Intervista a Simone Riccioni, attore e produttore de La ballata dei gusci infranti, dal 31 marzo al cinema
La nostra intervista al protagonista e produttore de La ballata dei gusci infranti
Il 31 marzo uscirà in alcuni cinema italiani il film La ballata dei gusci infranti e FilmPost, oltre a intervistare la regista Federica Biondi, ha dato voce anche a uno dei protagonisti – nonché produttore – della pellicola, Simone Riccioni. Scritto da Federica Biondi, in collaborazione con David Miliozzi e Jonathan Arpetti, il film parla di perdita e di rinascita in un anno particolare per la regione italiana delle Marche. Proprio come le novelle del Decameron di Boccaccio, La ballata dei gusci infranti raccoglie quattro storie ambientate nelle Marche, ai piedi dei Monti Sibillini, durante il tragico terremoto del 2016 e tenute insieme da un unico personaggio principale, Jacopo, interpretato da Samuele Sbrighi.
Al fianco di Simone Riccioni, nella pellicola, troviamo anche Caterina Shulha, Paola Lavini, Miloud Mourad Benamara, Barbara Enrichi, Lina Sastri e Giorgio Colangeli. Simone ha raccontato come è stato interpretare il suo ruolo all’interno della pellicola. L’attore indossai i panni di David, un ragazzo che sta per diventare padre e che – insieme all’evento che ha sconvolto tutti – vede la sua vita essere stravolta dall’arrivo di una nuova vita.
Intervista a Simone Riccioni, attore e produttore de La ballata dei gusci infranti
La ballata dei gusci infranti viene descritto come un bellissimo romanzo cinematografico marchigiano, perché è stato prodotto proprio nelle Marche. Che poi, se non sbaglio è la tua regione, giusto?
Sì, sì! Sono marchigiano anche se sono nato e cresciuto in Africa da genitori marchigiani che però sono medici missionari e quindi sono partiti per la volta dell’Africa. Però io sono marchigiano, perché papà e mamma sono di Castelraimondo e di Corridonia, quindi due cittadine piccole delle Marche. Io ormai, sette/otto anni fa ho aperto questa società di produzione cinematografica. Il mio intento era quello di far vedere la bellezza di questa regione – perché è una regione bellissima, dove abbiamo veramente dalle montagne, laghi e fiumi al mare – all’interno del cinema, perché come regione diciamo che non siamo molto forti a livello cinematografico. Quindi ho aperto questa società di produzione con la quale – questo è il quarto film che produco – sto cercando di far vedere questi luoghi stupendi.
Quindi questo è l’ultimo della dei tuoi lavori, che si chiama La ballata dei gusci infranti. Il personaggio principale, Jacopo, lega tutti i vostri personaggi all’interno di una storia più grande, mentre il tuo personaggio è quello di David, un uomo che con la sua compagna sta avendo il suo primo figlio e vive tutte le emozioni del caso. Come descriveresti il tuo personaggio? E soprattutto, come si collega poi all’interno di tutta la storia del film?
Il mio personaggio lo descriverei come il classico bravo ragazzo di provincia che si trova a vivere quello che, tra virgolette, viviamo un po’ tutti, no? Nei momenti in cui arriva un figlio, un qualcosa di speciale, iniziano a esserci veramente delle grosse ansie, che ti fanno mettere in dubbio anche il tuo posto di appartenenza, anche perché durante questo momento ci saranno le scosse del 2016 che non hanno aiutato sicuramente il mio personaggio a venirne fuori. Diciamo, è un traballamento interiore e un traballamento esteriore. Riuscire a impersonificare un personaggio che da questo punto di vista – non per la questione del figlio – mi si è connesso molto, perché io ho vissuto tutto lo sciame sismico, tutte le scosse e via dicendo, quindi questa angoscia, questa ansia interiore c’era e nel film abbiamo voluto aggiungere anche la futura nascita di questa bambina. Quindi uno scombussolamento sia interiore che esteriore. All’interno del film io sono praticamente connesso con tutti dalla bellezza di questo personaggio che è il matto del paese. È come se fossero quattro momenti diversi uniti da Jacopo.
Con La ballata dei gusci infranti, tutto era nato come una sorta di documentario. Volevo raccontare qualcosa in maniera naturalmente avvincente, però in maniera anche un pochino documentaristica. Poi è successo che – andando in giro nelle Marche – ho conosciuto tanta gente, che mi ha iniziato a raccontare quello che quello che era capitato a tante persone. Quindi queste quattro storie non sono poi propriamente tutte romanzate. Ad esempio questa bambina era un bambino realmente nato sotto le scosse. C’è un fondo di verità nella storia dell’allevatrice – che sarebbe un allevatore – rimasta senza il suo bestiame; è una verità che il sacerdote venga evitato in maniera un pochino così superficiale da delle realtà piccole che magari non hanno mai visto qualcosa di diverso, chiamiamolo così. È nato tutto in maniera molto semplice, molto poetico, molto lineare, che non so neanche come ad oggi, in maniera molto bella, siamo arrivati a questa cosa.
In merito a Simone Riccioni come produttore, quali sono state le responsabilità, gli onori e gli oneri da produttore per questo film?
Di responsabilità, devo essere sincero, tante e non sono tutt’oggi finite e quindi diciamo che stiamo continuando a lavorare a tutto regime per il semplice fatto poi che usciamo al cinema il 31, ma dal 21 ci sono le anteprime. Ho una mole di lavoro che non finirà fino probabilmente a fine maggio, perché è un film che io porterò avanti per due/tre mesi, proprio andando nei cinema, salutando le persone che andranno a vedere il film e facendo come si faceva quando il cinema era ancora con le pellicole. La mia idea è quella di ritornare a quella cosa lì, poi sicuramente usciamo in una quarantina di copie, quindi diciamo che è bella tosta. Ho veramente investito su questo film e sono anche stato additato come un po’ matto, come il nostro Samuele, per il semplice fatto che ho investito in un film con una tematica così forte.
Non so se è una tematica, chiamiamola così, commerciale. In un momento storico come questo è stato un altro azzardo, però io sono dell’idea che le cose belle se sono belle, sono belle, che lo siano per cinque persone o per cinquanta. Sono il produttore del film. Grosso azzardo, ma ne sono molto contento perché il risultato si vede. Sono contentissimo degli attori che ne hanno fatto parte, veramente contento di tutto quello che sta capitando. Gli onori, non lo so se ci saranno gli onori [ride]. La cosa che più mi renderebbe felice è pensare che le persone possano apprezzare, possano dire “cavolo, bello!”, perché è veramente una chicca secondo me.
Tra i nomi del cast spiccano anche quelli di Lina Sastri e Giorgio Colangeli. Com’è stato lavorare con degli attori del loro calibro?
La fortuna è che con Giorgio Colangeli ci avevo già lavorato e da produttore l’ho voluto immediatamente perché Giorgio è un papà, un nonno, uno zio, un amico, un fratello. Giorgio è qualcosa di indescrivibile a livello non solo attoriale, ma a livello umano. È veramente una persona che ha una marcia in più. Io mi ricordo ancora che gli mandai la sceneggiatura e gli dissi: “Guarda Giorgio, io vorrei fare questo”. L’agenzia mi aveva detto di no, perché è impegnatissimo. Dopo due giorni Giorgio mi chiama e mi fa: “Io mi libero. Io mi libero perché sembra troppo bello”. Non so come ha fatto, ma si è liberato. E poi io ho scoperto che stava per debuttare all’Argentina con la Divina Commedia tutta a memoria. Quindi è venuto sul nostro set e le cose che avevamo scritto praticamente già le sapeva a memoria. Giorgio è di una bravura incredibile.
Anche a Lina è piaciuto tantissimo il progetto. Quando li ho chiamati da produttore e non da attore, sono rimasto abbastanza stupito perché Lina è una persona che guarda i progetti con il lanternino, nel senso che è una persona che sceglie, è talmente tanto brava che è arrivata a scegliere cosa fare da artista. Anche lei si è messa a disposizione subito. La cosa bella è che entrambi questi artisti hanno scelto di prendere parte a questa storia e io sono stato contentissimo di averli.
Qual è il consiglio che vuoi dare ai giovani che vogliono intraprendere la tua stessa carriera, quella dell’attore?
Devono come prima cosa avere tanta pazienza, se vogliono fare realmente gli attori. Perché in Italia cosa succede? Succede che tantissime persone pensano che fare l’attore significhi diventare famoso. Ecco, non funziona così, ci sono tante persone famose, poi ci sono attori famosi e attori che non sono famosi. Quindi cosa succede? Come prima cosa io auguro a tutti quanti questi ragazzi di fare ciò che li renda felici. Se uno è felice di far qualcosa lo fa con molta più passione, con molta più voglia. Fare l’attore non significa, come dicevo, essere famoso. Fare l’attore significa studiare, studiare, studiare. Poi bisogna avere un po’ di fortuna, un po’ tanta fortuna nel beccare un agente giusto che ti manda dei progetti giusti e, se hai studiato e se hai un po’ di talento, riuscire a coinvolgere un regista, un casting director e fare in modo che scelgano te. Quindi la strada è lunga, però se uno ha tanta dedizione, tanta forza, tanta costanza, io sono convinto che si porta a casa delle belle soddisfazioni.
Quanto ti senti cambiato umanamente e artisticamente da quando hai iniziato la tua carriera di attore?
Tantissimo, io ero uno di quelli che pensava “voglio diventare famoso” e non me ne vergogno, sono stato uno di quei ragazzi che il mondo artistico lo vedeva come “divento ultra famoso, divento il nuovo Michael Jordan a livello artistico, divento Brad Pitt”. Piano piano sono cambiato, sono cambiato tanto perché ho visto cosa realmente amavo, a tal punto da arrivare a dire: “apro una società di produzione cinematografica”, perché volevo raccontare storie, quindi questa passione dell’attore mi ha scaturito un’altra passione che è forse anche più grande di quella dell’attore. La fortuna è che sono due passioni che si possono unire facilmente, perché recitare e produrre storie è la cosa più bella del mondo per me.
Ho avuto una grande evoluzione. Sono cambiato tantissimo, ho sbagliato tantissimo e forse se tornassi indietro risbaglierei ancora, perché era giusto sbagliare e sono arrivato adesso che però, nel momento in cui devo parlare con qualcuno o sono davanti a qualcuno sono abbastanza granitico. Quindi mi piego ma non mi spezzo più. Questa è la forza che mi sono portato avanti in tutti questi anni di gavetta, perché mi dicevano tutti che ero un matto folle ad aprire una società di produzione, che non avrei mai fatto nulla, che il primo film era fortunato, che il secondo anche, il terzo film “va beh, ti è andata bene”, adesso voglio capire cosa diranno col quarto. Ringrazio queste persone perché sono convinto che mi hanno dato veramente una carica, una spinta per dire “Io vado avanti”.
Ultima domanda. Abbiamo parlato di Simone come attore, di Simone come uomo. Ma invece, che tipo di spettatore è Simone? Quali sono i generi di film o serie tv che più ami vedere, cosa noti di più quando vedi un film e soprattutto, preferisci di più rintanarti al cinema o la comodità del divano e i siti streaming?
Tutta la vita il cinema! Sono dell’idea che il cinema sia condivisione e confronto, incontro e passione, bellezza. È tutto. Va bene la TV a casa, guardiamocela. Però, con tutto il rispetto, il fascino del cinema non lo toglie nessuno. Per quanto riguarda i miei gusti, io sono innamorato follemente dei generi di storie vere: Alla ricerca della felicità con Will Smith, Quasi amici. Mi piace molto la commedia amara, come 7 anime. Mi piacciono quelle commedie toste, che mandano un bel messaggio e che allo stesso tempo ti fanno vibrare il cuore.