomba su Hiroshima nel 1945, le esercitazioni nucleari nel deserto del Nevada nel 1961, l’incidente della centrale di Černobyl’ nel 1986. Se pensiamo alla colonna sonora, ecco che Radioactive riesce a stupire ancora. Musiche moderne che sembrano cozzare con il periodo storico, altre inquietanti che ben si sposerebbero con un film horror o comunque di suspence. Tutto sommato, è un film affascinante che racconta ma che vuole evidenziare come lo fa, supportato da un ottimo cast. Unica nota negativa, se vogliamo, un’atmosfera davvero troppo cupa che non abbandona la storia quasi mai, anche quando il clima si sarebbe potuto alleggerire un po’.
Radioactive
Voto - 8
8
Voto
Lati positivi
- Fotografia affascinante
- Interpretazione di Rosamund Pike
- Racconta una storia vera senza appesantire
Lati negativi
- Atmosfere troppo cupe per tutto il film