The Tender Bar: recensione del film diretto da George Clooney
La storia di un ragazzo e delle speranze riposte in lui dalla sua famiglia, tra desideri e sacrifici
Dopo The Midnight Sky, uscito nel 2020 su Netflix, George Clooney torna dietro la macchina da presa con The Tender Bar, di cui vi proponiamo la recensione. L’attore americano dirige questa volta una storia ambientata sulla Terra e nell’America degli anni ’80. Una cronaca famigliare in cui si intrecciano aspirazioni, desideri, rimpianti e sacrifici per il futuro di una nuova generazione. Una storia dalla atmosfere calde e accoglienti che ci trasporta, per la sua durata, in una famiglia americana dove oltre la superficie dei conflitti domina il senso di appartenenza. Il film è l’adattamento cinematografico dell’autobiografia, Il bar delle grandi speranze di J. R. Moehringer, giornalista e scrittore americano vincitore del premio Pulitzer nel 2000, che è tra i produttori del film. Nel cast Ben Affleck è affiancato dal giovane Tye Sheridan, interprete dello stesso Moehringer, Christopher Lloyd, Lily Rabe e il piccolo e bravissimo Daniel Ranieri.
Come ci anticipa il titolo, la storia è un racconto di speranza e di crescita; un viaggio nella vita dello scrittore e di quelle che sono state tappe fondamentali nella sua vita. Il rapporto con la famiglia, la madre, il nonno, lo zio Charlie, ma soprattutto il padre assente. E poi ancora l’incontro/scontro con la vita reale, il college, il primo amore e le delusioni; le aspirazioni e il mondo del lavoro. Pervade il film la ricerca di un’identità, il senso di scoprire se stesso attraverso le esperienze, un’avventura verso l’ignoto e alla ricerca di un proprio posto nel mondo. Scopriamo pregi e difetti di The Tender Bar, disponibile su Amazon Prime Video, nella nostra recensione.
Indice:
La storia di una famiglia – The Tender Bar, recensione
Il piccolo J.R. e sua madre tornano a casa dei nonni dopo uno sfratto. Il bambino ha sempre amato quella casa, l’atmosfera di condivisione e di risate tra cugini e parenti, e soprattutto lo zio Charlie. Al contrario, sua madre ha sempre considerato un fallimento tornare a casa dei suoi genitori, covando ostilità soprattutto nei confronti del padre. Nonostante questo però J.R. si sente a casa, l’unica cosa che gli manca è suo padre. L’uomo li ha abbandonati e si è rifiutato anche di passare il mantenimento. Lavora come speaker radiofonico e gira l’America, provando a volte a contattarlo ma senza dimostrarsi mai presente.
A sopperire a questa mancanza c’è però lo zio Charlie, che il bambino guarda con affetto e ammirazione. Sarà lui infatti a guidare J.R. tra le vicissitudini della vita, consigliandolo e istruendolo sul mondo e sulla società. Lo spronerà a coltivare le sue passioni e focalizzarsi su di esse, sarà il suo punto di rifermento per qualunque problema o difficoltà: un padre a tutti gli effetti. La sua storia diventa un investimento famigliare, una scommessa sul suo futuro che raccoglie tutte le speranza e le aspirazioni di una famiglia che crede in lui come pochi faranno mai. Tra college, amori e delusioni, J.R. cresce e si dibatte per trovare il suo posto nel mondo, un posto che gli appartenga.
Alla ricerca di un’identità
Uno dei temi centrali del film è il rapporto tra J.R. e il padre. L’assenza di questa figura è alla base della difficoltà del protagonista di trovare una propria identità. Nel corso del tempo però il ragazzo comprende cosa significhi davvero fare il padre. Nonostante questo si presentasse sporadicamente, non si è mai dimostrato desideroso di stare davvero con suo figlio. Il film offre una lettura metaforica molto interessante identificando il padre come la “Voce”. Lavorando alla radio, J.R. lo ha sempre ascoltato e identificato così. La natura effimera della voce specchia quella sfuggente del padre che il ragazzo desidera trovare. Il sottotesto di questo rapporto non sviluppato poteva dare alla trama una svolta differente se non fosse stata introdotta la figura dello zio Charlie. Sebbene il ragazzo lo abbia sempre percepito come uno zio, questo ha sostituito, senza mai vantarsene, la figura paterna.
Strettamente legato allo zio Charlie c’è bar da lui gestito. Questo rappresenta per J.R. un luogo fondamentale. Incarna il centro nevralgico della sua formazione, del suo passaggio da bambino ad adulto. Diventa la fucina che permette a J.R. di crescere e di coltivare le sue passioni, in cui muove i primi passi verso la costruzione di se. Sembra poi che l’assenza di una vera figura paterna venga compensata dalle altre figure maschili del film, dallo zio fino ai clienti abituali del bar. Oltre a questo, l’altro luogo in cui il ragazzo entra in contatto con il mondo è il college. Qui è più evidente lo scontro tra classi sociali: tra chi è lì per un privilegio ereditato e chi come J.R. per un talento. Il ragazzo cresce e vive la sua vita con gli insegnamenti onesti e puliti della sua famiglia, senza mai vergognarsene.
Considerazioni tecniche – The Tender Bar, recensione
Come già anticipato nel paragrafo introduttivo della nostra recensione di The Tender Bar, alla regia torna George Clooney. Il regista scegli di far predominare nel film un tono tendente al senape, per richiamare le atmosfere vintage degli anni ’80. Scelta cromatica che rafforza anche l’atmosfera accogliente che aleggia in casa della famiglia di J.R, così come nel bar. Gioca molto con la macchina da presa attraverso inquadrature dentro e fuori dalle auto; ci sono due intere sequenze che seguono gli attori all’interno delle macchine e per tutto il loro percorso. Simbolica la scelta delle scene di apertura e di chiusura cariche di significato. Ma se l’atmosfera e le tematiche trattate risultano confortevoli e accoglienti, rendendo il film piacevole, non possiamo dire che sia perfetto.
La narrazione risulta essere meglio costruita nella prima parte, dove c’è più attenzione e lo spettatore si sente in un certo senso guidato. La seconda parte è invece più confusa e poco chiara, con salti temporali, spezzoni di vita dei protagonisti che si devono poi contestualizzare. Anche i dialoghi sono di qualità altalenante, fermo restando che va sempre tutto contestualizzato, ci sono alcune battute che colpiscono, altre che lasciano un po’ confusi. Ben Affleck sembra aver trovato una sua dimensione nei panni dello zio, ruolo in cui risulta più che convincente; lui e il piccolo Daniel Ranieri, che veste i panni del giovane J.R, sono quelli che colpiscono di più. Altrettanto curata è la scelta della musica che completa il quadro della narrazione.
Conclusione
The Tender Bar è un film che scalda il cuore e che suscita un forte senso di appartenenza famigliare; fa riflettere sul ruolo della famiglia, sull’importanza dei sogni e delle aspirazioni. Come vi abbiamo illustrato in questa recensione, è un film sicuramente meritevole di essere visto per diversi motivi. Ne consigliamo la visione se si vuole passare un’ora e quaranta in un’atmosfera confortevole, che aiuta un po’ a sognare e a non abbattersi. Sicuramente un film dal tono ottimista che può aiutare soprattutto nel periodo in cui ci troviamo.
Tuttavia non non possiamo che promuoverlo solo con una sufficienza piena. Per quanto a livello tecnico alcune accortezza siano apprezzabili, la sua struttura risulta un po’ dispersiva nella seconda parte; il protagonista da adulto non sembra emozionare così come la sua controparte da bambino. Buona la performance di Ben Affleck e le riflessioni che la storia vuole proporre, a partire dalla ricerca di un’identità e soprattuto quella di un posto nel mondo. Con un’accortezza più complessiva, forse avrebbe convinto di più.
The Tender Bar
Voto - 6
6
Lati positivi
- Tematiche interessanti, dalla riflessione sul ruolo della famiglia e la gestione del rapporto con il padre
- Più che convincenti Ben Affleck e Daniel Ranieri nei panni dei protagonisti
- Atmosfere piacevoli e confortevoli
Lati negativi
- Seconda parte del film confusa e poco chiara
- Dialoghi altalenanti