American Crime Story: Impeachment – Recensione della nuova stagione della serie FX
Lo show di Ryan Murphy torna con una terza stagione nella quale entriamo nello scandalo del Sexgate Clinton-Lewinsky
Ryan Murphy è ormai da tempo considerato il Re Mida della Hollywood televisiva e l’ultimo progetto da lui prodotto, l’American Crime Story Impeachment di cui si parlerà in questa recensione, lo conferma. La serie tv, ideata nel 2016 da Scott Alexander e Larry Karaszewski e giunta al terzo atto della sua indagine sui più celebri fatti di cronaca nera e casi giudiziari della storia moderna degli States (dopo la clamorosa Il caso O.J. Simpson e la deludente L’assassinio di Gianni Versace), rivolge adesso lo sguardo al Sexgate; il noto scandalo sessuale che vide coinvolto l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton, al suo secondo mandato, e una delle stagiste della Casa Bianca, Monica Lewinsky. Evento che portò all’Impeachment tra il 1998 e il 1999 e che scosse con fragore sia la politica che la società americana.
Non un delitto, come narrato in precedenza, ma gravi accuse di ostruzione alla giustizia e spergiuro, capaci di far traballare un Presidente degli Stati Uniti come mai prima d’allora. American Crime Story: Impeachment è scritta dalla drammaturga Sarah Burgess, che ha adattato per il piccolo schermo il libro del 1999 di Jeffrey Toobin dal titolo A Vast Conspiracy: The Real Story of the Sex Scandal That Nearly Brought Down a President. Nel cast di questa terza stagione spiccano i nomi di Sarah Paulson (che torna nella serie dopo il ruolo nella prima stagione), Beanie Feldstein (Lady Bird, La rivincita delle sfigate), Clive Owen (Closer, I figli degli uomini) e Annaleigh Ashford (Sex and the City, Bad Education). Di seguito la recensione di American Crime Story Impeachment, in onda in Italia sul canale satellitare FOX e in streaming su NOW.
Indice
Meno crimini, più scandali – American Crime Story Impeachment, la recensione
Tutte le stagioni di American Crime Story hanno in comune principalmente due aspetti e Impeachment non fa eccezione. C’è innanzitutto una costante vena comica di fondo, qualcosa di grottesco che anima ogni vicenda, come a voler render più drammatico ogni evento parodiandolo. Ciò viene enfatizzato anche grazie all’epoca storica che fa da sfondo a tutte e tre le storie narrate finora: gli anni Novanta. Un decennio sopra le righe, eccessivo e ricco di cambiamenti. Perfetto contenitore di alcune delle storie scandalistiche più interessanti dell’epoca contemporanea. Perché di vicende scandalistiche si tratta più che di crimini, al contrario di quello che il titolo vuole far passare. In questa terza storia è evidente più che mai il modo con il quale la serie vuole inquadrare certi avvenimenti. C’è un crimine dietro (gli omicidi delle prime due stagioni e ora il falso giuramento) ma ciò che c’è d’importante risiede nelle voci.
Voci dei protagonisti, degli avvocati, dei personaggi secondari coinvolti ma soprattutto di chi sta all’esterno e spesso deve ricostruire: la stampa e la popolazione “comune”. E il confronto qui è ancora più netto; quello tra il privato e il pubblico o tra ciò che tutti sanno (e spesso fanno finta di non conoscere) e ciò che invece è ignoto e dovrebbe restare tale. Impeachment, come prevedibile, è un prodotto, patinato – con i toni di una soap e di una copertina di un tabloid – e forse non del tutto interessato alla cronaca storica pedissequa (che forse è quasi meglio conoscere di partenza) ma riesce a fondere perfettamente a questo suo carattere delle osservazioni più che intelligenti sul potere, le relazioni e la società.
Il tempo del gioco
La commistione tra cronaca divulgativa – e in un certo senso didattica, con parallelismi tra ieri e oggi – e pura voglia di intrattenere funziona ottimamente. Impeachment non ha grandi momenti iconici, sequenze memorabili o sferzate capaci di scuotere lo spettatore. È innegabile. Però sorprendentemente, pur priva di picchi, riesce a mantenere alta l’attenzione e il coinvolgimento costante per tutte e dieci le puntate. Aspetto ancor più sorprendente se si pensa che gli eventi narrati sono da tempo di pubblico dominio. Sappiamo già cosa verrà raccontato ma il ritmo è talmente alto e gli elementi posti in gioco sono così interessanti da lasciarci trasportare con estrema facilità, indipendentemente da quale sarà la meta. Ciò accade soprattutto per merito della narrazione che, scomposta e frammentata grazie ai numerosi salti temporali, rende il flusso di informazioni, personaggi ed eventi più dinamico e interessante.
Se è vero che all’inizio può essere frustrante e spaesare, con il passare dei minuti la scrittura riesce a tracciare utili linee guida che aiutano l’orientamento e la fruizione. Non è difficile comprendere gli eventi e contestualizzarli; diventa più complesso, invece, chiedersi di volta in volta dove si andrà a parare, quale sia il vero obbiettivo e quali temi voglia approfondire. Impeachment ha infatti tra i pochi difetti quello di raccontare tutto, provare a farlo nel migliore dei modi ma non riuscire spesso a sintetizzarlo con equilibrio. La difficoltà viene dalla scelta di affacciarsi su una vicenda estremamente stratificata, ricca di sfaccettature e nella quale il manicheistico e sterile confronto buono-cattivo – inutile in una storia dalla quale nessuno ne esce bene – viene sovvertito dall’analisi di uno scacchiere nel quale le donne sembrano solo pedine in mano agli uomini; che siano presidenti, avvocati, padri, procuratori.
Una storia di donne – American Crime Story Impeachment, la recensione
Uno dei punti forti di Impeachment è la sua rappresentazione delle donne. Sono loro a rubare la scena, ad essere sempre il centro della storia anche a discapito di personaggi che ci si aspetterebbe centrali, come Bill Clinton o Ken Starr. Così le storie di Monica Lewinsky (una Beanie Feldstein in gran spolvero) ma soprattutto di Linda Tripp, diventano il nucleo dello show. Se della prima sappiamo parecchio (anche se forse non abbastanza), la scena viene letteralmente rubata dalla seconda. Linda Tripp, complice una straordinaria ed irriconoscibile Sarah Paulson, è la vera protagonista della serie; il personaggio più difficile da decifrare e quello con meno pregiudizi addosso, meno noto al grande pubblico e per questo forse con più appeal. Un personaggio controverso che diviene, a ben vedere viste le implicazioni nella storia, lo snodo dal quale passa ogni elemento drammaturgico.
Resta però un pizzico di delusione per l’esigua partecipazione di personaggi come la Ann Coulter di Cobie Smulders o la Hillary Clinton di Edie Falco. Frizzante al limite della parodia la prima, carismatica e importantissima per il personaggio di Bill, la seconda. A conclusione di questa recensione di American Crime Story Impeachment, è impossibile non sottolineare come, al netto di qualche inciampo di troppo qua è là, la serie riesca a portare a termine i suoi principali obbiettivi. Più debole della prima stagione ma sempre coinvolgente, Impeachment riesce molto bene ad appassionare, informare e soprattutto far ragionare. Perché da una parte il Sexgate, a distanza di un quarto di secolo, sembra non esser stato utile quanto avrebbe dovuto; dall’altra gli strumenti di potere e la comunicazione dei media, spaventosamente, non hanno cambiato il loro modus operandi.
American Crime Story: Impeachment
Voto - 7
7
Lati positivi
- Le ottime performance del cast attoriale
- Un ritmo altissimo che garantisce un coinvolgimento costante
- I salti temporali che ci lasciano indagare al meglio cause ed effetti di ciò che abbiamo visto
Lati negativi
- Alcuni personaggi secondari integrati poco nella narrazione e relegati a macchiette
- Il racconto sembra spesso intenzionato ad esporre quanto più possibile, non riuscendo inevitabilmente a integrare tutto