Omicidio nel West End: recensione del film con Sam Rockwell e Saorise Ronan
Un giallo con i toni della commedia che onora il genio di Agatha Christie, arriva al cinema Omicidio nel West End
Se è vero che il nero va sempre di moda possiamo dire lo stesso nel cinema per quanto riguarda il giallo; ed oggi più che mai tra remake, trasposizioni e sceneggiature originali. Ed eccoci oggi dunque a parlare dell’ennesimo giallo con la nostra recensione di Omicidio nel West End (qui il trailer) che abbiamo visto in anteprima. Ovviamente ci stiamo riferendo ad un genere su cui sono stati sempre riversati fiumi di inchiostro al livello letterario, ma da sempre corteggiato anche dalla Settima Arte. Il genere ha così successo che esistono trasposizioni cinematografiche di libri ed opere teatrali e remake delle stesse pellicole. Ad esempio recentemente Kenneth Branagh si è cimentato nel rigirare (con discutibile successo) dei classici di Agatha Christie come Assassinio sull’Oriente Express ed Assassinio sul Nilo.
Solo nel 2019 usciva il riuscitissimo Knives Out diretto da Rian Johnson con un cast a dir poco invidiabile. Tornando al nostro Omicidio nel West End possiamo dire che non si tratta di un semplice giallo investigativo ma ha ben altre pretese. Innanzitutto ha i toni, il ritmo e l’umorismo di una commedia. Inoltre la storia vuole essere un omaggio al genio di Agatha Christie. Ma c’è molto altro ancora come il metacinema, il rapporto con il teatro, il conflitto tra sceneggiatori, il rapporto tra registi e produttori, la libertà di scrittura e non solo. Un ancora poco conosciuto Tom George dirige Sam Rockwell, Adrien Brody, Saoirse Ronan e tanti altri in un’avventura misteriosa e ricca di humor allo stesso tempo. Se siete curiosi di conoscere le nostre impressioni proseguite con la lettura della recensione di Omicidio nel West End.
Indice
La trama – Omicidio nel West End recensione
Siamo nel West End di Londra negli anni Cinquanta. È in corso una festa per celebrare la futura trasposizione cinematografica di una pièce teatrale di successo. I diritti sono stati venduti, teatro e cinema si incontrano nello stesso luogo, ognuno rappresentato dai suoi protagonisti. Ma proprio nel corso della festa, uno dei pezzi più importanti della troupe cinematografica viene brutalmente assassinato da un misterioso killer. Il suo corpo viene fatto ritrovare sanguinante all’interno del teatro. Una scena del delitto che sembra essere una raccapricciante scena teatrale. Ad occuparsi del caso c’è ovviamente Scotland Yard che invia un esperto ispettore di nome Stoppard (Sam Rockwell) affiancato da una nuova leva tutt’altro che arguta, Constable Stalker.
Mentre i due agenti cercano di scoprire l’assassino mettendo insieme i pezzi di un puzzle apparentemente irrisolvibile, il numero delle vittime aumenta. La cosa più assurda è che ogni sospettato sembra avere un movente perfetto. Ma come ripete spesso Stoppard alla giovane Stalker “non bisogna mai giungere velocemente a conclusioni“. La partita è appena iniziata, i due detective sembrano essere finiti sulla scena di una storia uscita dalla penna di Agatha Christie. E forse alla fine di tutto qualcosa c’entra anche lei.
Analisi in breve – Omicidio nel West End recensione
Omicidio nel West End è tutto fuorché un giallo convenzionale. Pur citando continuamente i classici di Agatha Christie l’intento del film è ben altro che quello di presentare una semplice storia dove ci sono una vittima ed un assassino. Partiamo con il metacinema, il cinema che parla di se stesso, cosa che avviene frequentemente nel lungometraggio di Tom George. Ma forse è la vena ironica ed umoristica lo spunto narrativo ed autoriale più caratterizzante in assoluto. Un film giallo stile Agatha Christie che prende in giro i gialli di Agatha Christie. Gli stessi agenti protagonisti, Stoppard e Stalker, sono dei classici anti-eroi distanti anni luce dal rigore investigativo e logica deduttiva di uno Sherlock o Poirot tanto per citarne qualcuno.
L’umorismo è la vera colonna portante di Omicidio nel West End, tra battute dirette e sequenze dove il “pathos” e il “mistero” di scena vengono demoliti da una semplice freddura, come un gioco di parole. Una storia che non si prende troppo sul serio ma che ci mostra anche il dietro le quinte, i dissapori tra sceneggiatori, attori, registi e produttori. Il cinema ed il teatro vengono allora presentati come una sorta di macchine complesse e slegate dove ogni pezzo reclama una sua autonomia quasi a perdere l’armonia del tutto. E sì, c’è anche l’investigazione, il giallo vero e proprio, ma sembra più un pretesto per portare in scena ben altro.
Cosa non ci ha convinto
In tal senso però la sceneggiatura di Omicidio nel West End non fa mai decollare il film come dovrebbe. La storia procede lentamente, senza un ritmo preciso, le fasi investigative lasciano il tempo che trovano. Ma soprattutto all’atto finale non c’è quella machiavellica risoluzione del caso che ci aspetteremmo in un giallo degno del suo nome. È sicuramente l’aspetto più carente del film, quello che ci ha fatto storcere di più il naso da appassionati di storie alla Agatha Christie, con finali impossibili ma coerenti allo stesso tempo. Mentre il comparto tecnico dona una bella forma all’opera di Tom George.
Aspetti tecnici
Eccezionale il lavoro svolto dietro la cinepresa, a pari merito con la bella fotografia di scena. La camera fissa con le inquadrature centrate, l’eccentricità di alcuni personaggi ed i colori vividi di alcune scene ci hanno ricordato non poco il cinema di Wes Anderson, senza mai raggiungere comunque l’eccentricità del maestro. Le musiche, la scenografia e la post-produzione hanno ricreato alla perfezione l’atmosfera degli anni Cinquanta, in una Londra buia e fredda. E non è un caso che su tutti svetti l’interpretazione di Sam Rockwell, fortunatamente nel ruolo del detective protagonista, ben affiancato dalla sua spalla, Saoirse Ronan nei panni dell’agente Stalker.
Le nostre conclusioni – Omicidio nel West End recensione
Omicidio nel West End ci aveva fatto sperare in qualcosa di molto più convincente. Sarà che adoriamo i gialli, che abbiamo letto Sam Rockwell tra i nomi dei protagonisti, ma ci aspettavamo molto di più a livello di storia. Sì, perché un amante del genere vuole vedere prima un bel caso risolto e poi magari apprezzare tutte le cose di contorno. Omicidio nel West End è un’opera citazionista, è metacinema, è commedia e tutto ciò funziona bene differenziandolo dai film di genere. Non solo. È un film che vuole parlare anche della libertà di scrittura, del rapporto tra opera di finzione e cronaca di fatti reali a cui si ispira affrontando in maniera provocatoria (e superficiale) uno spinoso discorso etico.
Ben venga l’ambientazione, i luoghi comuni, i personaggi eccentrici e caratteristici, l’umorismo diretto, il citazionismo e quello che volete. Ma alla fine quello che manca a Omicidio nel West End è una storia convincente sia sul piano del ritmo che puramente “giallistico”, di un gradino sotto ad altre opere di genere. Manca da una parte la sostanza, mentre c’è tanta forma, ed il risultato non ci ha convinto pienamente. In definitiva un film che raggiunge la sufficienza, ma senza fare troppo clamore. L’elemento commedia rende il film adatto ad un largo pubblico e non solo, per intenderci, agli appassionati del giallo.
Omicidio nel West End
Voto - 6
6
Lati positivi
- La presenza di umorismo e metacinema in un giallo
- Il comparto tecnico nel suo insieme
Lati negativi
- Spesso troppo lento
- La storia risulta un po' debole
- Non vi sono grandi colpi di scena