Hustle: recensione del film sul basket con Adam Sandler

Adam Sandler è il talent scout dei Philadelphia 76ers e seppure nessuno voglia crederlo, per le strade della Spagna ha trovato la prossima stella dell'NBA

Nonostante la sua simpatia, possiamo dire tranquillamente che Adam Sandler non sia tra gli attori più apprezzati di Hollywood, anzi. Ciò nonostante non si può neanche dire che sia un pessimo attore, anzi. Sandler incarna il classico stereotipo del “è bravo ma non si applica”; l’esempio più recente è stato Diamanti Grezzi, film dei fratelli Safdie, in cui ci ha regalato forse la sua miglior performance. Si parlava addirittura di una candidatura agli Oscar, con Sandler che (scherzosamente) minacciò di tornare a fare film brutti in caso di mancata nomination. Purtroppo gli Academy non amano gli scherzi e a quanto pare Sandler è uno che mantiene le promesse, tanto che il suo film successivo fu quel capolavoro al contrario di Hubie Halloween. Hustle, di cui vi proponiamo la recensione, è il nuovo film con protagonista Adam Sandler e nonostante la sua promessa, è meglio di come ce lo saremmo aspettato.

Distribuita da Netflix e prodotta, tra gli altri, da Lebron James, la pellicola si ambienta nel mondo del basket e racconta il “trambusto” di un talent scout per far entrare un ragazzo prodigio nell’NBA. Hustle è la classica storia di rivalsa in cui lo sfavorito che proviene dai bassifondi dimostra a tutti di potercela fare, una trama già raccontata in innumerevoli film, tanti dei quali proprio sul basket. Lo sviluppo della storia è estremamente prevedibile, anche solo dal trailer è possibile intuire dove la vicenda andrà a parare, eppure guardando il film non si può fare a meno di restare coinvolti. Hustle non è nulla di originale o fresco, ma un film semplice, che nella sua genuinità riesce a farsi apprezzare.

hustle recensione

Hustle. Happy Madison Productions, SpringHill Company, Roth/Kirschenbaum Films

Indice

Trama: il pezzo mancante del puzzle – Hustle recensione

Stanley Sugerman è un osservatore per i Philadelphia 76ers, una squadra di NBA che da anni, senza successo, tenta di vincere il campionato. Dopo una vita passata in giro per il mondo a scovare nuovi talenti, lontano dalla famiglia, Stanley vorrebbe diventare coach della squadra, ma il nuovo proprietario non è d’accordo. Vince Merrick, subentrato al comando dopo la morte di suo padre, non nutre la stessa stima del suo predecessore verso il talent scout della squadra. Gli assegna così un compito: trovare il pezzo mancante del puzzle, il giocatore che farà brillare di nuovo i 76ers ed il posto come vice allenatore sarà suo. Dopo altri insoddisfacenti giri per il mondo, Stanley trova il pezzo mancante tra le strade della Spagna.

Bo Cruz, un ragazzo di 22 anni che la sera gioca a basket nei campetti di quartiere, mentre di giorno lavora come carpentiere. Il ragazzo vive in una casa popolare dove insieme alla madre tenta di crescere la sua giovane figlia. Senza perdere tempo, Sugerman si fionda sul ragazzo ed insiste a più non posso affinché venga in America a fare un provino. Bo accetta, ma ovviamente non tutto va come previsto ed il capo rifiuta il talento del ragazzo per via dei suoi precedenti penali. Stanley Sugerman si trova dinanzi ad un bivio, continuare a svolgere il suo insoddisfacente lavoro e rimandare Bo a casa, oppure mollare tutto e contare unicamente sulle proprie forze per lanciare una nuova stella del basket. Dopo poco la decisione è presa: sveglia alle 4:00 e corsa in salita.

Meno lacrime, più sudore – Hustle recensione

Come accennato nell’introduzione di questa recensione, Hustle narra una storia che abbiamo già visto molte volte. Film come Coach Carter o The Way Back, raccontano di ragazzi allo sbando con un grande talento, un allenatore in declino con un passato da riscattare e ovviamente tutto il mondo contro. In fondo le storie di riscatto piacciono molto agli americani e tutto sommato la formula funziona. Hustle rischia così di cadere facilmente nel cestone dell’usato, del già visto, ma con qualche piccolo ritocco ed aggiustamento qua e là si salva prima del fischio finale. Il concetto ruota tutto attorno al titolo “Hustle”, una parola che in inglese significa trambusto, spingere, truffare, fare a gomitate. Non siamo qui a fare traduzioni, ma il punto è che in un ambiente difficile, in cui tutti ti sono contro, devi davvero spingere e fare a gomitate per uscirne ed elevarti sugli altri.

Piuttosto che fare leva sul sentimentalismo, sul passato travagliato e la vita di strada, il film si concentra sul lavoro, l’allenamento e, ovviamente, la voglia di riscatto. I personaggi non perdono tempo a piangere sulle loro ferite, ma continuano a darci dentro e a rialzarsi quando cadono, puntando unicamente all’obiettivo. Stanley Sugerman è un uomo che ha già fallito in passato e non porta una croce, non mette in mostra le sue cicatrici, piuttosto continua a cadere; ma ciò che ha stampato in testa è “HUSTLE”. La voglia di vincere conta più di ogni altra cosa e non c’è paura di perdere, perché la sconfitta non è ammessa. Nonostante proponga una storia poco originale, il film riesce a mostrare una prospettiva diversa puntando più sul sudore dei giocatori che sulle loro lacrime.

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Hustle. Happy Madison Productions, SpringHill Company, Roth/Kirschenbaum Films

Tutti gli occhi addosso – Hustle recensione

Purtroppo anche i personaggi non sono poi così originali, Adam Sandler però ci mette del suo e seppure non sia una performance da Oscar, il protagonista funziona proprio grazie all’attore. Ad infoltire il cast ci sono poi tanti giocatori e leggende dell’NBA che interpretano un ruolo o sé stessi, aggiungendo quindi quel tocco di fan-service per i fan più duri e puri. Quello che meno funziona è Vince Merrick, il nuovo proprietario della squadra che tanto odia il nostro protagonista. Vince non è nient’altro che il cattivo di turno, l’ostacolo che spinge i personaggi ad allenarsi altrimenti il film finirebbe subito, ma che non ha reali motivazioni per comportarsi così. Il tutto appare quindi molto forzato, seppure anche questo faccia parte del già visto. Hustle si avvale poi di una regia capace di valorizzare al meglio i momenti di tensione.

Durante le partite non sono tanto i canestri a contare, ma gli sguardi della gente sugli spalti, procuratori, osservatori e proprietari di squadre che cercano la loro prossima stella. Non importa cosa accade in campo, ma come loro ti stanno guardando e cosa pensano di te. Ovviamente come in tutti i film di questo genere c’è poi il “montaggione” alla Rocky dopo il quale il protagonista è pronto a distruggere tutto. Questo stratagemma è però abusato, con sequenze di 10 minuti in cui il film lascia spazio ad un video motivazionale sui vantaggi dello sport e l’attività fisica. Non ci aspettavamo granché da Hustle e forse per questo ha superato le nostre aspettative, sta di fatto che aveva tutte le carte in regola per passare inosservato ed invece si è fatto notare. Non siamo talent scout ma possiamo dire che questa volta Netflix ha aggiunto un giocatore valido alla sua panchina.

 

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Hustle

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Far leva sullo sforzo e la fatica degli allenamenti, piuttosto che sui sentimentalismi inerenti alla vita difficile del protagonista

Lati negativi

  • L'antagonista non ha motivo di esserlo e le sue scelte appaiono estremamente forzate

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