Moon Knight: recensione della serie con Oscar Isaac
Il nuovo show di Disney+ mette al centro delle vicende l'antieroe Marvel tra archeologia e disturbo dell'identità
Cos’hanno in comune Brian Michael Bendis, Jeff Lemire e Warren Ellis? La risposta si trova nel mondo del fumetto supereroistico americano. Infatti, i tre sono tra i più importanti scrittori di comics che hanno prestato la loro penna per narrare le vicende di uno degli antieroi Marvel più apprezzati dell’ultimo decennio. I Marvel Studios hanno deciso di puntare sulla sua contorta storia, fatta di tormento psicologico e folle azione incontrollata in una serie tv su Disney+. In questa recensione di Moon Knight cerchiamo di capire quali sono i punti a favore (e quali, invece, quelli da rivedere) dello show della Casa delle idee. Nel cast di altissimo livello spiccano nettamente i nomi di Oscar Isaac, nei panni del protagonista, e di Ethan Hawke. Riuscirà la serie ad essere al livello delle precedenti (leggi qui la recensione di Wandavision e la recensione di Hawkeye)?
Le vicende narrate sono quelle di Steven Grant. Egli lavora nel reparto souvenir di un museo londinese, è costantemente in contatto con la madre ed ha una passione sconsiderata per l’archeologia e l’Egitto. Non è però tutto rose e fiori: Steven dimentica spesso gli appuntamenti, sembra avere spesso vuoti di memoria legati ad avvenimenti recenti ed è costretto a legarsi al proprio letto durante la notte per via del sonnambulismo. Ben presto però capirà che qualcosa di più complesso sta causando i suoi disturbi. Inizieranno, infatti, velocemente a presentarsi nella sua mente ricordi di una vita parallela e la possibilità di un disturbo dissociativo della personalità comincerà a diventare realtà. Tutto è legato a Marc Spector, mercenario con il quale condivide il corpo, e Khonsu, divinità egizia che tiene sotto scacco sia Marc che Steven, garantendo però loro la possibilità di diventare Moon Knight.
Indice
The Oscar Isaac Show – Moon Knight recensione
Per i Marvel Studios ci sarà un prima e un dopo Moon Knight. Non per la qualità del prodotto, sulla quale ci sono parecchi dubbi, o per le implicazioni nell’intricato universo cinematografico creato ormai più di un decennio fa. Il merito qui è tutto di Oscar Isaac, attore con il quale, per certi versi, tutti i prossimi interpreti del MCU dovranno fare i conti. Isaac aveva già da tempo fatto vedere al grande pubblico il suo talento cristallino (dal più recente Dune ad opere come A proposito di Davis o Ex Machina) ma è con il doppio (o forse triplo?) ruolo nella serie su Disney+ che la sua consacrazione può dirsi decisamente compiuta. La vera anima del titolo, il reale motore che fa appassionare, è proprio il suo modo di stare in scena, di incarnare perfettamente i personaggi e fare arrivare allo spettatore ogni sensazione di questi ultimi.
Ciò che colpisce maggiormente nella sua performance è la capacità di passare da un personaggio all’altro, evitando brusche e goffe enfatizzazione e facendo percepire chiaramente quando parla Steven e quando Marc. Moon Knight è retta quasi totalmente sulle spalle del proprio protagonista ed è evidente perché nel momento in cui è necessario mettere in gioco altro, lo show inizia a crollare. Più difficile essere altrettanto clementi con Ethan Hawke e May Calamawy. I due comprimari giocano un ruolo fin troppo marginale, non sembrano mai a proprio agio e la sommaria scrittura dei personaggi di Arthur e Layla non aiuta in nessuna occasione. Perché la sensazione è che Moon Knight abbia scelto di puntare sulla sicurezza: un volto principale formidabile e ben noto, un’atmosfera interessantissima da esplorare e un antieroe potenzialmente complesso e stratificato. Il resto però sembra esser stato dimenticato.
Libertà, croce e delizia della serialità Marvel – Moon Knight recensione
Va detto chiaramente e senza indugi: Moon Knight non è certamente un titolo disastroso ma sarebbe troppo magnanimo definirlo completamente riuscito. Partito con i migliori auspici, aveva dalla sua parte la possibilità di una libertà fin ora vista raramente nel MCU (forse più di Eternals), derivata dall’assenza di legami con il resto dell’universo – o meglio, multiverso – condiviso. E almeno inizialmente essa viene sfruttata piuttosto bene. La costruzione del setting atmosferico e la presentazione del personaggio, dei gli ambienti con i quali interagisce e il suo mondo sociale è eccezionale e non sbaglia quasi mai un colpo. Ciò è esemplificato nel primo episodio, forse il migliore tra i sei per costruzione dell’impianto narrativo e scenico. Una vetta destinata a crollare vertiginosamente nella seconda metà di stagione. Perché ad un certo punto sembra che Moon Knight non abbia poi molto da dire.
Anche nel momento in cui può affrontare un discorso più complesso, profondo o quantomeno interessante (sia sul piano della storia che su quello visivo), ogni aspetto è permeato di una superficialità (e banalità, in alcune circostanze) scoraggiante. Come se un momento prima del traguardo si fermasse e iniziasse inspiegabilmente ad aggrovigliarsi su se stessa. Perché a prescindere dall’umorismo o dall’aderenza alle storie a fumetti (è sempre stato così in casa Marvel Studios), lo show di Disney+, a giochi fatti, manca di un’identità precisa e di soluzioni drammaturgiche ragguardevoli, che ne limitano profondamente la buona riuscita. L’impressione è quella di avere davanti un progetto sulla carta di forte impatto ma, una volta trasposto, molto meno incisivo: si veda la scena del cielo nella terza puntata, l’approccio alla sanità mentale e la risoluzione dello scontro finale. Davvero non si poteva fare di meglio?
Day and Night – Moon Knight recensione
Ma visti i frequenti cali di ritmo, la scelta di realizzare una serie tv è realmente azzeccata? Più no che sì. Specie nel secondo atto – le puntate tre e quattro, per intenderci – la narrazione inizia a vacillare notevolmente in termini di coinvolgimento ed intrattenimento; salvo poi riprendersi in un’ultima sezione che però presenta un lavoro sulla computer grafica pessimo. Abituati allo standard Wandavision (che sorprendentemente metteva in scena effetti visivi degni di nota), il confronto è impietoso. E anche in questa circostanza a mancare è l’equilibrio: perché se da una parte Khonsu e le altre divinità sembrano modellate egregiamente, dall’altra buona parte della costruzione visiva fa percepire un lavoro di CGI dozzinale, ai limiti del kitsch.
Alla fine di questa recensione di Moon Knight resta un fastidioso amaro in bocca. Ma serve prendere atto di ciò che è fondamentale quando si affronta un prodotto simile: resta uno show edulcorato in partenza, rivolto ad un target che forse non vuole andare oltre. La serie andrebbe forse vista con due sguardi diversi e poi andrebbe trovato un giudizio che sta a metà: perché se vista in relazione agli alti prodotti del MCU, è matura e compie un piccolo passo verso un’indagine della complessità della mente; affrontata però da un punto di vista non strettamente legato all’universo Marvel, resta ben poco da salvare in un pasticcio di superficialità. Ed è un peccato dover ritenere appena sufficiente uno dei prodotti che avrebbero dato un nuovo volto al Marvel Cinematic Universe. Ma vista la scena post-credit, forse non è ancora detta l’ultima parola. Si spera.
Moon Knight
Voto - 6
6
Lati positivi
[tie_list type="thumbup"]- Oscar Isaac: la sua performance è straordinaria, capace di saper valorizzare sia Steven che Marc
- Le atmosfere sono accattivanti e appassionanti, così come il fascino di Moon Knight e delle divinità egizie
Lati negativi
[tie_list type="thumbdown"]- Alcune scelte narrative che limitano il prodotto e lo frenano, lasciandolo incompiuto
- Un comparto visivo che per buona parte della serie fa fatica, specie nell’equilibrio di una CGI che passa dal buono al terribile