Caro Evan Hansen: recensione del toccante musical con Ben Platt
Quando la propria vita non funziona, cosa si è disposti a fare pur di migliorarla?
Il 2021 è senza dubbio un anno d’oro per i musical. Sono usciti titoli come In The Heights con le musiche di Lin-Manuel Miranda e Tick, Tick… Boom! che è stato addirittura diretto da Miranda. C’è stata l’ennesima Cenerentola, questa volta interpretata da Camila Cabello; deve arrivare l’adattamento di Cyrano con Peter Dinklage, diretto da Joe Wright ed infine quello che probabilmente sbaraglierà tutta la concorrenza ovvero West Side Story di Steven Spielberg. Insomma, il musical sembra stia tornando più forte che mai e tra tutti questi titoli se ne inserisce uno che anche all’estero è passato un po’ in sordina. Caro Evan Hansen, di cui vi proponiamo la recensione, rappresenta l’adattamento dell’omonimo musical che debuttò a Broadway nel 2016 riscuotendo enorme successo.
Il film racconta la storia di un ragazzo vittima di depressione e ansia sociale che si ritrova casualmente coinvolto nel suicidio di un ragazzo della sua scuola. Ad interpretare il protagonista c’è un meraviglioso Ben Platt (The Politician) capace di fornire un’interpretazione da brividi. L’attore è infatti il punto di forza più grande del film, che in fin dei conti non si è dimostrato poi così solido. Alla sceneggiatura troviamo Steven Levenson che oltre ad aver curato il libretto del musical originale, ha anche scritto la sceneggiatura di Tick, Tick… Boom!. Caro Evan Hansen è una pellicola toccante, a tratti devastante, anche grazie al fatto che si fa portavoce di una tematica ancora tabù. Al di là del messaggio profondo, però, il film si porta dietro numerosi difetti che ne condizionano l’intera visione.
Indice
Trama: vivere e sopravvivere – Caro Evan Hansen, la recensione
Evan Hansen è un adolescente all’ultimo anno di scuola che soffre di depressione e ansia sociale. Prende regolarmente psicofarmaci, frequenta un terapeuta e, sotto suo consiglio, scrive ogni giorno delle lettere motivazionali dedicate a se stesso. “Caro Evan Hansen, oggi sarà una giornata fantastica…” ma in fondo il ragazzo è convinto dell’opposto. Il primo giorno di scuola, infatti, va nel peggiore dei modi. Evan si sente estremamente solo, durante le lezioni nessuno gli rivolge la parola e quando prova ad interagire con qualcuno finisce per incasinare tutto e scappare via. Come quella volta in cui ha provato a parlare con un ragazzo vittima di bullismo che in tutta risposta ha deciso di urlargli contro. A fine giornata decide così di riscrivere quella stupida lettera, questa volta però dicendo la verità.
“La giornata non è stata fantastica ed essere se stessi fa schifo”. Ad un certo punto, però, gli si avvicina un ragazzo, lo stesso che poco prima gli aveva urlato contro. Dice di chiamarsi Connor e firma il gesso al suo braccio. Non passa neanche un minuto che Connor impazzisce di nuovo, trova la lettera di Evan nella stampante ed in preda ad un attacco isterico la ruba e fugge via. Alcuni giorni dopo si viene a sapere che il ragazzo si è suicidato ed in tasca aveva una lettera d’addio dedicata ad un certo Evan Hansen. In cerca di un appiglio, i genitori di Connor tentano di scoprire qualcosa sul figlio da quello che credono fosse il suo migliore amico. Evan però decide di non raccontare la verità e più conosce i familiari di Connor più si rende conto di quanto abbia sempre desiderato un affetto di questo tipo.
Trarre il meglio dal peggio – Caro Evan Hansen, la recensione
Evan è un ragazzo triste ed in cerca d’affetto. È tutta la vita che prova a farsi un amico, ma da che se ne ricorda nessuno gli si è mai avvicinato davvero. Quando si viene a sapere che Connor si è suicidato, però, la gente inizia a pensare che fossero amici, le persone notano Evan in mezzo alla folla. I Murphy, la famiglia di Connor, accolgono Evan come un figlio e il ragazzo ha finalmente la possibilità di conoscere Zoe, ragazza dei suoi sogni e sorella di Connor. Con il passare dei giorni le menzogne aumentano sempre di più ed il caso di Connor diventa un monito per gli studenti a chiedere aiuto. Evan diventa il simbolo della lotta all’ansia, la depressione e la solitudine, ed in tutta questa sofferenza lui trova pace. Un evento terribile da al ragazzo ciò che ha sempre cercato.
L’amore di una famiglia, l’apprezzamento delle persone ed una ragazza. Sostanzialmente quello che fa Evan però è speculare sulla morte. Le menzogne su Connor fanno si che l’intera scuola prenda a cuore la vicenda, portando la tematica alle orecchie di tante persone, facendo del bene. Magari Connor era un mostro, non il santo che tutti rimpiangono, solo un ragazzo instabile e incapace di accettare l’aiuto degli altri; ma importa davvero? La morte è definitiva, non c’è un dopo e le uniche conseguenze di tale evento ricadono sulle persone ancora in vita. Per cui se un evento tragico come la morte, filtrato dalla menzogna, può riecheggiare nell’esistenza degli altri facendo del bene, è davvero un male? Purtroppo nessuno ancora in vita può rispondere a questa domanda; ciò che sappiamo è che a volte una bugia pesa meno della verità, seppure ci sia sempre un prezzo da pagare.
Una spiacevole sensazione – Caro Evan Hansen, la recensione
In questo caso il prezzo da pagare spetta tutto al Caro Evan Hansen. In questa recensione abbiamo detto che le sue azioni portano la scuola a ragionare su ciò che ha spinto Connor al suicidio. Il problema è che queste azioni sono conseguenze dell’egoismo di Evan, conseguenze di cui il ragazzo non ha nessun merito. Evan si caccia nei guai da solo dato che essendi incapace di deludere delle persone così affrante inventa un mucchio di frottole. Col tempo si rende conto che la situazione gli è comoda e continua sulla strada della menzogna ignorando totalmente di star falsificando il ricordo di una persona morta. Evan mente spudoratamente ai genitori di Connor sul loro stesso figlio, piega la realtà dei fatti ai propri comodi e ottenuta la popolarità scolastica rinuncia a tutte le attività in memoria di Connor per perseguire fini personali.
C’è differenza tra una menzogna a fin di bene ed il puro egoismo. Per quasi tutto il film si ha infatti la sensazione di star guardando qualcosa di estremamente sbagliato. Nonostante tutti i suoi problemi e la vita triste che vive, è davvero difficile empatizzare con Evan. Guardare la storia con i suoi occhi, essere a conoscenza dei suoi desideri, mette in imbarazzo lo spettatore che inevitabilmente parteggia per la fazione opposta. Di conseguenza la visione diventa un’estenuante attesa del momento in cui le carte verranno finalmente rivelate e si potrà assistere all’imbarazzante disfatta del ragazzo, godendosi il finale con la coscienza pulita. Evan Hansen non è una persona cattiva e se si è comportato nei modi sbagliati è facile capire il perché; ciò nonostante, il passato ed i traumi del ragazzo non giustificano un comportamento indubbiamente sbagliato.
Alti e bassi
In fondo noi spettatori di Evan Hansen sappiamo ben poco. La sua caratterizzazione è superficiale. Ben Platt indossa la maschera del ragazzino solo e depresso, privo di una personalità e vittima delle avversità della vita. Solo un insensibile non proverebbe compassione per una persona in tale difficoltà, ma nel momento in cui questi commette un errore madornale, non sapere di più sulla sua storia o le sue motivazioni non aiuta. Fortunatamente Ben Platt è stato eccezionale, calandosi a pieno nel ruolo e spremendo sino all’ultima goccia l’essenza di un personaggio estremamente piatto. Ad accompagnarlo troviamo Amy Adams e Julianne Moore, anche loro perfette, sia in veste di attrici che di cantanti. Da questo punto di vista, infatti, non c’è molto da dire. Le canzoni sono eseguite splendidamente, emozionano ogni qualvolta le si sente e gli interpreti non sono da meno.
Per quanto riguarda la regia tutto appare estremamente chiaro, seppur non vi siano guizzi interessanti. Il problema principale del film è il ritmo. Soprattutto nella prima parte sono presenti linee comiche decisamente fuori luogo, che si perdono nel corso del film, per lasciare spazio ad una sovrabbondanza di canzoni mal gestite tra loro. Nessuno si stupisce che in un musical la gente canti, ma c’è bisogno di equilibrio. Alcune scene, infatti, non sembrano altro che un pretesto per cantare una canzone di cui magari avremmo fatto anche a meno. La lunga durata del film, inoltre non aiuta, rendendo la vicenda ancor più pesante di quel che già è. Tirando le somme, Caro Evan Hansen è un film ricco di spunti interessanti e profondi, che però si perde proprio nella sua costruzione cinematografica lasciandoci con il rimpianto di non aver visto prima il musical originale.
Caro Evan Hansen
Voto - 6
6
Lati positivi
- Interpreti superlativi
- Messaggio toccante ed estremamente importante
Lati negativi
- Ritmo incostante
- Nonostante tutto si fa difficoltà ad empatizzare con il protagonista