Euphoria: recensione del secondo episodio speciale su Jules
Diamo un'occhiata più da vicino al personaggio di Jules, interpretato da Hunter Schafer
Si è fatto un gran parlare di Euphoria, ragionevolmente: la serie prodotta da HBO rimane una delle rappresentazioni più originali e accurate sulla dipendenza da droghe e sul disagio adolescenziale. F*uck Anyone Who’s Not A Sea Blob non fa eccezione. In questo articolo la recensione del secondo episodio speciale di Euphoria, incentrato sul personaggio di Jules. L’interprete di quest’ultima, Hunter Schafer, ha partecipato alla scrittura dell’episodio insieme a Sam Levinson. Questo si nota soprattutto quando la trama va a focalizzarsi sul significato dell’essere una persona transgender, e da maggior respiro alla trama. Al netto di alcuni difetti, è un episodio migliore del precedente Trouble Don’t Last Always. Se quest’ultimo poi si componeva di un lungo dialogo riguardo la dipendenza di Rue, questa seconda parte si svolge durante una seduta terapeutica (Jules è paziente di una psicologa, per la prima volta).
La trama inizia con un breve montage di quanto accaduto nella prima stagione, che si riflette sull’occhio di Jules. Comprendiamo che l’episodio racconta gli eventi subito dopo la sua partenza per New York. Il personaggio di Hunter Schafer si trova nello studio di una psicoterapeuta, e afferma di non voler parlare dei suddetti fatti. Si lancia invece in una interessante confessione riguardo la sua identità di transgender. Nella fattispecie, Jules afferma di voler interrompere gli ormoni blockers, cioè quelli che frenano il suo sviluppo maschile. Per lei essere transgender ha significato (tra le varie cose, come vedremo più avanti), essere conquistata dalla femminilità, e non un conquistare la femminilità in senso attivo. La sua opinione infatti è che l’identità femminile sia in gran parte costruita secondo il desiderio maschile, e quindi manchi d’indipendenza. In questo e altri racconti, Jules verrà ascoltata da una terapeuta attenta e disponibile.
Indice
La regia – Euphoria, la recensione del secondo episodio speciale
F*uck Anyone Who’s Not A Sea Blob, come la prima parte Trouble Don’t Last Always, tratta di una close-up sui personaggi protagonisti, Jules e Rue. Il tono introspettivo che troviamo in entrambi gli episodi è qui però smorzato da una regia che oscilla frequentemente tra presente e passato, con l’uso massivo di flashback. Una soluzione che può non piacere, perché invece di guardare più da vicino al personaggio, si concentra nel far combaciare le varie sottotrame legate alla prima stagione. Questo può essere utile quando si scrive un secondo segmento della storia, ma risulta a volte un po’ dispersivo se si tratta di un episodio speciale. Bisogna ammettere che Sam Levinson fa un ottimo lavoro di regia, e per la maggior parte questi flashback risultano ben orchestrati. Anzi, la bellezza delle scene (quelle in cui Jules fa sexting e nuota nell’oceano, su tutte), fa dimenticare totalmente la dispersione narrativa.
Strettamente collegata al piano registico è la colonna sonora, che in questa produzione rasenta la perfezione. Abbiamo una canzone originale composta da Billie Eilish e Rosalìa, una collaborazione attesissima. Ci sono poi tre pezzi di Van den Budenmayer, pseudonimo del compositore polacco Zbigniew Preisner. Si tratta di tre brani di musica sacra, con sezioni di flauto traverso, che rendono appassionanti e pregne di lirismo le scene chiave. Questi pezzi vennero originariamente scelti per il film del 1991 di Krzysztof Kieślowski, La doppia vita di Veronica. Inoltre all’inizio dell’episodio, mentre vediamo le immagini della prima stagione riflesse nell’occhio di Jules, c’è Liability di Lorde. Un pezzo quanto mai azzeccato, qui a rappresentare la crisi d’identità di Jules e il suo desiderio di possedere la femminilità. La stessa Hunter Schafer ha affermato in un’intervista che il processo creativo della scrittura dell’episodio è stato parallelo alla scelta della colonna sonora.
Essere come l’oceano – Euphoria, la recensione del secondo episodio speciale
L’episodio si concentra nella sua parte iniziale sul significato dell’affrontare la pubertà da parte di una persona che transita da un genere all’altro. Hunter Schafer, che in America è un’attivista dei diritti lgbt, fece notizia per la sua presa di posizione, nel 2016, per l’abrogazione della legge che obbligava le persone a usare i servizi pubblici in base al proprio sesso di nascita. Capiamo quindi quanto sia importante il suo contributo nella delineazione del personaggio di Jules. Quest’ultima afferma che la femminilità è un costrutto, creato in base al desiderio maschile. Inoltre racconta di quanto spesso si senta giudicata dalle altre donne. Queste infatti si approcciano a lei e la valutano in base a quanto si avvicini all’idea che hanno della femminilità. Che questo possa essere solo una proiezione della sua visione sulle altre donne, non però viene suggerito dalla terapeuta.
Molto spesso infatti ciò che crediamo gli altri giudichino, è invece solamente il metro di giudizio che usiamo su noi stessi. Una simile interpretazione dovrebbe essere difesa dalla terapeuta, almeno per concedere a Jules il beneficio del dubbio. La scelta operata qui invece vede la psicologa posizionarsi come semplice ascoltatrice. Jules paragona quindi il suo essere transgender a una condizione spirituale. Essere donna è diverso da un inspessimento, o un allargamento, concetti da lei associati alla pubertà. Essere donna somiglia di più all’oceano, che è vasto e fitto. Lo stesso oceano in cui era solita immergersi da bambina, e al quale riconduce la sua idea di femminilità (anche se oceano in italiano è maschile, in inglese non lo è, o almeno non per Jules). Infine, il suo voler essere come l’oceano, in perenne movimento, è il motivo principale che l’ha condotta a New York (oltre ad altri che non riveliamo).
Arrivando verso la conclusione della recensione del secondo episodio speciale di Euphoria (F*uck Anyone Who’s Not A Sea Blob), riprendiamo un altro aspetto degno di nota. Quando Jules prosegue nel racconto, fa riferimento alle storie che ha vissuto online, e al sexting. Un elemento che si vede non così spesso in tv, ma fondamentale per comprendere le vite degli adolescenti di oggi. Se i millennials sono cresciuti con una versione beta di quello che è oggi internet, i vari zoomer, e gli adolescenti odierni sono letteralmente nati nell’esplosione dei social network. Raramente come in questo tempo siamo stati così vicini, e contemporaneamente così soli. Le relazioni che Jules intraprende, sono belle perché non sono reali. O almeno, sono reali nella sua fantasia. In un secondo momento la protagonista si renderà conto che ciò di cui parla non esiste, ed è terribile vedere nei suoi occhi il disincanto.
Infatti, l’interpretazione di Hunter Schafer è quanto mai in parte. Fa quasi paura quando il suo personaggio racconta che il sesso migliore della sua vita è stato online. Un aspetto trasognato e inquietante, che fa virare il sentiero narrativo verso territori “sgradevoli” che inducono comunque alla riflessione. È facile comprendere però come a volte la ruvidezza debba essere necessaria a un racconto sincero. Si tratta di trovare una mediazione, che a volte durante la visione sembra mancare, o almeno riuscire mai del tutto. Sicuramente questi episodi hanno un indubbio valore artistico e destano scalpore per la loro onestà. In definitiva, dei degni apripista della seconda stagione, che secondo alcune indiscrezioni, inizierà le riprese nel marzo di quest’anno. Si dovrebbe avere una conclusione nei mesi estivi, per un’uscita in autunno. La curiosità, per Euphoria, rimane sempre alta.
Euphoria
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Regia all'avanguardia
- Colonna sonora azzeccata
Lati negativi
- Narrazione a tratti troppo cruda