Padrenostro: recensione del film di Claudio Noce con Pierfrancesco Favino – Venezia 77
Un intimo e ambizioso dramma familiare visto attraverso gli occhi di un bambino
È diretto da Claudio Noce il primo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia: Padrenostro, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Pierfrancesco Favino è la star di questo film intimo, ambizioso, simbolico. La vicenda narrata è quella del padre del regista, Alfonso Noce, rielaborata attraverso gli occhi e il punto di vista del Claudio Noce bambino. Nel 1976, nel pieno degli anni di piombo, il vicequestore Alfonso Noce è vittima di un attentato ad opera di un nucleo armato dei NAP; suo figlio Claudio all’epoca non ha nemmeno due anni mentre nel film il protagonista è un ragazzino di dieci che assiste terrorizzato all’assalto. Il regista ha dichiarato di aver attinto ai suoi ricordi personali, ricostruendo il trauma anche attraverso le testimonianza dei suoi due fratelli.
Prima di analizzare Padrenostro nella nostra recensione, riprendiamo la trama attraverso la sinossi ufficiale. Roma, 1976. Valerio ha dieci anni ed una fervida immaginazione. La sua vita di bambino viene sconvolta quando, insieme alla madre Gina, assiste all’attentato ai danni di suo padre Alfonso da parte di un commando di terroristi. Da quel momento, la paura e il senso di vulnerabilità segnano drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia. Ma è proprio in quei giorni difficili che Valerio conosce Christian, un ragazzino poco più grande di lui. Solitario, ribelle e sfrontato, sembra essere arrivato dal nulla. Quell’incontro, in un’estate carica di scoperte, cambierà per sempre le loro vite.
Indice
Con gli occhi di un bambino – Padrenostro, la recensione
Padrenostro non è una ricostruzione dell’attentato dei Nuclei Armati Proletari ad Alfonso Noce e non è nemmeno un film sugli anni di piombo; non è, in ultima analisi, neanche un film autobiografico. O perlomeno, non nel senso stretto del termine. È un film “ispirato a fatti realmente accaduti”, come esplicitato mentre scorrono sullo schermo le primissime immagini. Claudio Noce rielabora il suo trauma ricostruendolo e mettendone in scena le fasi; il tutto senza mai abbandonare il punto di vista del se stesso bambino. Un sé che non è autobiografico ma è più il frutto dell’esperienza diretta del regista unita a quella della sua famiglia. Un bambino il cui tratto dominante è la grande immaginazione, proiettata e rappresentata nel personaggio (ambiguo, misterioso) di Christian. L’elemento chiave dell’immaginazione diventa dominante soprattutto in tutta la seconda parte del film.
Questo dopo un avvio che ricorda da vicino i più classici dei racconti storici e di cronaca italiani. Nella ricostruzione degli ambienti, nella musica che i protagonisti ascoltano alla radio, nei programmi in onda alla televisione. Da questo contesto, Noce prende le mosse per raccontare tramite il personaggio di Valerio il suo trauma personale; un trauma che inizialmente il giovane protagonista è costretto ad affrontare da solo mentre la famiglia – seppur in buona fede – minimizza. Ed è per questa ragione che Valerio si costruisce un suo mondo parallelo, quello stesso mondo di cui entra a far parte Christian. Amico immaginario (ma è poi davvero solo immaginario?), potenziale catalizzatore di un approfondimento psicologico del protagonista che però, nel film, non riusciamo ad afferrare del tutto.
Realtà, immaginazione, paura
Abbiamo detto nel paragrafo precedente della nostra recensione che Padrenostro è il racconto di un trauma narrato attraverso gli occhi (e l’immaginazione) di un bambino. Un’idea decisamente interessante sulla carta che però fa fatica a trovare traduzione sullo schermo. In questo senso il problema principale si riscontra nella funzione del personaggio di Christian; questi dovrebbe essere una figura centrale per l’evoluzione di Valerio ma in realtà è poco più di un pretesto. Un espediente narrativo la cui presenza – sin da subito – finisce per confondere lo spettatore, disorientandolo. E così l’ambiguità del personaggio disorienta e non affascina, distrae e non aiuta a scavare nella psicologia di Valerio.
Un vero peccato, perché appare chiaro come ci sia un netto scostamento tra le intenzioni e le idee di Claudio Noce e il risultato finale. Molto più centrato invece lo scopo di mantenere una coerenza di fondo nel punto di vista della narrazione. Tutto ciò che vediamo, tutto ciò che sentiamo è filtrato attraverso il vissuto e le emozioni di Valerio. Fatta eccezione per una singola sequenza – tra l’altro, una delle più efficaci del film – che comunica in maniera intensa ed efficace sensazioni di paura e pericolo imminente. Il punto di vista, qui, è quello di Alfonso, alla guida della sua macchina in Calabria durante una gita di famiglia. Pierfrancesco Favino riesce in una sola scena a comunicare solo con l’espressione del volto e i movimenti nervosi tutta la paura – concreta, reale – del suo personaggio.
Pierfrancesco Favino e Mattia Garaci – Padrenostro, la recensione
Ancora una volta Pierfrancesco Favino conferma di essere un eccezionale trasformista e un interprete versatile e sempre in parte. A confronto con una prova non facile, Favino riesce a dare intensità alla sua performance, restituendo il ritratto profondo e complesso di un padre. Un uomo che per l’opinione pubblica è un eroe, per i terroristi un male da estirpare e per suo figlio la figura di riferimento per eccellenza. Ma la vera sorpresa di Padrenostro è il giovanissimo Mattia Garaci, spesso addirittura in grado di rubare la scena allo stesso Favino.
Garaci ha un’espressività naturale e delicata, nei tratti del volto e nei movimenti e riesce ad essere intenso e credibile anche nelle sequenze più difficili. Una di queste si svolge ancora una volta in macchina, in una galleria. Valerio è in viaggio da Roma verso la Calabria con la sua famiglia quando è colto da un attacco di panico. Mattia Garaci è talmente bravo e convincente che per un momento l’aria sembra mancare anche a chi assiste alla scena dalla sala. Concludiamo la nostra recensione promuovendo Padrenostro, anche se con qualche riserva. Claudio Noce confeziona un’opera personale, intima e ambiziosa – tanto ambiziosa da non riuscire sempre a stare al passo con gli intenti iniziali e finisce, almeno in parte, per deludere le aspettative.
Padrenostro
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Pierfrancesco Favino è una garanzia
- La prova del giovanissimo Mattia Garaci
Lati negativi
- Certi espedienti confondono e disorientano lo spettatore
L’idea è molto interessante ma la regia non convince. In alcuni momenti sembra l’opera prima di un regista che non domina la cinepresa ed il film risulta lento, a volte noioso e solo in pochi tratti inquietante ed emozionante. Certo non è ben costruito e non crea un’atmosfera degna di essere apprezzata.