Cliché e banalità, recensione di “Piuma”- FilmPost
*Attenzione Spoiler*
Può una commedia, su carta leggera e senza pretese, risultare forzatamente pretenziosa? Sì, e Piuma di Roan Johnson ne è la prova. Piuma racconta le vicende di due ragazzi, Ferruccio detto “Ferro” e Cate, alle prese con una gravidanza inaspettata. Nei nove mesi che seguono assistiamo alla vita di tutti i giorni e ai momenti più importanti di due adolescenti che si trovano a vivere una situazione più grande di loro tra amicizie, famiglie disfunzionali e scelte importanti in vista dell’arrivo della piccola “Piuma” (il nome della bambina che da’ il titolo al film). La premessa sembra buona, un po’ banale ma buona, e ci sono tutte le possibilità per fare un buon film ma il risultato è tremendo. Se volessimo dire cosa c’è di sbagliato basterebbe dire “tutto” ma andiamo per gradi; il film è ambientato a Roma e già da subito notiamo una delle pecche maggiori che caratterizza il film ovvero lo stereotipo borgataro, la recitazione punta tutto su una ricerca affannata di realismo che scade in un’interpretazione macchiettistica da parte di (quasi) tutti gli attori e a tal proposito non possiamo non parlare del protagonista Ferro. Il personaggio di Luigi Fedele è la parodia di se stesso, uno stereotipo vivente che vorrebbe rappresentare il liceale ribelle ma che, tra frasi surreali in romanesco forzato e reazioni fuori luogo, finisce per risultare ridicolo e non suscita alcun tipo di empatia, tantomeno di immedesimazione. Sono pochi i personaggi chiave sullo schermo: i genitori di Ferro (il padre sembra essere l’unica persona conscia della situazione), il nonno del ragazzo, il padre fallito di Cate, gli amici della coppia e la badante del nonno, tutti mancano di spessore risultando alla fine delle semplici maschere e, anche se ciò fosse stato l’intento del regista, il modo in cui è stato reso è pessimo. La storia segue un percorso lineare ma, dalla prima all’ultima scena, nessun personaggio si evolve o viene approfondito e rimaniamo con delle linee standard che ci vengono somministrate fino ai titoli di coda. Sono tanti gli episodi che vengono introdotti per rendere la vicenda un po’ più movimentata: Ferro tradisce Cate, il tentativo di suicidio del padre di lei, la crisi dei genitori di lui e infine la decisione di dare il bambino in adozione ma tutte queste scene saranno delle parentesi aperte e chiuse sul nascere (altre lasciate aperte e basta…) e il film continuerà e si concluderà in maniera scontata e mediocre con la coppietta che, nonostante i numerosi problemi, decide di tenere il bambino. La regia di Johnson a primo avviso non è malvagia ma a rovinarla contribuiscono delle scene dove la telecamera è talmente mossa che sembra riprendere un filmino amatoriale (forse voleva citare “The Blair Witch Project”…) e, dulcis in fundo, le orribili parti dove i due protagonisti nuotano nello schermo, va ricordata l’agghiacciante nuotata nell’ecografia della piccola Piuma. Concludendo, perché all’inizio accusiamo il film di pretenziosità? Guardando il trailer ci sembrava di vedere una pellicola comica, dissacrante e cinica ma il prodotto finale è degno di un lavoro di Federico Moccia dei primi anni 2000. Se volete vederlo vi consiglio di prenderlo per quello che è : una commediola adolescenziale, anche se la mancanza di ambizione non giustifica un film brutto.