Lightyear – La vera storia di Buzz: recensione dello spin-off di Toy Story
Lightyear è un inno al fallimento con un eroe diverso dal solito
Il 15 giugno esce nei cinema italiani Lightyear – La vera storia di Buzz, il film spin-off della famosa saga d’animazione Toy Story. Dopo due anni durante i quali i film Pixar sono usciti in esclusiva per la piattaforma Disney Plus (decisione che ha scatenato più di una volta proteste dalla stessa Pixar), la casa d’animazione statunitense è pronta a tornare al cinema.
E lo fa con un personaggio già conosciuto e amato, un’arma a doppio taglio quindi per il regista Angus MacLane, già co-regista di Alla ricerca di Dory e animatore per la Pixar dal 1998. La scelta di dedicare al personaggio di Buzz, di cui gli spettatori conoscono la sua controparte giocattolo, è a dir poco coraggiosa, ma lo è ancora di più quando si scopre che il film è un vero inno alla crescita e al diritto al fallimento grazie ad un eroe che prende le distanze dalla definizione più classica del termine.
Indice
- Trama
- Un universo metanarrativo
- Dal giocattolo al film
- Prendere le distanze dall’eroe classico
- L’importanza di commettere errori
- Azione ed estetica
- In conclusione
Trama – Lightyear, la recensione
Buzz è un fiero space ranger in missione con l’astronauta Alisha Hawthorne per cercare un luogo che possa ospitare loro, gli altri space ranger e gli scienziati a bordo della loro astronave. Gli eventi prendono una piega inaspettata quando i due atterrano su un pianeta sconosciuto che si rivela, ben presto, inospitale. La manovra di salvataggio non va a buon fine e tutto l’equipaggio si ritrova bloccato lì, con poche possibilità di tornare a casa.
Buzz è deciso a trovare una soluzione e sembra esserci riuscito, ma durante un volo di prova che doveva durare solo una manciata di minuti il giovane pilota attraversa un varco temporale che lo porta a 62 anni avanti nel tempo. Tutto quello che conosce non c’è più, al loro posto lo accolgono un gruppo di reclute decise a fermare l’invasione aliena in atto.
Un universo metanarrativo – Lightyear, la recensione
Il film inizia con una precisazione che condiziona l’intera narrazione: “nel 1995, Andy ricevette un giocattolo dell’eroe del suo film preferito. Questo è quel film”, legandosi all’intera saga di Toy Story, ma prendendone le distanze al tempo stesso e spostandosi su una dimensione metanarrativa.
Il Buzz di Toy Story non è quindi un giocattolo raffigurante un vero astronauta, una persona realmente esistita, ma è un personaggio che ha condizionato la vita di Andy in modo simile ai film che hanno caratterizzato la nostra infanzia.
Lightyear si va quindi a inserire in un contesto già esistente – quello di Toy Story -, ma ne espande la storia in una direzione del tutto inedita. Per Woody si era fatta una cosa simile nel secondo film del franchise, ma l’action figure e il personaggio fittizio dal quale è tratto non si discostano molto l’uno dall’altro, ma anzi si muovono sullo stesso binario narrativo. Lightyear si basa sullo stesso concetto, ma Buzz non è l’eroe che si immaginava fosse.
Dal giocattolo al film- Lightyear, la recensione
Gli appassionati di Toy Story conoscono uno space ranger disciplinato, pronto a buttarsi nel capofitto delle missioni e a prenderne il comando, ma solo per i primi minuti del primo film. Poi lo scollamento tra quello che lui crede di essere – uno space ranger che deve sconfiggere Zurg – e quello che è realmente, ossia un giocattolo nella stanza di un bambino, rendono l’effetto complessivo comico. MacLane riprende quelle stesse peculiarità iniziali per farle combaciare con il Buzz di Lightyear, ma è la direzione che prende il ranger successivamente ad essere il vero punto di interesse del film.
Buzz, soprattutto durante la missione iniziale, vuole che tutto fili liscio e non sopporta la presenza della recluta, a suo avviso troppo inesperta per poter affiancare lui e la sua collega Alisha. Buzz si è autoproclamato leader e come tale, quando l’astronave subisce un grave incidente e loro sono bloccati su quel pianeta ostile, sente il peso delle responsabilità e l’obbligo di essere lui a trovare la soluzione al problema.
Prendere le distanze dall’eroe classico – Lightyear, la recensione
In altre parole, Buzz viene presentato come l’eroe classico, colui che deve prendere le redini della situazione e che non può mai sbagliare. Se lo fa, lo sbaglio viene percepito come una debolezza da nascondere e l’unico che può rimediare è lui stesso.
È Buzz che carica se stesso di responsabilità e questo peso sulle spalle lo porta sistematicamente a cercare di agire da solo, respingendo le persone che lo circondano e che vogliono aiutarlo.
Anche lo scontro con Zurg prende tutta un’altra connotazione.
Se nel franchise, Zurg era rilegato semplicemente a colpo di scena comico del film accompagnato dalla citazione più famosa di Star Wars, in Lightyear è un villain di tutt’altro spessore che mette in evidenza l’evoluzione del personaggio. È Zurg che chiarisce quali siano le insicurezze di Buzz e che lo spinge a guardare il tutto da una differente prospettiva.
L’importanza di commettere errori – Lightyear, la recensione
Lightyear porta sullo schermo un film sul fallimento, ma soprattutto sull’importanza di esso e del più classico “l’unione fa la forza”. Sbagliare è un diritto, una naturale tappa di qualsiasi percorso, da quello lavorativo a quello interpersonale, ma specialmente diventa l’errore fondamentale per capire noi stessi.
Inizialmente, Buzz è talmente duro con se stesso da decidere di dedicare anni alla ricerca di una soluzione senza chiedere aiuto a nessuno, credendo che le persone che lo circondano si aspettino questo da lui. Ma gli scienziati sono impegnati a studiare il pianeta e a cercare di renderlo ospitale, le piante aliene non sono più pericolose ma sono diventate una semplice scocciatura quotidiana.
Nessuno incolpa Buzz per quel che è accaduto, l’affetto che gli altri provano per lui non è rimasto scalfito dall’accaduto. Alisha e gli scienziati sono impegnati a costruire la loro vita su un pianeta nuovo senza provare rancore nei suoi confronti.
I valori di cui il film è pieno si vanno ad inserire nella poetica della Pixar che, soprattutto da Inside Out in poi, sta portando avanti; una poetica che si concentra maggiormente sull’introspezione dei personaggi piuttosto che sull’azione. In Lightyear, invece, questo equilibrio viene meno e si predilige l’azione e le dinamiche divertenti tra i personaggi, senza però mai abbandonare gli archi narrativi del gruppo di protagonisti.
Azione ed estetica – Lightyear, la recensione
L’evoluzione di Buzz che ha come punto di partenza l’immaginario dell’eroe solitario, il rapporto tra lui e Alisha prima e poi il suo rapporto con il gruppo di reclute sono i punti forti del film.
L’audacia dimostrata dal regista nel volersi distaccare dal franchise originale viene completamente ripagata. Ma è chiara l’intenzione di voler mettere in appena un’ora e quaranta di film troppi elementi: le citazioni a Star Wars, le linee comiche portate avanti soprattutto dall’adorabile Sox e i riferimenti continui ai film di invasioni aliene e al genere sci-fi fanno pendere l’ago della bilancia verso un film che premia l’azione, ma che ha ancora molto da dire sul lato umano dei personaggi.
Esteticamente, il team Pixar si è superato puntando ad un realismo che tocca le vette durante le soggettive, quando la panoramica dell’ambiente circostante è accompagnata dal riflesso del volto del personaggio sul casco. Le palette di colori accesi, le numerose ambientazioni e il ritmo veloce fanno pensare ai film fantascientifici tipici degli anni ’90 a cui Lightyear – uscito canonicamente nel 1995 – si ispira. L’aiutante robotico Sox e il gruppo di aspiranti reclute che affiancano Buzz sono il giusto bilanciamento divertente del film, ma rafforzano anche il messaggio finale: ognuno ha il suo posto.
In conclusione – Lightyear, la recensione
Grazie a questi elementi Lightyear si aggiudica la nomina di perfetto film d’intrattenimento, ma è guardando al passato della Pixar che ci si chiede se poteva spingersi oltre.
Dopo due anni, un film targato Pixar torna nelle sale cinematografiche con un prodotto che cerca di accontentare più fasce di pubblico, molto diverso dai film che sono invece usciti direttamente sulla piattaforma streaming e che si sono rivelati più audaci. Questo non significa che Lightyear sia un film scontato, tutt’altro.
Con arguzia e intelligenza, Angus MacLane e il team creativo sono riusciti parlare dell’importanza degli errori miscelando la giusta dose di comicità senza mai cadere nel banale, spingendosi anche a rappresentare una famiglia arcobaleno (scelta che continua a ricevere numerose critiche) donandogli un ruolo centrale della trama, piuttosto che relegarne la rappresentazione ad una mera comparsa.
Ma la sensazione finale è che siano andati più sul sicuro, probabilmente per richiamare più spettatori possibili nelle sale dopo una pausa forzata. Lightyear è comunque un film sci-fi intraprendente sotto molti aspetti che dialoga apertamente con le caratteristiche del genere fantascientifico per parlare di un eroe dai tratti contemporanei.
Lightyear
Voto - 8
8
Lati positivi
- L'estetica e i rimandi ai film sci-fi sulle invasioni aliene
- L'evoluzione eroica di Buzz diversa dall'archetipo classico
- I valori del film
Lati negativi
- Si ha la sensazione che questo film potesse dare di più, soprattutto guardando la produzione Pixar degli ultimi anni