Il mostro della cripta: recensione della commedia horror di Daniele Misischia
Dopo il passaggio fuori concorso a Locarno arriva in sala Il mostro della cripta, horror comedy scritta dai Manetti Bros. e diretta da Daniele Misischia
Presentato l’11 agosto fuori concorso al Festival di Locarno, arriva in sala Il mostro della cripta, commedia horror diretta da Daniele Misischia di cui vi proponiamo la nostra recensione. A firmare la sceneggiatura ci sono i fratelli Marco e Antonio Manetti, attesissimi col prossimo Diabolik. Dopo diversi anni e vari tentativi di portare Il mostro della cripta sul grande schermo, i fratelli Manetti passano il progetto a Misischia, che torna a dirigere dopo lo zombie movie The End? L’inferno fuori. I Manetti rimangono coinvolti anche nel ruolo di produttori e confessano che questo, per loro, è un vero e proprio “film del cuore”. Un film ambientato a fine anni Ottanta, ricchissimo di citazioni e di passione, con premesse senz’altro interessanti. Prima di passare alla recensione vera e propria de Il mostro della cripta, vediamo la sinossi ufficiale.
È il 1988 e il giovane Giò (Tobia De Angelis), nerd poco più che adolescente, sfogliando l’ultimo numero del suo fumetto preferito “Squadra 666. Il Mostro della Cripta”, scritto e disegnato da uno dei suoi idoli, Diego Busirivici (Lillo Petrolo), si accorge di alcune analogie tra la storia raccontata in quelle pagine e gli atroci avvenimenti che stanno seminando morte e terrore nel paesino in cui vive. Un inquietante mistero condurrà Giò e il suo strampalato gruppo di amici in un’avventura fuori dal comune. Oltre a Tobia De Angelis e Lillo Petrolo fanno parte del cast anche Amanda Campana (Summertime 1 e 2), Nicola Branchini, Chiara Caselli e Giovanni Calcagno. Gli effetti speciali sono stati curati da uno dei maestri nostrani del settore, Sergio Stivaletti. Analizziamo pregi e difetti de Il mostro della cripta nella nostra recensione.
Indice:
- C’era una volta a Bobbio
- Mistero, nostalgia e citazioni: fra revival anni Ottanta e b-movie
- Conclusioni
C’era una volta a Bobbio – Il mostro della cripta, la recensione
Dopo un breve prologo ambientato a Roma, l’azione si sposta a Bobbio, cittadina della Val Trebbia che, in ottica cinefila, richiama subito il nome di Marco Bellocchio. In voice-over Giò ci spiega che Bobbio non è proprio un posto a misura di giovani; soprattutto, non è a misura di giovani cinefili appassionati di fumetti e film dell’orrore. E qui ci sono un paio di stoccate (bonarie, ma evidenti) al cinema italiano. La prima è un rimando allo stesso Bellocchio, che ha scoperto la passione per la regia nella piccola sala cinematografica del suo paese natale e che a Bobbio ha girato il suo primo film. Niente a che vedere con Giò, che nel comune piacentino sta girando un film dell’orrore e si lamenta che al cinema proiettino per mesi Nanni Moretti; ed ecco la seconda stoccata.
Bobbio è quindi la piccola realtà che sta stretta al giovane protagonista, come spesso accade in qualsivoglia forma di “romanzo di formazione”. Ma Bobbio è anche teatro di un cruento mistero, che Giò scopre tra le pagine del suo fumetto preferito: Squadra 666. L’ambientazione, ne Il mostro della cripta, è quindi componente fondamentale. Per il percorso di crescita dei ragazzi protagonisti e per lo svolgimento vero e proprio della trama horror. Giò che gira il suo film tra le stradine di paese con mezzi artigianali anni Ottanta e che scopre che Bobbio nasconde oscuri segreti (e un mostro) tra le mura della cripta e non solo. E proprio il legame a doppio filo tra la vicenda e il contesto (spazio-temporale) in cui si svolge è uno degli aspetti più interessanti de Il mostro della cripta.
Mistero, nostalgia e citazioni: fra revival anni Ottanta e b-movie
Come accennato in apertura della nostra recensione de Il mostro della cripta, le vicende del film si svolgono alla fine degli anni Ottanta. Marco e Antonio Manetti, rispettivamente classe 1968 e 1970, gettano nero su bianco le basi per una vera e propria “operazione nostalgia”. Misischia, classe 1985, centra il punto e confeziona un film che mescola horror e commedia; un revival anni Ottanta per atmosfere, musiche e fotografia con più di un’incursione (decisamente voluta) nel territorio dei b-movies. Nel primo atto del film si apprezzano un buon equilibrio tra le varie componenti del film e un ritmo sostenuto; la sceneggiatura, poi, si dipana ironica e incalzante creando le giuste premesse. Dalla seconda metà in poi lo script si infila in una parabola discendente, gira più volte a vuoto, perde coerenza e zoppica in maniera abbastanza vistosa.
Le istanze cinefile, letteralmente, si sprecano. Tutte evidentissime, dai poster alle pareti della camera di Giò alle citazioni vere e proprie. Il mostro della cripta è una dichiarazione d’amore genuina e ironica al cinema; ai film di genere e ai cult movies anni Ottanta. Lo stesso personaggio di Vanessa (Amanda Campana) è un tributo alle scream queens e alla figura della final girl, con macroscopici rimandi alle saghe di Venerdi 13, Halloween e Nightmare. La componente horror è portata avanti nel più classico dei modi. Il mistero da risolvere, l’orribile mostro che semina morte e terrore, un pizzico di folklore. Il tutto condito da generose dosi di gore che prendono forma attraverso la mano sapiente di Sergio Stivaletti. Un insieme che incuriosisce, coinvolge e riesce a intrattenere. Anche se 116 minuti di durata, soprattutto alla luce di un certo calo qualitativo nel secondo e terzo atto, si fanno sentire.
Conclusioni – Il mostro della cripta, la recensione
Il cast, nel suo complesso, fa il suo dovere e traspare come tutti gli attori si siano prestati al gioco con una buona dose di autoironia. Tobia De Angelis è più che credibile nella parte del nerd anni Ottanta e anche Amanda Campana sembra a suo agio nei panni della scream queen. Lillo Petrolo è decisamente il pezzo forte, solida spalla comica in un ruolo che gli calza a pennello. Sono proprio le battute recitate da Lillo a tenere in piedi la narrazione e dettare il ritmo quando la sceneggiatura inizia a zoppicare e il film risente di incongruenze e qualche lentezza. Oltre a ciò, il comico romano porta in scena il suo Diego Busirivici con una certa piacevole naturalezza. Naturalezza che a tratti manca agli altri attori, che calcano un po’ troppo la mano sul versante dell’artificio.
Avviandoci verso la conclusione della nostra recensione de Il mostro della cripta, ci sentiamo di consigliare il film di Daniele Misischia, pur alla luce di qualche difetto. Il mostro della cripta è un genuino tributo al cinema di genere, nonché alle atmosfere anni Ottanta così spesso riprese nelle produzioni contemporanee. Non tutto funziona e non sempre, ma il film scritto dai Manetti Bros. vale una serata al cinema. L’uscita in periodo vacanziero potrebbe rappresentare una penalizzazione a livello di botteghino. Un motivo in più per dare una possibilità a una commedia horror leggera e cinefila, che non si prende mai sul serio e che per questo, nel complesso, funziona.
Il mostro della cripta
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Un divertente e ironico omaggio al cinema di genere a metà fra commedia e horror, con effetti visivi curati da Sergio Stivaletti
- La prova del cast nel complesso funziona, con Lillo Petrolo che spicca nel ruolo del fumettista Diego Busirivici
Lati negativi
- La sceneggiatura zoppica nella seconda metà del film e 116 minuti sono troppi per questo tipo di storia