Il prodigio: recensione del film Netflix di Sebastián Lelio con Florence Pugh
Il nuovo lavoro di Lelio è un period drama affascinante ed è tratto dall'omonimo romanzo di Emma Donoghue
Il prodigio, di cui vi presentiamo la recensione, è il nuovo film dell’acclamato regista cileno Sebastián Lelio, autore di pellicole molto apprezzate come Gloria e Una donna fantastica. Questa volta il regista si dedica a un sorprendente period drama ambientato nell’Irlanda del 1862 durante la Grande Carestia. La fonte di ispirazione è l’omonimo romanzo di Emma Donoghue, autrice di Stanza, letto, armadio, specchio da cui ero stato tratto il meraviglioso Room di Lenny Abrahamson. Proprio come in questo film, anche ne Il prodigio troviamo un potente ritratto femminile affidato al talento di una giovane attrice; in questo caso è Florence Pugh, ormai sulla cresta dell’onda e prossimamente in opere molto attese come Dune – Parte 2 e Oppenheimer di Christopher Nolan. A completare il cast ci sono poi Tom Burke, Toby Jones, Niamh Algar, Elaine Cassidy, Ciaràn Hinds e la giovanissima Kìla Lord Cassidy.
La trama de Il prodigio si concentra sull’infermiera inglese Elizabeth Wright (Florence Pugh), chiamata insieme a una suora per osservare e verificare l’attendibilità di un evento prodigioso che sembra essersi verificato in un piccolo e remoto villaggio irlandese, abitato da una comunità estremamente religiosa. In questo luogo l’undicenne Anna O’Donnell (Kìla Lord Cassidy) afferma di non mangiare da quattro mesi e di nutrirsi solo di “manna dal cielo”, rimanendo in salute; un presunto miracolo che inizia ad attirare l’attenzione di giornalisti e devoti curiosi. Il compito di Elizabeth e della suora sarà osservare la bambina e capire se il prodigio sia reale oppure se sia tutta una truffa orchestrata ad arte. Quello che si verificherà sarà un vero e proprio scontro tra le contraddizioni della fede e la logica della verità scientifica. Di seguito il nostro giudizio completo su Il prodigio (qui il trailer), disponibile su Netflix.
Indice
Storie, verità e scienza – Il prodigio recensione
Come emerge chiaramente dalla trama, Il prodigio mette in atto un confronto serrato tra la fede religiosa e la logica della mente scientifica, in cui l’infermiera di Florence Pugh sa che il presunto miracolo non può essere vero e deve lottare per dimostrare la verità. In questo confronto, fra indagini che sembrano complicarsi sempre di più, il regista e le co-sceneggiatrici Emma Donoghue e Alice Birch giungono a far emergere in modo chiarissimo ma mai didascalico il marcio che si può nascondere sotto una fervente devozione e fede cristiana. Quest’ultima rappresenta un faro soprattutto per i più poveri e deboli, i quali, nel loro forte credere, possono finire in una gabbia che li isola dalla vera (ma anche crudele) realtà dei fatti. Ed è proprio il credere (non solo religioso) il focus dell’intero film, che incornicia letteralmente la pellicola con un inizio e una fine davvero brillanti e anche meta-cinematografici.
La voce narrante si rivolge direttamente allo spettatore affermando che i personaggi del film “credono nelle proprie storie con assoluta devozione”; inoltre afferma: “non siamo niente senza storie e dunque vi invitiamo a credere in questa”. Il prodigio riflette dunque sulle storie che costantemente l’uomo si racconta, sulla loro validità, su come esse ci condizionino, sulle modalità estreme con cui si rimane legati ad esse sfidando ogni logica. Una riflessione che coinvolge necessariamente le credenze religiose ma non solo, dato che il discorso possiede una portata più universale. Il fil rouge de Il prodigio è accompagnato poi dall’immagine di una gabbia, in cui si può scegliere se rimanere dentro o meno. Questo ovviamente si ricollega alle storie che ci raccontiamo, le quali finiscono per ingabbiarci se si finisce costantemente per crederci. Come Il prodigio dimostra con la vicenda della giovane Anna, non per tutti però è facile uscirne.
Un’opera ben diretta e interpretata
Il focus e le tematiche di cui si è parlato sono inseriti in un’impalcatura narrativa perfetta, frutto di un gran lavoro di sceneggiatura di Lelio, Donoghue e Birch. Il prodigio non è però solamente un film ben scritto, ma possiede una regia, una recitazione e un lavoro tecnico degni di nota. Sebastián Lelio lavora in modo perfettamente coerente con la vicenda raccontata, esaltando la psicologia dei personaggi e l’ambientazione irlandese selvaggia e autunnale con riprese che si avvicinano a scavare nella mente dei protagonisti e a sottolineare la desolazione dei luoghi. Questo lavoro è supportato dalla direttrice della fotografia Ari Wegner, la quale insiste molto sui colori a contrasto come per sottolineare quello scontro tra fede e scienza che è in atto nella narrazione. All’interno del comparto tecnico sono da lodare poi le musiche ipnotiche di Matthew Herbert, le cui composizioni donano un particolare tocco di oscurità alle vicende raccontate.
Bisogna osservare anche che Il prodigio restituisce anche un ritratto femminile molto convincente e potente; questo non sarebbe stato possibile senza la recitazione straordinaria di Florence Pugh. L’attrice riesce a reggere praticamente tutto il peso della narrazione su di sé, impegnandosi in una performance davvero ottima che restituisce tutte le sfaccettature del suo personaggio. Elizabeth infatti è una donna fredda e severa, ma anche dilaniata da dolori passati e ricca di un forte istinto materno; la recitazione della Pugh restituisce tutto ciò agli occhi dello spettatore. L’attrice dunque dimostra nuovamente di essere perfettamente a suo agio nei ruoli in costume e di saper lavorare ottimamente su personaggi psicologicamente molto interessanti.
Giudizio finale – Il prodigio recensione
Elaborando un giudizio finale in questa recensione de Il prodigio, possiamo affermare che il film è un’opera cinematografica concettualmente brillante che si sofferma sul credere nelle storie, sull’importanza che esse hanno nella vita dell’uomo e di come spesso finiscono per ingabbiarci. Le tematiche incluse nella storia, come l’incontro-scontro tra fede e scienza, sono elaborate poi nel modo giusto, senza fastidiosi trattamenti didascalici. A sorreggere la notevole impalcatura filmica di questo dramma d’epoca, dalla storia e atmosfera affascinanti, intervengono potenti performance attoriali, come quella straordinaria di Florence Pugh, e pregevoli lavori tecnici, come quelli di regia, fotografia e musica. Dove il film si spegne è probabilmente sul ritmo: nonostante una durata di 110 minuti, il procedere lento degli eventi finisce per incidere sulla fruibilità del film e manca di creare una certa inquietudine su determinati aspetti. Un piccolo neo che comunque non cancella la profonda validità della nuova pellicola di Lelio.
Il prodigio, grazie a tutte queste caratteristiche, è già sotto osservazione per la prossima stagione dei premi. Dopo i commenti positivi ricevuti durante le presentazioni al Telluride Film Festival, Toronto International Film Festival e al Festival internazionale del cinema di San Sebastian, il film si trova già sulla piattaforma di lancio per Golden Globes e Premi Oscar. Possibili futuri riconoscimenti per un’opera che probabilmente è il miglior risultato fino ad oggi del regista cileno.
Il prodigio
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Il focus del film e le tematiche trattate sono molto interessanti e ben elaborate
- Ottima regia, fotografia e colonna sonora
- La straordinaria performance di Florence Pugh
Lati negativi
- Il procedere lento della narrazione spegne un po' il film in alcuni momenti, influendo sulla fruibilità dell'opera