Il ritorno di Casanova: recensione del film di Gabriele Salvatores con Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio
Al cinema dal 30 marzo, Il ritorno di Casanova riflette sul tempo, sul cinema e sulla vecchiaia: un film da non perdere, diretto da Gabriele Salvatores e con protagonista Toni Servillo
Dopo l’anteprima del Bif&st, è al cinema dal 30 marzo Il ritorno di Casanova, il nuovo film di Gabriele Salvatores, che si confronta liberamente e prende le mosse dall’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler del 1918. La crisi esistenziale, il rapporto tra cinema e vita, il tema del doppio, la sfumata dicotomia tra gioventù e vecchiaia e lo scorrere inesorabile del tempo sono tutti punti cardine del film di Salvatores. Un film che sin da subito immerge lo spettatore in un’atmosfera sospesa e quasi onirica, aiutata e veicolata anche dall’alternanza dell’uso del bianco e nero e del colore. Tra un presente in bianco e nero e un passato a colori si muovono le figure di Leo Bernardi e Giacomo Casanova, portati in scena rispettivamente da Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio.
Leo Bernardi è un regista alle prese con un film su Giacomo Casanova. Non riesce a portarlo a termine, in crisi personale più che creativa, e le pressioni del produttore e della prospettiva della Mostra del Cinema di Venezia non aiutano. Ad aiutarlo c’è il suo montatore di fiducia, Gianni, che lavora giorno e notte al film e che cerca di risollevarlo dal precipizio di un’incombente depressione. A complicare il quadro ci sono la competizione, frustrante e indigesta per Leo, con il regista rampante e amatissimo dalla critica Lorenzo Marino e un amore rimasto “in sospeso” per la giovane contadina Silvia.
Indice:
- Il tempo e il tema del doppio tra i parallelismi di un film dentro a un film
- Cinema e vita, vita e cinema
Il tempo e il tema del doppio tra i parallelismi di un film dentro a un film – Il ritorno di Casanova recensione
Sono molti i temi e le suggestioni che Gabriele Salvatores affronta nel suo Il ritorno di Casanova. Prima di tutto, il condizionamento e il peso del tempo – col suo scorrere inesorabile e l’altrettanto inesorabile confronto che impone – aleggiano per tutto il film. Vi è il tempo materiale, con le scadenze da rispettare imposte dall’industria cinematografica a un regista riluttante che un certo male di vivere ha reso indolente. E vi è quello più simbolico, ma non per questo meno pragmatico, che rimanda all’invecchiare e al confronto con una giovinezza e uno slancio vitale che non ci sono più. Un concetto esplorato, nel film nel film, attraverso la figura del vecchio Casanova, in lotta con lo spettro del sé del passato, e desideroso di conquistare, in memoria dei bei tempi, la giovane e bella Mariolina (Bianca Panconi). Nella dimensione del reale – fissata anche visivamente in un tempo sospeso – Leo si confronta con la giovinezza, e con la sua promessa di futuro, nel rapporto con Silvia (Sara Serraiocco). Leo, a 63 anni, ha paura di legarsi a Silvia, che ha tutta la vita davanti e di paura, invece, non ne ha alcuna.
In una narrazione stratificata, dove ciascuno spunto ne contiene altri, Salvatores mette in scena una riflessione sul tema del doppio (particolarmente caro anche allo stesso Arthur Schnitzler). C’è Leo, che ha il suo doppio nel personaggio di Lorenzo Marini (Marco Bonadei), una sorta di alter-ego, altro da sé, che è costantemente lì a ricordargli che le giovani generazioni sono pronte a soppiantare quella vecchia guardia che pur prendono a modello. E c’è Casanova, che ha un doppio nel se stesso giovane e nella figura del tenente Lorenzi (Angelo Di Genio), con cui alla fine del film nel film si sfida a duello, uccidendolo, e con lui mandando a morte anche il fantasma, diventato ingombrante e insopportabile, della sua gioventù.
Cinema e vita, vita e cinema – Il ritorno di Casanova recensione
Per Leo Bernardi il cinema è salvezza, porto sicuro e via di fuga. È rifugio dai mali dell’anima, dai rapporti umani che gli stanno stretti e da quelli che sente di non aver le giuste risorse per gestire; è via di fuga da un mondo che spesso e volentieri gli si rivolta contro. Emblematica, in questo senso, la sequenza in cui i dispositivi del sistema iper-tecnologico di domotica di casa sua gli si rivoltano contro perché percepiscono la sua ansia e il suo disagio. O, ancora, la scena (divertentissima) in cui al termine di una pessima giornata la vita si fa beffa in maniera grottesca e surreale del povero Leo bloccandolo all’interno delle porte a vetri di un bancomat. In un certo qual modo Il ritorno di Casanova si inserisce in quella immaginaria linea tematica che accomuna diversi dei film usciti nel corso degli ultimi mesi: film personali, più o meno autobiografici, che riflettono sul cinema e sul suo ruolo in un percorso di formazione.
Viene da pensare a The Fabelmans, per esempio, anche se questa di Salvatores non è propriamente una lettera d’amore al cinema. È piuttosto una riflessione agrodolce sul rapporto tra cinema e vita, una relazione dove il primo (probabilmente con una lettura se non autobiografica, quantomeno fortemente partecipe) è elemento salvifico, necessaria linfa vitale e rassicurante nascondiglio. Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio sono entrambi artefici di grandi prove; prove anche piuttosto fisiche e cariche di sfumature, con la macchina da presa che indugia spesso e volentieri sui loro corpi, anche in maniera smaccatamente indiscreta. Da sottolineare anche la performance impeccabile di Natalino Balasso nella parte del fedele montatore Gianni: una ruolo che dà spessore e importanza a una figura fondamentale nella macchina cinematografica e spesso e volentieri sottovalutata. Il ritorno di Casanova (qui il trailer) è in sala dal 30 marzo.
Il ritorno di Casanova
Voto - 8
8
Lati positivi
- I parallelismi in una narrazione a scatole cinesi ricchissima di spunti di riflessione
- Le prove di Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio e Natalino Balasso
Lati negativi
- Il personaggio affidato a Sara Serraiocco non è particolarmente efficace nella sua rappresentazione