Tutta la luce che non vediamo: recensione della serie Netflix
Una serie drammatica che somiglia a una fiaba con i suoi eroi, un villain malvagio e la leggenda di una gemma maledetta.
Presentata in anteprima a la Festa del cinema di Roma, Tutta la luce che non vediamo approda su Netflix il 2 novembre. Tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Doerr, è adattato per il piccolo schermo dallo sceneggiatore Steven Knight (conosciuto principalmente per Peaky Blinders) e diretto da Shawn Levy.
Indice
Trama – Tutta la luce che non vediamo, la recensione
Con sullo sfondo la fine della Seconda guerra mondiale, una ragazza cieca, confinata in un palazzo diroccato, legge Ventimila leghe sotto i mari su una frequenza radio che precedentemente ospitava il programma radiofonico scientifico per bambini condotto da un professore francese. In quella stessa frequenza, ogni sera, si collega un giovane soldato tedesco stanco della guerra che gli ha portato via tutte le speranze e i sogni.
Questo è l’incipit di Tutta la luce che vediamo che racconta la storia intrecciata di Marie (interpretata da Aria Mia Loberti e, da bambina, da Marie-Laure) e di Werner (Louis Hofmann conosciuto per aver dato il volto al protagonista di Dark) in una storia che attraversa un decennio.
Una fiaba drammatica – Tutta la luce che non vediamo, la recensione
Tutta la luce che non vediamo è un racconto tragico, dai colori caldi e dalle scenografie maestose parla d’amore in tutte le sue forme utilizzando un approccio quasi fiabesco. Marie, cieca fin dalla nascita, si è trasferita a Saint Malo per sfuggire dall’invasione nazista. Una volta lì, mentre imperversava la guerra, ha perso i contatti con suo padre Daniel (Mark Ruffalo) e con suo zio, veterano di guerra, Etienne (Hugh Laurie) rimanendo sola con il compito di leggere ogni sera delle precise pagine del capolavoro di Verne.
Come il villain di una storia, a darle la caccia è un officiale nazista Reinhold von Rumpel (Lars Eidinger), interessato a lei per riuscire a trovare una gemma che, si dice, maledice chi lo possiede, ma dona al tempo stesso l’immortalità.
Relazioni nostalgiche – Tutta la luce che non vediamo, la recensione
É tramite flashback che conosciamo e ci affezioniamo a Daniel, a una Parigi nostalgica e bellissima. La prima, commuovente scena di loro due mostra fin da subito il rapporto stretto che c’è tra padre e figlia, rafforzato dalla cecità di Marie piuttosto che essere un elemento critico. In questo, Tutta la luce che non vediamo, riesce nell’arduo compito di bilanciare il dramma senza mai cadere nel pietismo.
Anche Werner, dipinto fin da subito come il soldato buono, ha un passato – e un presente – tragico. Da bambino è stato cresciuto in un istituto la cui fama lo precede: istruzione eccellente, ma formata per via di traumi, nonnismo e bullismo praticato dalle suore che insegnano lì. Grazie alle sua capacità tecnologiche, Werner viene arruolato per la sua abilità nel riparare e conoscere profondamente gli strumenti radio.
Buoni e cattivi – Tutta la luce che non vediamo, la recensione
Come accennavamo, Tutta la luce che non vediamo ha i tratti di una fiaba oscura e drammatica a causa dell’ambientazione storica in cui i personaggi vivono, ma anche per le loro condizioni. Come in un racconto fantastico d’altri tempi, ad essere protagonista è l’eterna lotta tra il bene e il male che, purtroppo, è anche il grosso difetto della miniserie. I personaggi, fin dalla loro prima comparsa, dichiarano la parte in cui stanno e non differiscono mai dai loro binari già scritti.
I buoni lo sono in tutte le loro azioni: i protagonisti sono affettuosi, amorevoli, coraggiosi e prendono dei tratti platealmente eroici. Al contrario, i personaggi negativi non sono sfaccettati, ma crudeli in tutto e per tutto tanto da prendere connotazioni da cattivo di, ancora una volta, una fiaba. É il caso del sergente Reinhold von Rumpel che ha tutte le caratteristiche di un villain irreale sebbene le sue intenzioni politiche sono tutto fuorché fantastiche.
Conclusione – Tutta la luce che non vediamo, la recensione
Quel che riesce, però, splendidamente è costruire i rapporti umani. Fin dalla sua apparizione nei ricordi di Marie, Daniel viene descritto come un padre amorevole che farebbe di tutto per la sua famiglia, per accudire Marie e al tempo stesso renderla indipendente. Marie, dal canto suo, è cresciuta con gli insegnamenti di suo padre che l’hanno resa fiera seppure il suo arco narrativo manchi di grinta.
I personaggi si intrecciano in maniera naturale dando vita a una storia che non era facile da portare sul piccolo schermo, ma, tutto sommato, Tutta la luce che non vediamo risulta essere una serie dolce e avvolgente quanto drammatica e, seppure non completamente riuscita, che vale la visione.
Tutta la luce che non vediamo
Voto - 7
7
Lati positivi
- L'unione tra un'ambientazione storica tragica e una storia fiabesca
- L'estetica
Lati negativi
- Personaggi poco sfaccettati