Apples: recensione del film di Christos Nikou presentato a Venezia 77
Si dice che le mele facciano bene alla memoria, ma nonostante ciò nessuno le compra
Nonostante la chiusura delle sale, il cinema non si è mai fermato grazie a piattaforme streaming ed on demand. Sulla piattaforma MioCinema è finalmente disponibile Apples, di cui vi proponiamo la recensione. Presentato al festival cinematografico di Venezia, è la pellicola d’esordio del regista greco Christos Nikou, già assistente del celebre Yorgos Lanthimos per Dogtooth e La Favorita. La pellicola presenta un mondo in cui una misteriosa pandemia azzera la memoria delle persone. L’idea del progetto è venuta al regista anni fa, in seguito alla scomparsa del padre; questo evento così doloroso ha spinto Nikou a ragionare sul concetto di memoria, e su quanto le persone arrivino a dimenticare in fretta anche le cose più importanti.
In un periodo come quello che stiamo vivendo, Apples ritrae un mondo in cui ammalarsi significa dimenticare tutto e restare soli. L’isolamento è un tema stranamente attuale e, per superare questa condizione i personaggi, intraprendono programmi per la creazione di identità. La pellicola gioca con il concetto di memoria proponendo la storia di un malato, Aris, e del suo tentativo di “tornare al mondo”. Attraverso una regia sobria ed equilibrata, Nikou inscena il percorso emotivo di un uomo alla riscoperta di sé stesso in un film intenso e toccante.
Indice
Trama: amnesia globale – Apples, la recensione
Un giorno Aris scende di casa, prende il pullman e si addormenta. Al suo risveglio non ha più un singolo ricordo di quella che era la sua vita. Dopo essere stato soccorso dall’ambulanza, l’uomo riscopre l’esistenza di una misteriosa pandemia che causa amnesia alle persone. In attesa che qualche parente, amico o conoscente lo venga a prendere, e privo di documenti che possano identificarlo, Aris trascorre il tempo in una sorta di ritrovo per persone come lui. Quest’uomo solo e inconsapevole di come sia il mondo decide di iniziare un programma di recupero che aiuta i pazienti non reclamati a costruire una personalità e una nuova identità.
Il programma prevede dei compiti che verranno inviati sotto forma di audiocassette all’appartamento assegnato. Ogni cassetta indica al paziente quale azione compiere e in che modo; successivamente, ognuno dovrà fotografare il momento con una polaroid inserendo i nuovi ricordi in un album. Azioni semplici come andare in bicicletta o vedere un film al cinema sono sconosciute al protagonista e diventano esperienze nuove da vivere e registrare. Durante questo lungo percorso Aris dovrà provare la gioia, la tristezza, l’eccitazione e il dolore in un viaggio guidato in un turbinio di sensazioni inedite.
Nessuno compra le mele – Apples, la recensione
Perdere la memoria significa azzerare tutto, cancellare la propria vita. Il protagonista di questo film è un uomo ormai rimasto solo e allo stesso tempo rinato, poiché l’amnesia ha cancellato il suo passato. Resettare il cervello permette quindi di ricominciare da zero e riscoprire il mondo con la consapevolezza di un neonato. Apples è un viaggio alla riscoperta della vita, un paradossale percorso che porta l’uomo a rivivere il mondo per la prima volta. A questo proposito, dobbiamo citare Freud; lo psicanalista, infatti, trovava nella rimozione di ricordi come un meccanismo inconscio di difesa; una via di fuga che proteggeva l’individuo dal confronto con un’esistenza dolorosa.
La pandemia improvvisa che attacca la memoria delle persone si fa così specchio di una società che preferisce dimenticare, piuttosto che affrontare la realtà. Da tempo ormai siamo a conoscenza degli incredibili danni che l’inquinamento globale causa al pianeta, eppure per anni si è preferito ignorare o dimenticare il problema, piuttosto che agire in maniera concreta. In una scena del film, un venditore fa notare ad Aris che le mele fanno bene alla memoria eppure, stranamente, nessuno le compra: Apples ci mostra quanto la memoria possa essere ingannevole. L’iniziale sensazione di sconforto data da un’esistenza priva di radici si trasforma in un atto di rinascita. Ma a quale prezzo?
So di non sapere – Apples, la recensione
Sin dall’inizio del film siamo scaraventati nel mondo di Aris. La pellicola non infatti ha un’introduzione o un prologo che contestualizzi la storia. Allo stesso modo di Aris, quasi come conseguenza di un’amnesia, lo spettatore non ha ben chiaro cosa stia accadendo e non può far altro che andare avanti e scoprire cosa lo attende. Questa sensazione di ignoranza è poi amplificata dal contesto in cui si muovono i personaggi. Il mondo di Apples non si caratterizza per astruse tecnologie o inspiegabili catastrofi, e sembra essere uguale al nostro in tutto e per tutto. Eppure, in qualche modo, ciò che vediamo ci dà l’impressione di una realtà distopica, in cui qualcosa è andato storto.
Tutto ciò che circonda Aris appare come il prodotto di un fallimento. Le persone sono chiuse nella loro individualità, le strade prive di vita e gli abiti privi di colore. La pandemia non ha colpito tutti, eppure, tutti sembrano essersi dimenticati cosa significhi vivere. La tetra prospettiva del protagonista si ripercuote così sull’ambiente circostante, che rispecchia la sensazione di vuoto provata da Aris. Ma quanto di ciò che vediamo è filtrato dai suoi occhi? In questo modo la costante ambiguità che pervade la pellicola non solo conferisce maggiore attrattiva alla storia, ma porta lo spettatore a riflettere ed interrogarsi costantemente sul reale significato di ciò che si sta guardando.
Imperturbabile apatia
Il percorso di Aris per la creazione di una nuova personalità appare difficile e piuttosto solitario. Il protagonista fatica a relazionarsi con le altre persone e sembra impossibile smuoverlo dalla sua apatia. La regia predilige così inquadrature fisse e pochi movimenti di macchina, amplificando la sensazione di straniamento che caratterizza il personaggio. Le numerose riprese ravvicinate, inoltre, sembrano voler indagare la psiche di un uomo apparentemente imperturbabile. Le scenografie sono spoglie: mensole prive di oggetti, case con arredi minimalisti e prive di colore. Il mondo in cui vive Aris appare pieno di spazi vuoti, riflesso di una personalità non ancora sviluppata. Ad accompagnarlo nelle sue “esperienze programmate” c’è la Polaroid. Piuttosto che un dispositivo digitale che trasforma le foto in una serie di codici numerici, la macchina fotografica analogica imprime la luce del sole sulla pellicola e permette di concretizzare il concetto di memoria.
Il film si presenta in formato 4:3, che ricorda il formato delle fotografie. Come avrete capito da questa recensione, Apples è un film totalmente incentrato sul suo protagonista; a interpretarlo è Aris Servetalis, che con una grande performance riesce a tenere sulle spalle l’intero film. Gli altri personaggi incontrati da Aris si limitano ad avere un ruolo di supporto e restano costantemente in secondo piano; la scelta di concentrare l’attenzione sul protagonista impedisce la caratterizzazione degli altri e questo è un punto debole del film. Pur con una durata contenuta (90 minuti) e un buon ritmo, Apples non è un film da guardare per spegnere il cervello. La scarsità di dialoghi e il risicato utilizzo di musiche a supporto di una storia incentrata su un singolo personaggio rendono il film meno scorrevole. Nonostante ciò, Apples si dimostra un buon esordio per il regista Nikou, che faremo bene a tenere d’occhio.
Apples
Voto - 7
7
Lati positivi
- Performance attoriale di Aris Servetalis
- Regia coinvolgente e immersiva
Lati negativi
- Storia interessante ma poco scorrevole