Il caso Pantani: recensione del film disponibile su Prime Video
L'amara parabola discendente di un campione del ciclismo, tra accuse infamanti e abuso di droga
È il 5 giugno del 1999 quando, a Madonna di Campiglio, Marco Pantani viene escluso dal Giro d’Italia perché le sue analisi rivelano un eccesso di ematocrito nel sangue. Da quel momento ha inizio la parabola discendente del grande campione del ciclismo, che morirà in misteriose circostanze il 14 febbraio del 2004. Il lasso di tempo che va da un evento all’altro è il fulcro de Il caso Pantani, film di cui vi proponiamo la recensione. Il sottotitolo di questo docudrama – L’omicidio di un campione – rivela la posizione assunta dal regista Domenico Ciolfi; benché infatti ancora oggi siano ignote le circostanze della morte di Pantani, il film sposa l’ipotesi dell’omicidio premeditato. È chiaro fin da subito l’intento del film: celebrare un personaggio la cui dignità è stata vituperata quando egli era ancora in vita.
Il caso Pantani è un tributo a un campione sfibrato da coloro che, all’apice della sua carrera, gli si sono fatti intorno come avvoltoi; che hanno corroborato il suo senso di solitudine sia con le loro pressioni, sia col loro menefreghismo. Sullo schermo, tre attori si passano di continuo il testimone per interpretare il ruolo di Pantani: Brenno Placido, il campione nel periodo aureo, Marco Palvetti, il giovane che assiste al proprio declino, e Fabrizio Rongione, l’uomo prosciugato che va incontro alla morte. Con loro nel cast ci sono Libero De Rienzo, Francesco Pannofino, Giobbe Covatta, Emanuela Rossi e Domenico Centamore. Ma cerchiamo di individuare punti di forza e punti deboli del film nella nostra recensione de Il caso Pantani, disponibile su Prime Video.
Indice
Un uomo sfibrato – Il caso Pantani recensione
All’inizio del film, leggiamo un’avvertenza: “La presente opera cinematografica costituisce un’opera artistica e non un documentario. Seppur collocata nel contesto di fatto realmente accaduti, la vicenda narrata è il frutto della fantasia degli autori”. Sappiamo dunque fin da subito che la pellicola non ha lo scopo di ricostruire fedelmente la vicenda Pantani, ma di raccontarne la parabola discendente e al contempo di celebrarlo. È così che Pantani diventa quasi un martire, un giovane infelice e forse troppo debole per rimettersi in piedi da solo. Un uomo scomparso a soli 34 anni, in un momento in cui la dipendenza da stupefacenti ne aveva prosciugato le energie e fiaccato la capacità di chiedere aiuto.
Nel film, Marco sembra chiedere aiuto di continuo: alla madre, alla fidanzata, al miglior amico, ai suoi collaboratori. Le sue richieste sono destinate a rimanere inascoltate, perché Pantani non è più capace di comunicare. Flussi di parole che gli tornano indietro e un vuoto immenso intorno a lui; un vuoto riempito da tutto ciò che a lui non serve più. Dopo quasi cinque anni di sospetti, di cadute e di vani tentativi di risalire la china, Marco muore nella stanza di un residence a Rimini; a causarne la morte è un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un’overdose di cocaina. Secondo una perizia effettuata in un secondo momento, Marco quella mattina avrebbe assunto una massiccia dose di psicofarmaci.
Il caos Pantani – Il caso Pantani recensione
Cominciamo col dire che Il caso Pantani è un film debole da vari punti di vista. La sceneggiatura è il caos assoluto: tre assi temporali che si compenetrano di continuo, senza lasciare allo spettatore il tempo di mettere a fuoco il gioco di contrasti che si vorrebbe creare. Ogni salto temporale viene sottolineato da una didascalia in sovrimpressione, che suggerisce data, orario e luogo di ambientazione della scena, con in sottofondo il suono – a tratti urticante – delle dita sulla tastiera. Scelta superflua e snervante, che tenta di dare un taglio documentaristico a un film che del documentario non ha nulla – fatta eccezione per qualche filmato di repertorio e per l’audio originale di un’intercettazione. Il caso Pantani è un ibrido molto fiacco, che non informa esaustivamente ma non regala neanche un Pantani inedito. Il regista tenta faticosamente di creare delle suggestioni, ma il risultato è pretenzioso e insoddisfacente.
Il protagonista ha il volto di tre attori diversi, ma nessuna delle tre performance soddisfa pienamente. Marco Palvetti è il più centrato, ma ciononostante non riesce a restituire un’interpretazione sfaccettata del ciclista. La scelta di “spaccare” il protagonista in tre risulta anch’essa superflua, perché manca la volontà di affidare a ognuno dei tre attori un Pantani diverso. I tre si confondono l’uno con l’altro. Oltretutto, il film non è solo confusionario, ma procede anche a una lentezza estenuante. Il montaggio non riesce a dare il giusto ritmo a una pellicola che si appiattisce sotto il peso delle sue pretese. I dialoghi sono per lo più descrittivi, irrealistici, ripetitivi e un po’ vuoti. I personaggi indugiano sempre sui soliti argomenti: la solitudine di Pantani, il cinismo di un mondo brutto e cattivo.
Tutto poco credibile – Il caso Pantani recensione
Le voci fuoricampo, sebbene utili a focalizzare certi aspetti della vicenda, risultano spesso invasive e spezzano l’atmosfera di alcune sequenze. La fotografia prova a creare dei contrasti tra un piano temporale e l’altro: sottotono caldo per la prima fase, colori accesi saturi per la seconda, tonalità fredde e bluastre per l’ultimo giorno di vita di Pantani. Ma anche questa tripartizione è pleonastica, considerando che ogni salto cronologico viene segnalato dalle didascalie. In alcuni passaggi, la regia è così pomposa e altisonante da risultare parodistica; la sequenza in cui il ciclista fa l’esame del sangue a Madonna di Campiglio è uno dei momenti meno credibili di tutto il film. Altro punto debole è il cast che, al di là di qualche eccezione, è molto deludente.
In particolar modo, a regalare performance insoddisfacenti sono i tanti attori secondari. Interpretazioni artificiose, movimenti innaturali, inflessioni dialettali stentate: un mix dai toni macchiettistici. Avviandoci alla conclusione della nostra recensione de Il caso Pantani, non possiamo esimerci dal bocciare questo film. Una pellicola che si distingue solo per la colonna sonora, e per le ottime interpretazioni di Libero De Rienzo e di Francesco Pannofino. Il caso Pantani prova a celebrare la vita di un giovane campione sfortunato, ma usa un linguaggio sterile, didascalico e frammentario. Molte scelte registiche sono ridondanti; in più, come già sottolineato, i dialoghi sono fiacchi e ripetitivi e la maggior parte degli attori secondati dimostra di essere fuori forma. Il caso Pantani non racconta nulla di nuovo sulla vicenda, non riesce a emozionare e, di conseguenza, è un’occasione mancata.
Il caso Pantani
voto - 4.5
4.5
Lati positivi
- La colonna sonora
- Le interpretazioni di Libero De Rienzo e Francesco Pannofino
Lati negativi
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- I continui salti temporali, sottolineati dalle didascalie in sovrimpressione, rendono il film inutilmente caotico
- Nonostante i bruschi passaggi da una situazione a un'altra, il film non ha ritmo
- Molti dialoghi sono descrittivi, un po' vuoti e artificiosi
- Al di là di poche eccezione, il cast è fuori forma. In particolar modo gli attori secondari regalano performance artefatte