Non odiare: la storia vera che ha ispirato il film di Mauro Mancini con Alessandro Gassmann
La trama e la storia vera del caso di cronaca che ha ispirato Non odiare di Mauro Mancini
Non odiare, film del 2020 presentato in anteprima alla 77ª Mostra del Cinema di Venezia nel corso della Settimana della Critica, segna l’esordio alla regia per Mauro Mancini. I protagonisti sono Alessandro Gassmann, Sara Serraiocco e Luka Zunic e la storia, con una sceneggiatura firmata dallo stesso Mancini a quattro mani con Davide Lisino, è ispirata a un vero fatto di cronaca avvenuto in Germania, a Paderborn, nel 2010. Durante la Mostra del Cinema, Gassmann ha vinto il Premio Pasinetti per la Miglior interpretazione maschile, mentre nel 2021 Serraiocco si è aggiudicata un Nastro d’argento come Miglior attrice non protagonista.
La trama e la storia vera del caso di cronaca che ha ispirato Non odiare di Mauro Mancini
Simone Segre (Alessandro Gassmann) è un chirurgo che vive a Trieste, nel Borgo Teresiano. Ha origini ebraiche e il padre è un sopravvissuto all’Olocausto. Un giorno Simone è testimone di un terribile incidente stradale la cui vittima versa in gravissime condizioni. Il medico presta soccorso all’uomo ma quando si accorge che questi ha una svastica tatuata sul petto decide di non procedere oltre, lasciandolo morire. Per Simone è impossibile salvare la vita a un neo-nazista, ma ben presto si ritrova a fare i conti con la sua scelta. Quello di Mauro Mancini è un film doloroso e asciutto nella sua rappresentazione del tormento e delle implicazioni morali del suo protagonista, interpretato da un bravo Alessandro Gassmann. Simone è diviso tra il suo ruolo di medico, vincolato da un giuramento che gli impone di curare chiunque abbia bisogno del suo aiuto, e il suo essere figlio di un sopravvissuto a una delle più grandi barbarie della storia dell’umanità.
A fare da spunto alla storia raccontata in Non odiare (qui il trailer) vi è un fatto di cronaca accaduto in Germania. Siamo nel 2010, a Paderborn, quando un chirurgo all’epoca 46enne si ritrova a dover operare un paziente di 36 anni. L’uomo è già sotto anestesia quando il medico nota che sul suo braccio è tatuata una svastica sovrastata da un’aquila imperiale. Come riportato all’epoca dei fatti dal Süddeutsche Zeitung, il chirurgo si rifiuta di procedere con l’intervento e dichiara alla moglie del suo paziente: “Non posso operare quest’uomo, sono ebreo”. Il medico si è immediatamente preoccupato di trovare un collega che potesse effettuare l’intervento, poi conclusosi con successo, al suo posto. La moglie del paziente ha criticato l’operato del chirurgo, sottolineando come andasse contro i principi del giuramento di Ippocrate. L’opinione pubblica, così come buona parte dei colleghi, si è invece schierata dalla parte del medico, di cui ha riconosciuto il coraggio.