Sulla bocca di tutti: recensione del teen drama su Netflix
Nella nuova serie tv brasiliana un misterioso virus si diffonde tramite il bacio
Un misterioso virus trasmesso tramite lo scambio di fluidi corporei sta cogliendo impreparati gli abitanti di una piccola cittadina nel centro del Brasile. No, non è la notizia trasmessa da un telegiornale, bensì la trama di Sulla bocca di tutti, il nuovo teen drama firmato Netflix. Per tempismo e tematica questa serie, scritta e diretta da Esmir Filho e confermata già per una seconda stagione, sembra ironicamente riflettere su un possibile futuro post Covid-19. Quando televisione e cinema, a pandemia (speriamo) ormai lasciata alle spalle, parleranno con le loro immagini del traumatico evento che ha inevitabilmente segnato il XXI secolo. In questo articolo la recensione di Sulla bocca di tutti.
In realtà, la produzione di Sulla bocca di tutti risale però al 2019, quando della pandemia ricevevamo ancora news brevi e confuse provenienti dalla Cina. Ad oggi dunque, la scelta di raccontare la giovinezza tramite l’escamotage narrativo della diffusione di un virus acquista tutto un altro significato. La serie, caratterizzata da una forte componente estetico-visiva piuttosto che da uno sguardo innovativo sul racconto giovanile, utilizza la metafora del virus che annulla le emozioni per parlare di teenagers e scontro generazionale. Vediamo, nella recensione che segue, se e come Sulla bocca di tutti è riuscita a raccontare l’adolescenza durante un’epidemia.
Indice
La trama – Sulla bocca di tutti, la recensione
Sugli occhi ha ancora il trucco del giorno prima. Quei brillantini viola, applicati la sera del rave, per Fran (Iza Moreira) sono il ricordo di una notte che difficilmente dimenticherà. In bagno invece l’amica Bel (Luana Nastas), di viola ha un’enorme macchia sulle labbra, il primo sintomo di una misteriosa malattia presa proprio quella sera. La compagna di classe di Fran, che con la ragazza condivide più di una semplice amicizia, sarà il paziente zero di un virus contratto e diffuso tramite un bacio collettivo dato durante una festa; un rave notturno durante il quale i giovani si sono tutti, prolungatamente e casualmente, baciati fra loro. Nel liceo Modelo situato tra i ranch di Progreso, un’immaginaria cittadina nel centro del Brasile, si scatena la caccia ai contagiati.
Fran e gli amici Chico (Michel Joelsas) e Alex (Caio Horowicz, figlio di un importante fattore/imprenditore agricolo), preoccupati per la loro salute, iniziano a mappare il contagio avvenuto al rave, partendo da un bacio a tre avvenuto proprio tra Bel-Fran e Chico. Nel frattempo la preside del liceo, Guiomar (Denise Fraga), tenta di ristabilire l’ordine fra gli studenti credendo che la malattia si sia diffusa tramite una droga. La donna però non sa che sua figlia Manu (Denise Fraga), creduta in Texas a studiare, è in realtà l’anello di congiunzione del contagio. Manu, che segretamente ha una relazione consumata online con Alex, conosce la cura di questa malattia che come sintomo principale ha quello di annientare le emozioni e le percezioni sensoriali.
Zombie Elettropop − Sulla bocca di tutti, la recensione
Sulla bocca di tutti trova la sua forza in un appeal visivo conturbante e ultramoderno fatto di sequenze oniriche, richiami all’horror, ambienti ipercolorati. La sequenza iniziale del rave, snodo e incipit narrativo che apre la storia, verrà nel corso dei sei episodi ripresa e richiamata più volte tramite flashback che riporteranno i personaggi a quegli attimi di liberazione dove tutto è cominciato. Quei baci ripresi in primi piani vicinissimi ai volti, alle bocche e alle lingue vengono esaltati dalla fotografia curata da Azul Serra. Nella serie riecheggiano gli eccessi di Euphoria, le atmosfere oppiacee di Climax di Gaspar Noé e i colori delle opere dei fratelli Safdie.
Una messa in scena vincente che fa della ricerca di atmosfere techno, colori fluo e proiezione di luci il suo punto nevralgico, immergendo lo spettatore in una realtà aumentata dove i sensi sono ipereccitati e i corpi si muovono su musiche elettropop di gruppi brasiliani e europei. Giocando con le dissonanze Sulla bocca di tutti sceglie la differenza, lo scarto visivo e atmosferico dei luoghi ameni e rurali dei ranch dove i personaggi vivono e si muovono. Girato interamente a Goiás un piccolo stato nel centro-ovest del Brasile, la storia è ambientata tra le fattorie, le stalle, le coltivazioni, gli allevamenti bovini. Luoghi polverosi e arcaici, stradine e viottoli in pietra nei quali i personaggi si spostano in bici o sui fuori strada. Una cittadina a misura d’uomo e d’animale, costruita su una società feudale lontana dall’idea di metropoli europee o nordamericane di cui siamo abituati.
Queer insta-stories
Nonostante il nome la comunità di Progreso sembra rappresentare un immaginario ambiente protetto dalle tentazioni del mondo esterno. Il liceo Modelo, dove si studia biologia e anatomia veterinaria, ci appare come luogo nato per ri-formare giovani dall’indole ribelle. Giovani adolescenti che stonano e stridono con una microsocietà ultracattolica e conservatrice in cui i genitori, ritrovandosi tra canti religiosi e allenamenti in palestra, discutono su come riportare i figli sulla retta via della redenzione. Una componente religiosa e conservatrice molto forte a cui la serie però decide di opporre un’apertura alle tematiche LGBT. Dalla nudità mostrata senza timidezza o vergogna e a un tipo di fluidità sessuale che non confina o etichetta i giovani protagonisti: che anzi li fa vivere appieno in una liberazione sessuale e sentimentale. Liberazione che, tuttavia, porta anche ad atti omofobi e discriminatori.
L’amore in Sulla bocca di tutti riflette una contemporaneità fatta di amori liquidi e rapporti sessuali consumati tramite lo schermo del pc. Storie d’amore con una forte differenza di età nati sui siti per incontri, amori scolastici dove il confine fra amicizia e amore è molto sfumato e complesso. I social e la rete dunque fanno da sfondo ad una costruzione identitaria. Un’educazione sessuale postmoderna che utilizza i post su Facebook e le Instagram Stories come piattaforma per comunicare, conoscersi, mostrarsi e, in qualche modo, amarsi.
Riflessioni finali − Sulla bocca di tutti, la recensione
Nonostante affronti tutte le linee tematiche tipiche del genere quali la ribellione allo status quo genitoriale e autoritario, la scoperta della propria sessualità e la formazione dell’identità da adulti, la serie fatica per scrittura a raccontarci davvero un malessere generazionale. Dei tre personaggi principali non ci viene data una conoscenza pregressa e approfondita della loro interiorità, del loro vissuto, dei loro sentire. Lo scavo psicologico dei personaggi – essenziale in un racconto che parla di giovani ai giovani – risulta limitato e frammentario. Con il risultato di un coinvolgimento che fatica a cementarsi e dunque a rendere appassionante per lo spettatore il racconto episodico.
La vera forza della serie dunque è da ricercare piuttosto nelle modalità visive e le scelte registiche che spesso compensano le carenze di uno script impegnato più a stupire che a raccontare. Le sequenze psichedeliche dei rave, la fotografia ricercata, l’ambientazione country e l’accenno di tematiche ambientali, di certo rendono questo teen drama un prodotto innovativo. Ma elementi come la costruzione dei personaggi e l’impatto psicologico del virus sulle loro vite, purtroppo, non vengono approfonditi. Di certo, la durata degli episodi (35 minuti circa ciascuno) facilita; agevolando così la visione di una prima stagione imperfetta ma che di certo può migliorare. Progresso che si spera di trovare nei nuovi episodi attesi per il 2021. Virus permettendo.
Sulla bocca di tutti
Voto - 6
6
Lati positivi
- La durata degli episodi
- Aspetti visivi accattivanti
Lati negativi
- Uno scavo psicologico e interiore dei personaggi poco approfondito
- La scrittura che penalizza il racconto generazionale nelle sue complessità