Jack Ryan 4: la recensione dei primi due episodi della stagione finale
Dopo una terza stagione sottotono l'agente della CIA creato da Tom Clancy torna per la quarta e ultima volta puntando alle vette della prima annata. La recensione dei primi due episodi.
Ad appena sei mesi di distanza dalla stagione precedente Jack Ryan 4 torna su Prime Video per il suo gran finale. Un ritorno repentino e quasi inaspettato che vede questa volta il celebre agente della CIA creato da Tom Clancy e interpretato da John Krasinksi alle prese con una delle sue missioni più complesse e rischiose. In una stagione conclusiva che parte oggi e, con un doppio episodio ogni venerdì, si concluderà il 14 luglio, Jack dovrà così fare i conti con una minaccia interna alla sua stessa agenzia, tra dirigenti corrotti e organizzazioni criminali senza scrupoli.
Sei episodi – adattati per il piccolo schermo, come sempre, da Carlton Cuse e Graham Roland – che si preannunciano ricchi di sorprese e colpi di scena, in cui Jack dovrà mettere a dura prova la sua fiducia in un sistema che ha sempre lottato per difendere. Ad accompagnarlo in quest’ultima avventura i compagni di sempre, da James Greer (Wendell Pierce) a Mike November (Michael Kelly), passando per la rediviva Cathy Mueller di Abbie Cornish e la new entry Domingo ‘Ding’ Chavez, personaggio fondamentale nell’universo letterario di Ryan e qui interpretato da Michael Peña.
Indice:
Trama – Jack Ryan 4 recensione
Dopo gli eventi di Mosca e l’aver di fatto scongiurato la terza guerra mondiale, Jack è tornato con tutti gli onori del caso in patria per prendere il posto di vicedirettore ad interim dell’agenzia, ora capitanata da Elizabeth Wright (Betty Gabriel). Ma il nuovo ruolo sembra portare più responsabilità del previsto all’ex analista, a partire dagli oscuri segreti lasciati in eredità dal precedente direttore della CIA Miller. È proprio con la scoperta di una serie di missioni finanziate da quest’ultimo nel corso degli anni che Jack finisce con l’incappare in una rete che unisce insieme cartelli della droga messicani e organizzazioni criminali del sud-est asiatico, e che, forse, potrebbe coinvolgere persino qualcuno più in alto, a Washington.
Tra presidenti assassinati, agenti sotto copertura, servizi deviati e la misteriosa Triade del Loto Argenteo della Birmania, Jack e compagni dovranno sbrogliare i fili di una matassa che rischia di travolgerli, coinvolgendoli in prima persona in una cospirazione internazionale destinata a minare la loro fiducia nell’agenzia e nel loro stesso Paese.
Ritorno alle origini
Parte come di consueto da un attentato a un personaggio di spicco, la nuova stagione di Jack Ryan. Un evento destinato inevitabilmente a dar vita a una reazione a catena di proporzioni globali, nonché una tradizione collaudata che rispecchia il desiderio di questa ultima annata di tornare alle sue origini, a quell’esordio capace sin da subito di fare scuola, coniugando assieme esigenze spettacolari e un approccio alla materia più realistico della media. È proprio riprendendo la formula vincente della prima stagione che la serie pare ben motivata a chiudere idealmente (ma anche narrativamente) nel migliore dei modi un cerchio per certi versi minato dalla tiepida prova della penultima annata.
Ecco allora tornare i vari personaggi con il loro carico di fardelli, lavorativi e non (il ritorno della ex di Jack, la dottoressa Cathy Mueller; lo spazio dato ai problemi famigliari di Greer), alle prese, questa volta, con un intrigo che coinvolge in prima persona il protagonista e le sue stesse certezze in un sistema a cui ha sempre creduto.
L’eroe di cui avremo sempre bisogno
Dai palazzi presidenziali di Lagos alle ville dei narcos nello Yucatan, dai casino birmani gestiti dalla Triade alle stanze del potere di Washington D.C, Jack Ryan da così vita all’ennesimo intrigo internazionale mettendo questa volta al centro della vicenda due grandi temi: la sfiducia in un sistema cui si è sempre creduto e l’importanza della famiglia e degli affetti. È proprio tra questi due estremi che pare destinata a concludersi la parabola di Jack, una carriera fulminante che da semplice analista lo ha visto diventare vicedirettore dell’organizzazione più potente del mondo, senza però mai tradire se stesso.
Un personaggio unico, a suo modo anticonformista, per cui l’intelligenza e il calcolo hanno sempre la precedenza sulla mera esecuzione degli ordini. Un eroe tutto d’un pezzo genuinamente convinto di agire sempre e comunque per il bene del popolo americano. L’uomo giusto, insomma, a cui affidare le sorti del mondo o, come in questo caso, la ricostituzione di un’intera organizzazione.
Verso un finale all’altezza(?)
Perché è proprio la CIA, questa volta, a rivelarsi marcia fin nelle fondamenta, una corruzione che si rispecchia in una società di cui l’organizzazione è microcosmo. Un punto di non ritorno, forse, per i nostri eroi, chiamati a confrontarsi definitivamente su cosa sia giusto o sbagliato, legittimo o criminale. La punta di un iceberg appena toccato in questi primi due episodi ma che si spera venga sviluppata nel migliore dei modi.
Quello che si può dire sin da subito sicuramente è che la serie sembra intenzionata a seguire la lezione della prima stagione, la migliore e più notevole, intensificando psicologie e dinamiche tra i personaggi e unendo l’azione a un intreccio coinvolgente, ricco di cambi di location e colpi di scena. Un inizio all’altezza, dunque, che si spera la serie riesca a sviluppare nel migliore dei modi, regalando una degna conclusione a un’avventura spesso altalenante e non sempre coinvolgente come avrebbe dovuto essere.
Jack Ryan 4
Voto - 7
7
Lati positivi
- L'intreccio coinvolgente e i temi trattati sembrano rimandare ai fasti della prima stagione
- I personaggi riacquistano una dimensione privata trascurata nelle precedenti due stagioni, risultando così meno bidimensionali
Lati negativi
- Il modo in cui si sviluppa la vicenda, tra cambi di location e intrighi internazionali, potrebbe sembrare già visto e ripetitivo