Il potere del cane: recensione del film di Jane Campion con Benedict Cumberbatch

Il film di Jane Campion, premiato a Venezia per la miglior regia, arriva finalmente su Netflix

Il western è uno dei generi cinematografici per eccellenza, che negli anni si è evoluto abbandonando antichi retaggi e aprendo le porte a nuove visioni autoriali. Arriva ora su Netflix (dopo un breve passaggio nelle sale cinematografiche) un western atipico, che ha segnato il ritorno dietro la macchina da presa di una grande regista. L’opera in questione è Il potere del cane, di cui vi presentiamo la recensione. Il film rappresenta il ritorno alla regia di un lungometraggio per Jane Campion; la prima donna vincitrice di una Palma d’Oro a Cannes (nel 1993 con Lezioni di piano) infatti era lontana dal grande schermo dal 2009 con Bright Star. Per questo grande ritorno la Campion ha deciso di adattare l’apprezzato romanzo di Thomas Savage del 1967. Presentato quest’anno alla Mostra del Cinema di Venezia, Il potere del cane è riuscito ad aggiudicarsi il Leone d’argento per la miglior regia

Al centro della storia c’è Phil Burbank, un rude proprietario di un grande ranch nel Montana che inizia a tormentare la nuova moglie del fratello e il figlio di lei. Diversi segreti nascosti ribalteranno però la situazione in un intricato gioco di potere e manipolazione. A interpretare i personaggi di questa vicenda c’è un quartetto talentuoso: Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee. Con tutti questi elementi, Il potere del cane si pone sulla scena cinematografica come un’opera originale e interessante. La mano di Jane Campion interviene per manipolare il genere western, creando quasi un thriller psicologico; inoltre carica i paesaggi e i personaggi che osserva di sensualità e ambiguità. Dopo il passaggio a Venezia, il film sarà senz’altro protagonista della prossima stagione dei premi. Nel frattempo è disponibile su Netflix a partire dal 1º dicembre. Di seguito il giudizio completo nella nostra recensione de Il potere del cane.

Indice

La trama

Montana, 1925. I fratelli Burbank gestiscono un grande ranch, il più importante e fruttuoso di un’intera contea. I due però sono estremamente agli antipodi, legati a diverse visioni di vita. Phil (Benedict Cumberbatch) è ancora legato ai “valori” del vecchio West, quello sporco e selvaggio; è un uomo brusco, solitario, autoritario, pronto a domare qualsiasi persona e qualsiasi elemento della natura. George (Jesse Plemons), invece, crede nel progresso e nell’evoluzione arrivata anche nel Far West; infatti porta abiti eleganti, guida un’automobile e frequenta gente altolocata. Il rapporto tra i due fratelli si incrina quando George sposa Rose (Kirsten Dunst), una vedova che gestisce una locanda con l’aiuto di suo figlio Peter (Kodi Smit-McPhee).

L’arrivo di Rose e Peter al ranch dei Burbank scatena nuove dinamiche. Phil inizia a tormentare psicologicamente la donna, che sempre più oppressa trova consolazione nell’alcol. Anche l’efebico e singolare Peter si ritrova a subire inizialmente le angherie di Phil. Questo tuttavia decide di cambiare tattica e colpire ancora più duramente la povera Rose. Infatti inizia a comportarsi diversamente con Peter, facendogli quasi da mentore e insegnandogli tutto ciò che sa sulla vera vita nel Far West. I due si avvicinano incredibilmente, in una dinamica che si tinge di caratteristiche ambigue. Ben presto le tensioni psicologiche, le manipolazioni e i giochi di potere assumono tratti sempre più sorprendenti all’interno di questo ambiente oppressivo.

il potere del cane recensione

The Power of the Dog. See-Saw Films, Bad Girl Creek Productions, Max Films

Jane Campion e il western – Il potere del cane, la recensione

Il fatto che una regista come Jane Campion si sia approcciata a un genere maschile come il western colpisce a un primo impatto. In realtà, osservando bene, si comprende perché abbia scelto di adattare il romanzo di Savage: la storia è ricca di turbamenti dell’animo umano e di passioni e sentimenti destabilizzanti. Inoltre le lande desolate del Far West non sono poi così lontane dalle terre neozelandesi tanto care alla regista. Per la Campion Il potere del cane rappresenta un’occasione per rivoluzionare e stravolgere gli elementi cardine del genere cinematografico più tipicamente americano e mascolino. Lo trasforma infatti in qualcosa di atipico, ricco di elementi psicologici, privo di azione e maggiormente riflessivo. Inoltre lavora su quegli elementi cardine che per anni hanno definito il genere. In particolare non può fare a meno di concentrarsi su Phil, un cowboy che non è l’uomo impavido dal cuore d’oro di tanti classici western.

Il prototipo del cowboy americano è demolito gradualmente, trasformato in una figura crudele ma tormentata, animalesca ma repressa. Phil Burbank segue costantemente un mito della virilità che però poco si lega con ciò che nasconde la sua vera essenza. In questa operazione di demolizione, il personaggio viene anche posto al centro di un gioco di manipolazione di cui crede di essere protagonista; in realtà è un gioco che vede crollare la mascolinità tossica. Il rapporto di Phil Burbank con le persone e con la natura mette in luce anche un altro elemento importante su cui insiste la Campion. Il West non è un luogo selvaggio in cui l’uomo entra in armonia con la natura e trova la pace; in esso si muove solo la violenza brutale, la violenza psicologica, la manipolazione e il gioco di potere.

il potere del cane recensione

The Power of the Dog. See-Saw Films, Bad Girl Creek Productions, Max Films

Cast e aspetti tecnici – Il potere del cane, la recensione

Questo lavoro sul genere è portato avanti da quello che è il vero elemento di pregio del film: la regia. Jane Campion sfodera di nuovo tutta la sua bravura nel rendere visivamente magnifico ogni paesaggio desolato. Sono tante le immagini in grado di catturare lo spettatore: paesaggi naturali ipnotici e sconfinati che contrastano con il senso di oppressione che pesa sui personaggi più deboli. Il talento della regista si trova però soprattutto nel caricare di sensualità tutto ciò che osserva, dagli elementi naturali ai personaggi della storia. Di questi la Campion sa far emergere le vibrazioni che si innescano in uno schema intrecciato, in cui si insinua spesso una certa ambiguità. Il lavoro della regista è poi sostenuto da un comparto tecnico eccellente, soprattutto quello della fotografia e del sonoro.

La fotografia di Ari Wegner è di gran fattura e aiuta la regia a rendere magnifico e ricco di significato l’arido paesaggio del Montana. Solo lodi poi per la musica di Jonny Greenwood, che invade le scene caricandole di tensione e ambiguità. La forma curata de Il potere del cane contiene anche un ottimo lavoro recitativo. Il cast principale offre performance di livello; le più interessanti provengono però da Benedict Cumberbatch e Kodi Smit-McPhee. Il primo è eccezionale nel delineare un personaggio così sgradevole, espressione di una mascolinità tossica che nasconde in realtà tormenti e solitudine. Il secondo invece sa lavorare bene sull’impenetrabilità del suo personaggio efebico.

Western psicologico

In conclusione di questa recensione de Il potere del cane, si può dunque affermare che Jane Campion ha realizzato un nuovo tipo di film western. Il film è un’opera western sofisticata che, vestendosi da thriller psicologico, demolisce il mito della Frontiera americana e del cowboy. Sostenuto da una forma impeccabile e da un cast di livello, il lungometraggio però non è assolutamente perfetto o privo di sbavature. Il ritmo rallentato e sempre uguale per tutta la durata spesso non sa valorizzare momenti importanti; oppure il desiderio di giocare con le attese finisce per non restituire qualcosa di veramente concreto allo spettatore (soprattutto quello più esigente). La tensione fra i vari personaggi, inoltre, non è sempre ben mantenuta: la Campion infatti si sofferma in più occasioni su paesaggi o immagini particolari spezzandola.

Nell’andamento del film è però il finale a colpire maggiormente, riuscendo a far dimenticare le varie imperfezioni. Il colpo di coda alla fine cambia tutte le carte in tavola e rovescia interamente la prospettiva. Si riscrive essenzialmente tutto il film, che per buona parte era riuscito intelligentemente a depistare lo spettatore. Davvero un elemento degno di nota, in cui Jane Campion inserisce quello che è il significato del film. Lo fa però in modo criptico e sibillino, lasciando allo spettatore il compito di scoprire cosa si nasconde dietro “il potere del cane”. Questa particolare frase proviene dal libro dei Salmi e costituisce un’interessante riflessione sul potere e sulla passione feroce, potente e pericolosa.

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Il potere del cane

Voto - 8

8

Lati positivi

  • Il film è un western sofisticato, con un'interessante impostazione da thriller psicologico
  • La regia di Jane Campion, che lavora lodevolmente sui paesaggi e sulla sensualità
  • Il comparto tecnico e il lavoro del cast principale

Lati negativi

  • Il ritmo impostato dalla Campion può non avvicinare tutti gli spettatori e in diverse occasioni spezza il lavoro sulla tensione

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