A Love Song for Latasha: recensione del documentario Netflix
Un breve cortometraggio su uno degli omicidi che ha sconvolto l'America
Il 2020 ha visto una delle più grandi proteste globali contro il razzismo. In seguito all’omicidio di George Floyd perpetrato da un agente di polizia, il mondo si è unito al grido di “Black Lives Matter” in un vero e proprio movimento culturale destinato a cambiare la storia. L’oggetto di questa recensione è A Love Song for Latasha: un breve documentario che racconta l’omicidio di Latasha Harlins, evento che nel 1992 fece da scintilla per uno sciame di proteste che prese piede a Los Angeles e che sfociarono in una vera e propria rivolta.
Due eventi dalle conseguenze paragonabili, ma avvenuti in circostanze completamente diverse. L’omicidio di Latasha mostrò al mondo come ci fosse bisogno di un cambiamento: il colore della pelle non definisce la persona, ma sono le sue azioni e i suoi sogni a determinarne il valore. A distanza di quasi 30 e dopo centinaia di vite rovinate, il cambiamento non è ancora avvenuto. Questa recensione di A Love Song For Latasha vuole esplorare e mettere a confronto il mondo di allora e il mondo di adesso: due contesti temporalmente distinti ma che condividono enormi problemi sociali.
Indice
- Fatti narrati
- L’America oggi
- L’arte incontra l’informazione
- Un documento struggente contro l’odio
- Sensibilizzazione nel cinema
I fatti narrati
Latasha Haines era una ragazza nel fiore dei suoi anni. Nonostante avesse vissuto sulla sua pelle il razzismo e la discriminazione, ciò non ledeva la sua felicità, resa forte dalle splendide persone da cui era circondata. Questa ragazza solare viveva la quotidianità con gioia, apprezzando anche i momenti più banali della sua semplice vita. Adorava mangiare il gelato con le amiche, andare al cinema e stare in famiglia. La serenità della famiglia venne distrutta nel 1985, quando la madre di Latasha morì con un colpo di pistola nel petto. La ragazza venne così cresciuta dalla nonna da quel momento in avanti.
Un pomeriggio Latasha si recò in un emporio per l’acquisto di un succo d’arancia. Pensando che la giovane fosse intenzionata a rubare la bevanda, la cassiera le sparò un colpo di pistola, uccidendola sul colpo. Il corpo accasciato a terra dell’innocente reggeva ancora nelle mani i dollari per pagare ciò che aveva preso. La cassiera se la cavò con un’ammenda e poco più. Tutto ciò contribuì al divampare delle proteste di Los Angeles del 1992.
L’America oggi – A Love Song for Latasha, recensione
Durante il XX secolo, fino anche ai giorni nostri, la posizione delle minoranze etniche nella società occidentale è sensibilmente migliorata. Il culmine dell’integrazione, si potrebbe pensare, è stato raggiunto nel 2008 con l’elezione di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti. Purtroppo il razzismo, la discriminazione e l’odio continuano a serpeggiare nel mondo, sotto gli occhi di tutti. Le persone sembrano fingere di non vedere la violenza e la crudeltà con cui popoli più deboli vengono estraniati per motivi futili e superficiali come colore della pelle o religione.
L’assassinio di George Floyd ha risvegliato un popolo sopito che, come colpito da uno schiaffo, ha capito che l’integrazione è un fenomeno che non può più aspettare e deve avvenire adesso. Dall’America le proteste si sono diffuse ed hanno raggiunto il resto del mondo, compresa la nostra Italia. Proteste di questo tipo hanno preso piede diverse volte nello scorso secolo: 1992 e anni ’60 sono stati due degli scenari più celebri. Tre periodi completamente diversi, ma attanagliati dallo stesso ricorrente problema: l’odio.
L’arte incontra l’informazione – A Love Song for Latasha, recensione
Per quanto questo sia un documentario e abbia un intento divulgativo, la regista Sophia Nahli Allison decide di incidere sulla pellicola la propria impronta artistica. I fatti vengono snocciolati dal punto di vista di due delle migliori amiche di Latasha: Ty e Shinese. Le due ragazze, ormai diventate adulte, ci accompagnano all’interno dell’animo di quella ragazza solare che ebbe un ruolo centrale durante la loro adolescenza. Il punto di vista esterno a quello della vittima, rappresentato da due figure centrali nella vita di Latasha, ma assenti durante l’omicidio, rende a tratti difficile la comprensione. Sul finale la produzione ha riassunto l’accaduto in uno scritto di qualche decina di righe, quasi a sottolineare la difficoltà di base facilmente riscontrabile nel capire i fatti dettagliatamente.
Le parole delle due donne fanno da colonna sonora ad eventi messi in scena in tecnica mista: l’animazione descrive le sequenze più crude, mentre il resto del documentario è recitato da un manipolo di attori e attrici.
La Allison mette in in risalto la quotidianità e la semplicità dei gesti, enfatizzando la gioia di vivere della vittima. Un espediente delle volte stucchevole e virtuoso che non trova particolare utilità nello sviluppo del documentario. La faziosità della regista troppe volte si rende protagonista. Emerge egocentrismo da parte dell’autrice, a discapito di una narrazione fluida e chiara. Discutibile la decisione di montare alcune scene a ritroso, quasi a voler sottolineare la volontà delle narratrici di ripercorrere il passato e magari impedire il tragico evento.
Un documento struggente contro l’odio
Il documentario cerca troppo palesemente l’emozione facile. L’accento è posto soprattutto sul comunicare la tragicità degli eventi più che sulla ricostruzione. Una buona parte dei 19 minuti dell’opera è investita nel definire i rapporti che le narratrici instaurarono con Latasha. Quest’idea di partenza ha generato un documento storico che sacrifica chiarezza, in favore di espedienti artistici e descrittivi che suscitino empatia nello spettatore. Al termine della visione è inevitabile provare grande disprezzo verso i lati oscuri della società di allora e moderna, ma si rimane seccati dalle poche informazioni che si riesce a carpire. L’opera si avvale di una fortissima metafora per sottolineare l’assurdità degli eventi. Latasha venne uccisa per un succo d’arancia del valore di poco più di 1 dollaro.
La vita della giovane ragazza vale così poco? Il razzismo è così forte negli Stati Uniti e nel mondo da attribuire un valore così modesto alla vita di una persona? Un paragone che analizza solo superficialmente la situazione, non indagando le intenzioni, per quanto folli, e il background dell’assassina. La critica alle istituzioni è invece più convincente. La commessa che uccise Latasha se la cavò con una semplice multa e una condanna ai servizi sociali. La giustizia, cioè l’istituzione, contribuisce alla discriminazione e il razzismo; ancora oggi queste idee malsane e obsolete faticano ad allontanarsi da chi dovrebbe garantire la tutela delle minoranze e dei più deboli.
Sensibilizzazione nel cinema – A Love Song for Latasha, recensione
Il cinema è storicamente un potentissimo vettore di messaggi sociali. Registi come Spike Lee hanno infuso le proprie opere di immagini e fatti volti alla sensibilizzazione della società rispetto a temi contemporanei. Il regista di BlacKkKlansman combatte il razzismo e la discriminazione per mezzo dell’arte che l’ha reso celebre. Lee ha spesso punzecchiato Tarantino a causa dell’abuso di parole offensive verso il popolo nero all’interno dei propri film. Ma anche l’autore di “C’era una Volta a… Hollywood” ha sfruttato il cinema per sensibilizzare sul tema. Django Unchained nel 2012 condannò pesantemente lo schiavismo a sfondo razziale, con una rappresentazione degli Stati uniti di inizio ‘900.
Questi sono solamente due esempi illustri di come il cinema sia uno strumento fondamentale per la presa di coscienza da parte della società. I documentari sono un mezzo sicuramente più diretto, ma che si avvale meno dell’espediente artistico per coinvolgere lo spettatore. Sophia Nahli Allison ha sperimentato un metodo d’avanguardia per imbastire un documento storico di intrattenimento, ottenendo un buono ma non perfetto risultato. La recensione di A Love Song for Latasha non può sicuramente non essere positiva. Il documentario è di pregevole fattura, ma in futuro si dovrebbe prestare più attenzione alla chiarezza con cui si raccontano i fatti.
A Love Song for Latasha
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Importante documentario su un avvenimento storico poco conosciuto
- Espedienti artistici di pregio, anche se stucchevoli
Lati negativi
- Eccessivamente criptico
- Sbrigativo nel descrivere gli avvenimenti