“The Void”: un ritorno all’horror anni ’80 – La Recensione
Nelle sale italiane, tra un cinepanettone e un kolossal per tutta la famiglia, è presente anche il piccolo film horror “The Void“. Un omaggio esplicito e compiaciuto all’estetica anni ’80 che tanto va di moda adesso e al lavoro di molti grandi registi. Ma sarà un prodotto capace di reggersi sulle sue gambe? Scopriamolo nella nostra recensione!
L’inferno sulla Terra (di nuovo)
“The Void” parte in medias res e la cosa è sempre piacevole se ben sfruttata. Un giovane sceriffo (Aaron Poole) salva un ragazzo disperso nei boschi in stato di choc e lo porta all’ospedale della piccola cittadina in cui vivono. Qui, però, le cose si complicano per la presenza di inquietanti cultisti con un look alla Ku Klux Klan che circondano l’edificio e uccidono chiunque cerchi di uscire. Non che le cose siano migliori fra le mura dell’ospedale dove, tra scoppi di follia e trasformazioni, le persone asserragliate scopriranno che nei sotterranei sembra si stia spalancando una porta verso un regno di pura malvagità.
Il film è scritto e diretto da Jeremy Gillespie & Steven Kostanski, una coppia dal notevole curriculum di carattere “tecnico”. Hanno ricoperto quasi ogni ruolo sul set di film altrui con una attenzione specifica verso trucco ed effetti speciali (tra i loro credits anche l’ultimo It e Suicide Squad che ha vinto un Oscar proprio in quella categoria). Questo è un dettaglio che traspare immediatamente nel loro “The Void” dove gli effetti visivi in CGI sono inesistenti e il vecchio trucco prostetico la fa da padrone.
Se c’è una cosa che colpisce nel film è senza dubbio la cura nel comparto dell’effettistica. Sangue, interiora, creature mostruose…tutto è costruito direttamente sul set senza scorciatoie in digitale. Trattandosi di un film a basso budget partito grazie a una campagna di crowdfunding su Indiegogo è ammirevole e qusi romantico che buona parte del budget sia finita nel reparto trucco! Un horror non può funzionare se la minaccia risulta poco credibile ed evidentemente i due registi lo sanno.
Dove ho già visto tutto questo?
Questa scelta stilistica pone il fianco a quello che sembra il vero obiettivo della coppia Gillespie/Kostanksy: omaggiare i classici dell’horror. Da Romero (citato esplicitamente da un paziente che guarda “La Notte dei Morti Viventi” in TV) al Carpenter de “Il Signore del Male” passando persino per Cronenberg la strizzata d’occhio è perenne. Contribuiscono la livida fotografia e la concentrazione dell’azione in un’unica location senza dimenticare l’innata antipatia di (quasi) tutti i personaggi.
L’intero setting è così radicato nell’immaginario del passato da ignorare volutamente alcuni elementi che potrebbero “spezzare la magia”. Nonostante la storia non sia ambientata negli anni ’80 non c’è un personaggio che sia dotato di telefono cellulare! Tutto rimanda al passato, dai film in Tv fino al vestiario, ma non viene mai esplicitato che si tratti di una storia ambientata decenni fa (infatti non lo è).
Eppure “The Void“, nonostante i riferimenti importanti, non riesce a raggiungere un livello qualitativo sufficiente. L’accumulo insistito di citazioni e omaggi è quasi sempre fine a se stesso, senza una rielaborazione personale. Tutto scorre via con quella sgradevole sensazione di “Dove l’ho già visto questo?” e senza fornire nuovi approcci a temi già ampiamente sfuttati da Maestri del genere.
Meno mostri e più storia la prossima volta!
Indipendentemente dal citazionismo fine a se stesso è la sceneggiatura il vero problema del film. Gillespie e Kostansky sono tanto bravi nella costruzione dell’ambientazione e nell’insistere sulla “fisicità” della minaccia quanto sono carenti nella costruzione dell’intreccio. La storia sembra avvitarsi intorno ai cliché che inserisce orgogliosamente ma, così facendo, perde di vista caratterizzazioni e struttura narrativa. Nessuno dei personaggi (complice un cast anonimo) risulta degno di interesse e questo è un errore grave sul fronte dell’immedesimazione. L’intera trama, inoltre, soffoca nel desiderio citazionista e la sua logica interna ne risente. Sembra quasi che il film proceda per accumulo mescolando thriller, horror, torture porn, satanismo per poi non riuscire a trovare una quadra tra tutti i fattori.
A farne le spese è la memorabilità di “The Void” stesso che, schiacciato tra desiderio di omaggiare e l’inconsistenza/inesperienza sul fronte narrativo dei suoi autori, finisce per essere rapidamente dimenticato. Piacerà ai nostalgici e agli amanti dello splatter senza complicazioni, questo è sicuro. Peccato che, sul finale, i registi azzardino un accenno di “Continua alla prossima puntata” che, onestamente, non ci sentiamo di condividere.
The Void
Rating - 5
5
The Good
- Efficace utilizzo degli effetti prostetici al posto della CGI
The Bad
- Sceneggiatura confusionaria
- Accumulo di citazioni privo di rielaborazione personale