“The Post” – La recensione del nuovo film di Steven Spielberg
Tom Hanks e Meryl Streep sono i due colossi a cui si affida il leggendario Steven Spielberg in “The Post“, il suo ultimo film. Tema della pellicola è la ricostruzione dello scandalo “Pentagon Papers” che nel 1971 spinse il Washington Post a sfidare il Presidente Nixon. Il film tocca con consumata efficacia argomenti quali la libertà di stampa e il ruolo di potere delle donne con raro tempismo.
Ennesima dimostrazione di come Spielberg sappia ormai padroneggiare ogni genere di storia senza forzature stilistiche, “The Post” racconta un’epoca già lontana senza nostalgie. La strepitosa performance delle due star protagoniste non può che impreziosire il tutto e rendere il film una imperdibile gara di bravura.
Ecco la recensione di “The Post”, il nuovo film di Steven Spielberg
Il Coraggio della Verità
Nel 1966 l’analista militare Daniel Ellsberg torna dal Vietnam con la consapevolezza che le cose non stanno migliorando per l’esercito americano. Colpito dalla spregiudicatezza con cui il Presidente Johnson e il Segretario alla Difesa mentono alla Nazione, decide di agire. Nel 1971 i documenti secretati in cui Ellsberg rivela quale immane disastro sia quella guerra finiscono al New York Times. La rezione del Presidente Nixon è quella di tappare subito la bocca al quotidiano con un’azione legale ed è qui che entrano in gioco i veri protagonisti.
Può essere tollerabile un simile attacco alla Libertà di Stampa? Questa domanda se la pongono Katherine Graham (Meryl Streep), proprietaria del Washington Post e Ben Bradlee (Tom Hanks), direttore del quotidiano. Affrontare il Presidente potrebbe portare alla chiusura del giornale e del sogno coltivato prima di Katherine dal marito morto suicida. Eppure, come promuove il battagliero Bradlee, è in momenti simili che il mestiere del cronista diventa fondamentale. La decisione che prenderanno segnerà la prima crepa nella corazza di Nixon e la scintilla che farà divampare lo scandalo Watergate.
La Storia come Maestra del Presente
Da cosa si riconosce un grande regista? Nel caso di Steven Spielberg (qui alcuni suoi consigli cinefili) anche dalla capacità di scegliere storie capaci di parlare alla società contemporanea in maniera indiretta. “The Post” sembra un altro capitolo del suo percorso artistico dedicato alla narrazione di eventi fondanti della storia americana ma è anche qualcosa di più. Con tempismo implacabile, il regista rievoca uno scontro non dissimile nei toni da quello che l’attuale presidente Donald Trump inscena quasi ogni giorno con i mass media USA. La necessità di raccontare la verità senza bavagli legati alla politica o all’opportunismo nel nome dell’informazione a tutto tondo è attuale più che mai.
Per fare questo Spielberg rievoca un periodo storico pre-Internet in cui era necessario affrontare tempi tecnici prima di poter pubblicare una notizia. La mancanza di immediatezza, quindi, come sprone a ponderare, ragionare, discutere prima di dare alle stampe. Per fortuna “The Post” non punta sull’odioso Fattore Nostalgia che spesso azzoppa film che vorrebbero rievocare abitudini di una volta (“Walter Mitty” è un esempio). Non vuole incoronare i Metodi di Una Volta a discapito di quelli contemporanei ma intende usarli per raccontare in chiave di metafora il Presente.
Tom & Meryl
Se c’è una cosa che Steven Spielberg ama fare è guardarsi intorno, specie per i ruoli secondari. Molto spesso, nei suoi film, si ritrovano volti emergenti che abbiamo scoperto altrove, segno del suo costante “restare sul pezzo”. Bello, quindi, riconoscere il meraviglioso Bob Odenkirk (il Saul Goodman di “Breaking Bad”), Jesse Plemons (“Fargo” e “Black Mirror”) e Carrie Coon (“The Leftovers”).
Ma i riflettori, anche della nostra recensione, sono puntati inevitabilmente sui due protagonisti. Per Tom Hanks lavorare con Spielberg è quasi un’abitudine avendo realizzato 5 film insieme, superando Harrison Ford a quota 4. Il suo Ben Bradlee è modulato sulla frenesia della parlata e dei movimenti ma anche dalla passione. Hanks lo tratteggia come un uomo che sa bene quanto questa situazione possa danneggiare le fondamenta della sua professione e non ha paura di trascinare tutti con sè.
Diverso il caso di Meryl Streep, alla sua prima collaborazione con il regista di “Jurassic Park”. La sua Katherine è una donna che ricopre un ruolo da uomo in un contesto problematico sul fronte della parità dei diritti (e questa è la seconda “citazione al presente” del film). Katherine vuole onorare il giornale del marito defunto ma non vuole distruggerlo con un atto indiscriminato. Spielberg la inquadra sempre con l’obiettivo di evidenziare la sua estraneità all’ambiente (nelle riunioni non solo è l’unica donna ma è l’unica con un abito dal diverso colore). Dal canto suo, Meryl lavora di gesti misurati, senza strafare ma con un’eleganza e una intensità che rendono condivisibile il suo dramma interiore.
Il giudizio?
“The Post” parla del presente narrando il passato e lo fa senza rinunciare allo stile dinamico di Spielberg. Lunghi movimenti di macchina, piani sequenza, cambi di messa a fuoco che contribuiscono a stabilire tono e ritmo narrativo sono i fiori al’occhiello sul fronte produttivo. La presenza di due attori carismatici che non si rubano mai la scena ma si spalleggiano a vicenda evidenzia come proprio la collaborazione di due caratteri molto diversi possa portare a un risultato storico.
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The Post
Rating - 8
8
The Good
- Il film usa un evento del Passato per evidenziare magnificamente storture del Presente.
- Cast in ottima forma e ben gestito da Spielberg
- Spielberg trova un equilibrio ammirevole fra tono della storia e tecnica narrativa.