Sto pensando di finirla qui: recensione del nuovo film di Charlie Kaufman
Due ore nella mente di un regista visionario, ironico e privo di censure
Onirico, visionario, sarcastico, caleidoscopico, dissacrante, enigmatico, policromo, allegorico: è facile buttare giù una lista di aggettivi per descrivere Sto pensando di finirla qui, film di cui vi proponiamo la recensione. Più difficile è comprenderne la genesi e afferrarne il fine ultimo, per evitare che tutto converga in un banale Bellissimo ma non ci ho capito niente, o in un più irritante Bellissimo proprio perché non ci ho capito niente. Scritto e diretto da Charlie Kaufman, Sto pensando di finirla qui può apparire, a uno sguardo superficiale, l’esercizio di stile di un regista maturo ma contorto. Eppure, se si ci si immerge nella storia senza chiedersi dove voglia andare a parare, a occhi e orecchie arriva come l’urlo di una mente complessa e fin troppo lucida.
Il film di Kaufman diventa comprensibile non appena ci si arrende alla sua bellezza; se lo si approccia col fare del filologo pignolo, che non può permettersi di fraintendere, guardarlo sarà inutile e faticoso. Sto pensando di finirla qui è ispirato all’omonimo libro di Iain Reid; Kaufman lo ha tradotto in un linguaggio che abbatte i confini della comunicazione conformista. Esistono film straordinari, con una trama semplice e un epilogo trasparente. Questo film è tutt’altro. Se siete disposti ad abbandonare ogni rigidità critica e a calarvi, per più di due ore, nella mente di chi ha sceneggiato Essere John Malkovich e Eternal Sunshine of The Spotless Mind, guardatelo. Gli amanti di Kaufman non resteranno delusi: la pellicola ospita i suoi temi ricorrenti, e la sua poetica è presente in ogni sequenza. Ne parliamo meglio nella nostra recensione di Sto pensando di finirla qui.
Indice
La vita come lunga citazione – Sto pensando di finirla qui recensione
È tragico quante poche persone siano padrone della propria anima prima di morire. Non c’è niente di più raro in un uomo, dice Emerson, che un atto di sua propria volontà. Ed è verissimo. La maggior parte delle persone sono altre persone, i loro pensieri sono opinioni di qualcun altro. La loro vita un’imitazione, le loro passioni una citazione. L’ha scritto Oscar Wilde.
La citazione colta legittima il pensiero di tutti, soprattutto degli inetti. Lucy e Jake stanno insieme da poco; lei medita di lasciarlo, eppure sta per conoscere i genitori di lui. Jake ha l’aria rassicurante e bonacciona, ma nasconde un animo controverso e a tratti ostico. Si rivolge alla ragazza con fare paternalistico e sospettoso, e inspiegabilmente sembra sentire i suoi pensieri. Un ragazzo erudito e perfezionista, che infarcisce ogni discorso di una miriade di citazioni, al punto da risultare snervante. Durante il lungo viaggio in macchina, che li porterà appunto dai genitori di lui, Lucy e Jake parlano tantissimo. Il loro dialogo è tanto ipnotico quanto amaro: anche se non la smettono di parlare, nessuno dei due ha voglia di ascoltare l’altro.
Entrambi sono chiusi in una solitudine affollata. Lui non la ascolta per continuare a pensare che lei sia perfetta; di quella perfezione che Jake, malato di bovarismo, ha immaginato e desiderato a lungo. Dal canto suo, Lucy rimugina sulla propria vita e a lui sembra non badare proprio; non lo ama, forse ne è intenerita, di sicuro ne è spaventata. Lui ricerca compulsivamente l’approvazione di Lucy – che nel corso del film cambierà misteriosamente nome – mentre lei pensa al momento in cui lo abbandonerà. Mentre i due parlano, una serie di voli pindarici ci avvicinano alla loro interiorità; il martellante monologo interiore di lei, intanto, si intromette nella conversazione.
Il subconscio sullo schermo – Sto pensando di finirla qui recensione
La tormenta di neve prepara l’atmosfera – cupa e confusa – che incomberà su tutto il film, che sviscera una grande quantità di tematiche. Si parla del conflitto presente in ogni relazione che abbia pretese d’amore; l’ossessiva ricerca, nell’altro, di qualcuno che dia spessore all’umana inconsistenza. Qualcuno grazia al quale esistere ed essere riconosciuti; qualcuno da cui dipendere e, infine, da annientare con livore. Alcuni salti temporali e spaziali, insieme a trovate grottesche e parodiche, raccontano l’incapacità di dialogare col tempo senza esserne schiacciati. La paura di invecchiare si annida nel disgusto di Jake per i suoi genitori ormai anziani e dai modi sgraziati. C’è l’avversione per il corpo che cambia, riflesso della volubilità di pensieri e ideali, che si usurano a una velocità per l’uomo insostenibile. Il conflitto interiore proiettato nelle relazioni, reali o fittizie che siano.
C’è anche la critica al consumismo e al desiderio mimetico; all’odiosa cultura ostentata e al nozionismo, combinati col perfezionismo maniacale di Jake; perfezionismo che gli fa desiderare una donna impeccabile ed eclettica, infelice anche nel suo essere irreale. Il bisogno, nevrotico e inerme, di reagire all’emarginazione sociale; il rimpianto e l’estraneità rispetto a tutto, il bisogno infantile di approvazione e di gratificazione. Grazie all’uso dei colori e delle luci, in questo film vengono ricreate atmosfere e situazioni che mutano in modo convulso; i movimenti molto lenti della macchina, invece, accompagnano lo spettatore nell’osservazione calma e nell’ascolto attento. Un montaggio surrealista, coadiuvato da monologhi e dialoghi che raccontano i dissidi dei personaggi (del personaggio?), completa l’efficace comparto tecnico.
Una fantasmagoria surrealista – Sto pensando di finirla qui recensione
Sto pensando di finirla è una lunga metafora, con al suo interno allegorie e indizi; un film da risolvere come un enigma con tante soluzioni possibili. Sta addosso a ogni spettatore in modo diverso, come l’abito di un bravo stilista si adatta al corpo di chi lo indossa. Porta sullo schermo l’ossessiva e fallimentare ricerca di un’identità, e l’impossibilità di stare nel presente senza sconfinare in altri piani temporali. L’incapacità di trattenere qualsiasi cosa, che sia un’idea, una persona o un sentimento, è evocata continuamente; e se da un lato c’è la dilatazione temporale, dall’altro c’è spazio per bruschi passaggi da una situazione a un’ altra. Avviandoci alla conclusione della recensione di Sto pensando di finirla qui, non possiamo che promuovere uno dei migliori film (se non il migliore) di questo strano 2020.
Kaufman sfrutta il potenziale del mezzo per rappresentare le insidie del subconscio. Nel farlo, si libera di qualunque filtro o censura, contribuendo a rendere fluido un film, di base, estremamente frammentato. Il potere deformante che il pensiero esercita sulla realtà, ingolfandola di aspettative e rendendola indesiderabile, è protagonista di un film irrequieto e polifonico. Un film che richiede la piena immersione, e che deluderà i fan delle pellicole in cui tutto, alla fine, quadra alla perfezione. Dopo la visione resta un’amara consapevolezza: che si scelga di essere conformisti o anticonformisti, in entrambi i casi si tenta di compiacere gli altri. Per questo, dopo una vita insoddisfacente, restiamo tutti in attesa di un solo, agognato, epilogo: un lungo e caloroso applauso da una platea di sconosciuti e poi, subito, titoli di coda.
sto pensando di finirla qui
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- L'audacia e l'efficacia nell'intrecciare contenuti densi e trovate registiche surreali
- Dialoghi, monologhi interiori, fotografia, salti temporali e trovate grottesche e stranianti: un insieme ipnotico
- Vari livelli di lettura e diverse possibilità di interpretazione, che richiedono l'intervento attivo dello spettatore
Lati negativi
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- L'assenza di una trama coerente potrebbe risultare indigesta, soprattutto a chi vuole capire "come va a finire il film"