Zero: recensione della serie Netflix italiana di Antonio Dikele Distefano
Un ragazzo sempre ignorato da tutti scopre di avere il potere di diventare invisibile
I supereroi sono diventati ormai da tempo una vera e propria tendenza cinematografica. Dopo l’incredibile successo dei Marvel Studios un po’ tutti hanno iniziato a realizzare prodotti incentrati su di essi, dalle case di produzione alle piattaforme streaming. Anche in Italia c’è stato qualche tentativo come il celebrato Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e Il Ragazzo Invisibile di Gabriele Salvatores. Ed è proprio con quest’ultimo che Zero, la nuova serie italiana Netflix, ha qualcosa in comune. Il protagonista, Omar, ha infatti il potere di diventare invisibile a proprio piacimento e cercherà di sfruttare questa abilità per salvare il suo quartiere. In questo articolo vi proponiamo la recensione di Zero, serie prodotta dal colosso dello streaming ed ispirata al romanzo di Antonio Dikele Distefano.
Pubblicato nel 2018, Non ho mai avuto la mia età (questo il titolo del libro), racconta il percorso di crescita del suo scrittore dai 7 ai 18 anni. Per quanto la fonte d’ispirazione dello show resti il libro, si è deciso di prendere una strada diversa per Zero e raccontare un altro tipo di storia. Oltre al già menzionato Dikele, tra i creatori vi è anche lo sceneggiatore e fumettista Roberto Marchionni, in arte Menotti, che ha lavorato al già citato Lo chiamavano Jeeg Robot. Nonostante i numerosi ed invalidanti difetti, Zero si dimostra come un prodotto ambizioso e ricco di potenziali idee vincenti.
Indice
Trama: l’eroe del barrio – Zero, la recensione
Omar è un ragazzo qualunque che vive nella periferia di Milano. Il suo sogno è quello di andarsene di casa ed inseguire la carriera da fumettista. La passione per il disegno ed in particolare per i manga sono ciò che spinge il ragazzo a darsi da fare, riuscire a mettere da parte i soldi e partire. Omar consegna le pizze e per questo viene visto da tutti in modo superficiale, o per meglio dire, non viene visto affatto. Il ragazzo è ignorato e nessuno sembra davvero interessato a lui, quasi come fosse una nullità, uno zero. Un giorno però questa sua condizione si concretizza ed Omar scopre di poter diventare davvero invisibile. In concomitanza di questa scoperta conosce Sharif, Sara, Momo ed Inno; quattro ragazzi di colore che come lui cercano di darsi da fare per sopravvivere nel quartiere.
Il Barrio non è proprio il posto ideale in cui vivere e la periferia sembra essere un luogo dimenticato dallo Stato. Un posto invisibile come i suoi abitanti, in cui vige la legge del più forte. Stanchi di questi soprusi i quattro amici spingeranno Omar a vestire i panni di Zero e diventare l’eroe di cui il quartiere ha bisogno. Da qualche tempo le condizioni di vita nel Barrio sono diventate insostenibili e sembra che qualcuno stia manovrando i fili di questa crisi. Incapaci di accettare la sconfitta i ragazzi si uniranno per salvare il quartiere riaccendendo la speranza in tutti i suoi abitanti. Ma si sa, la vita di un eroe non è mai facile.
Un brano cantato fuori tempo – Zero, la recensione
Antonio Dikele Distefano non è soltanto uno scrittore ma anche direttore di Esse Magazine, rivista digitale dedicata alla musica e più in generale alla cultura urban italiana. Questo immaginario è infatti presente in Zero, che cerca di raccontare la vita dal punto di vista della strada, della periferia. La “strada” è uno dei concetti cardine ed identifica una condizione di vita ben precisa che si concretizza nella realtà vissuta da Omar. Il quartiere in cui abita il ragazzo è identificato infatti come quello in cui “ci sono i vandali e bruciano i motorini“, in cui la criminalità la fa da padrone e dove i ragazzi nascono senza futuro.
La volontà di riportare su schermo questo mondo influisce anche sul linguaggio dei ragazzi che, realisticamente, parlano in gergo. L’abuso di intercalari come “fra, “bro” e “zio”, riporta certamente a quel contesto ma non risulta sempre efficace, intaccando, paradossalmente, la credibilità di ciò che viene detto.
L’atmosfera è poi restituita anche dalla presenza di numerosi artisti della scena italiana come Gue Pequeno, Marracash, Emis Killa ed altri, i cui brani vanno a comporre la colonna sonora. Purtroppo però questi pezzi risultano talvolta fuori luogo. I testi incisivi e le melodie prevalgono sulla musicalità delle basi e la canzone assume più importanza dell’immagine trasformando la scena in una sorta di videoclip. Trascinati dalla musica il coinvolgimento è massimo, ma per i motivi sbagliati. Altre volte, invece, il tutto risulta troppo didascalico per via di testi direttamente associati al vissuto del protagonista. La passione del creatore per questo immaginario è ravvisabile in ogni scena di Zero; a partire dal contesto descritto fino alle movenze dei personaggi. La serie assume così un’identità ben marcata ma non riesce, purtroppo, ad amalgamare bene le due cose.
Un disegno sfocato – Zero, la recensione
Come anticipato nell’introduzione di questa recensione, uno dei creatori di Zero è il fumettista Menotti. Non a caso, infatti, la serie si avvale di una forte estetica fumettistica che abbraccia i personaggi e la storia raccontata. I personaggi sono spesso, volutamente, macchiettistici e stereotipati, quasi come se fossero appunto personaggi di finzione. Lo stesso Omar si identifica con un supereroe da lui disegnato e fa da narratore alla storia raccontandola dal suo punto di vista, un po’ come se gli stessimo leggendo i pensieri. Inoltre quando Zero si trasforma e diventa invisibile, tutto intorno a lui diventa bianco e nero ed inizia a sfumarsi fino ad assumere sempre più i tratti di un disegno. Come per l’immaginario urban, però, non tutto funziona a dovere. La recitazione degli attori non è infatti delle migliori e talvolta alcuni dialoghi risultano poco credibili, perdendo il loro valore.
La scelta di affidarsi ad un cast composto da attori perlopiù esordienti è molto coraggiosa ed ammirabile, ma va inesorabilmente ad inficiare la qualità finale del prodotto. Più in generale, i dialoghi non funzionano sempre e a volte risultano fin troppo retorici e macchinosi. Le frasi pronunciate dagli attori non scorrono naturalmente ed inevitabilmente la sospensione dell’incredulità viene meno. Pur non essendo delle stelle però, i giovani interpreti di questa serie si avvalgono di una forte chimica. Il gruppo formato da Omar, Sharif, Momo, Inno e Sara funziona bene ed ognuno di loro ha una caratterizzazione ben marcata. Purtroppo non vi è mai un vero approfondimento dei personaggi e la rapidissima introduzione dei ragazzi non ha aiutato; ciò nonostante le dinamiche del gruppo spingono lo spettatore ad empatizzare con loro e pur non conoscendoli ancora ci si affeziona in fretta.
Considerazioni finali
Zero è un interessante esperimento per il panorama seriale italiano e presenta numerosi spunti validi, pur mostrando il fianco più volte. Il problema principale è l’eccessiva rapidità con cui tutto accade. Sin dall’inizio della prima puntata la serie sembra avere fretta di andare avanti, va di corsa e non si prende il tempo di sviluppare e costruire una narrazione graduale. Il rapporto di Omar con Anna, così come quello con il gruppo, nasce troppo velocemente e per forza di cose in alcuni momenti appare tutto forzato. La breve durata degli episodi, intorno ai 20 minuti, impone una fretta innaturale e vista la portata della storia inevitabilmente qualcosa viene lasciato indietro. Sembrano mancare dei pezzi, dei raccordi logici che contestualizzino al meglio ciò che accade. Così, nel corso delle 8 puntate sorgono numerose incongruenze e passaggi che non verranno mai spiegati.
Ne risentono anche i personaggi, privi di sviluppo e introduzione, degli sconosciuti. D’altro canto, però, bisogna anche dire che l’estetica fumettistica e lo stile urban che la caratterizzano determinano sicuramente un elemento di fascino e se gestiti meglio potrebbero diventare il suo punto di forza. In conclusione, Zero è una serie ricca di idee e spunti interessanti che avrebbero meritato uno sviluppo maggiore e che quindi risente gravemente di quest’assenza. Nonostante i difetti ci sentiamo però, di promuovere il prodotto anche solo per la novità dell’idea proposta, in un panorama ormai ancorato sempre sugli stessi archetipi. Più che un giudizio finale il nostro è un voto d’incoraggiamento, nella speranza che un’ipotetica seconda stagione possa risollevare la serie.
Zero
Voto - 6
6
Lati positivi
- Estetica fumettistica ed atmosfera urban
- Il gruppo di protagonisti è ben caratterizzato ed ha una forte chimica
- Storia coinvolgente e con tanti spunti interessanti...
Lati negativi
- ...sviluppata con estrema fretta e superficialità
- Personaggi non sviluppati e privi di introduzione
- Forzature ed incongruenze non giustificate dalla trama