The Old Oak: recensione del nuovo dramma sociale di Ken Loach

The Old Oak, il nuovo film di Ken Loach, è un dramma sociale commovente e carico di speranza

The Old Oak, diretto da Ken Loach e scritto insieme al collega di lunga data, lo sceneggiatore Paul Laverty, è il 27º film del regista britannico e, si vociferava, anche ultimo suo lavoro (qui il trailer). Da sempre interessato a tematiche sociali, anche con The Old Oak si assiste a un’opera che racconta temi universali, sentiti e attuali come il dramma della guerra, l’assurdità del razzismo, il valore dell’incontro tra culture diverse e l’importanza di concetti come la collettività, l’umanità, la comunicazione. Per la terza volta in concorso per la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2023, questa volta non vinta, e aggiudicatasi nel 2006 con Il vento che accarezzava l’erba e nel 2016 per Io, Daniel Blake, Ken Loach torna ad emozionare e commuovere, a raccontare una storia amara, tristemente realistica e che con speranza e determinazione, sottolinea quel senso perduto di comunità e calore umano.

Indice

Trama – The Old Oak, la recensione

In un’immaginaria ex cittadina mineraria dell’Inghilterra del Nord, gli abitanti sono preda della rabbia, della frustrazione e di una noia nostalgica di quando vi erano valori e ideali per i quali valeva la pena lottare. È rimasto un unico luogo speciale, dove passare le giornate e ritrovarsi con vecchi amici. Si tratta dell’Old Oak, unico pub ancora aperto, unico posto pubblico che accoglie davvero  tutti. Gestito da TJ Ballantyne, uomo mite e che non prende quasi mai parte ai discorsi delle persone alle quali spesso si limita a servire una pinta di birra dopo l’altra.

The Old Oak

Sixteen Films, StudioCanal UK, Why Not Productions, Les Films du Fleuve

L’arrivo di alcuni rifugiati siriani che occupano le case vuote accanto a chi in quelle strade ci è nato e cresciuto, porta con sé un’ondata di intolleranza e violenza, che si esprime non solo verbalmente. Non c’è spazio per nessuno che non sia inglese in quelle stradine e quei vicoli dove non c’è obiettivamente nulla se non le radici di un popolo unito da una comunanza di abitudini, lingua e ricordi. O forse non c’è spazio neanche per un qualsiasi volto nuovo, perché quella cittadina è solo di chi vive lì da generazioni, di chi ricorda quel complesso come interamente abitato da figli e famiglie di minatori.

Protagonisti e personaggi perfettamente in linea con la storia – The Old Oak, la recensione

Solo TJ Ballantyne sembra dapprima accettare e poi aiutare i rifugiati a integrarsi, a ritrovare pace e serenità, contro tutti coloro che si sentono messi da parte e allontanati in quel microcosmo che credono essere solo ed esclusivamente di loro proprietà. Il cinema di Ken Loach cerca sempre di rendere il mondo un posto migliore, di accendere la speranza che sia almeno possibile e che basti una sola scintilla perché quel fuoco di calore, vicinanza e affetto prenda vita nell’animo di ognuno. Il personaggio di TJ Ballantyne, seppur non inizialmente del tutto caratterizzato, si rivela scena dopo scena, e se del suo passato si scoprirà poco, ciò che è realmente importante è il suo presente. Una trama che coinvolge nel suo scorrere ordinaria e silenziosa, incentrata come sempre su tematiche sociali, sull’incontro tra culture e su quel concetto di accoglienza più puro e naturale che dovrebbe venire spontaneo.

The Old Oak

Sixteen Films, StudioCanal UK, Why Not Productions, Les Films du Fleuve

L’ottima scelta del protagonista, convincente tanto nella fisionomia quanto per la grande interpretazione, è quella di un uomo dedito al proprio lavoro, consapevole di essere di vitale importanza per la maggior parte degli abitanti della cittadina. Forse non prende parte con la stessa veemenza degli altri a quei velenosi discorsi pieni di odio e razzismo, ma apparentemente sembra pensarla esattamente come loro. E invece ecco che nella pratica, nella quotidianità Ballantyne è anche quella figura che aiuta chi ne ha bisogno, non per scelta, ma perché gli viene naturale, come dovrebbe essere, rendersi disponibile nei confronti di qualcuno in difficoltà. Non è nato per sentirsi utile, per rendere felici gli altri, lui agisce per pura spontaneità e non fa alcuna distinzione. Aiuterebbe gli abituali clienti del suo pub se credesse che ne abbiano davvero bisogno. Ma cosa davvero vogliono loro? Non vogliono i rifugiati, vogliono che quelle case vuote rimangano vuote, vogliono vedere per le strade sempre e solo le stesse persone, le stesse famiglie, le uniche che, per loro, hanno davvero il diritto di vivere lì.

L’inconfondibile mano di un regista come Ken Loach – The Old Oak, la recensione

Lo stesso razzismo assume quindi una forma più profonda e meno rappresentata nel mondo cinematografico: non è né etnica, né religiosa, né culturale, o forse è tutte queste messe insieme e che marchia quelle famiglie come diverse. Basti pensare che alcuni dei rifugiati neanche parlano la lingua, inaccettabile per personaggi che appaiono ostili, egoisti, aggressivi, invidiosi, vendicativi. Tra ignoranza e inciviltà, caricati solo da una collera e una voluta incapacità di capire cosa c’è oltre tutto quello che negli anni hanno conosciuto, i personaggi che ruotano attorno al protagonista sono un crescendo di inquietudine e pericolo. E anche in questo caso The Old Oak e il genio di Ken Loach sorprende. È l’amicizia, l’affetto, l’intesa e il senso di appartenenza che viene meno nel momento in cui un essere umano, TJ Ballantyne, si spaventa e si stupisce, incredulo e disgustato, nello scoprire che proprio loro, i suoi concittadini, seppur pieni di astio e rancore e quindi desiderosi di agire, siano arrivati a tanto: a tradire per sempre la sua fiducia.

The Old Oak 4

Sixteen Films, StudioCanal UK, Why Not Productions, Les Films du Fleuve

Un film che non è eclatante, non mostra nello specifico ciò che è accaduto, che accadrà e che potrebbe ancora succedere. Basta un dialogo, una frase, una vecchia foto, un’espressione per chiarire, commuovere ed empatizzare. I rifugiati siriani, fuggiti da una situazione inimmaginabile, cercano di ricominciare, di avere la possibilità di un nuovo inizio e con Ballantyne trovano la possibilità di conoscersi, di entrare in contatto con chi li guardava con sospetto e che forse doveva solo trovare il momento e il modo per condividere qualcosa. Dividere un luogo, una tavola, del cibo, parlare, partecipare, vivere quel momento insieme è a volte l’inizio. Spesso i momenti di implicita e chiusa protesta di alcuni personaggi sembrano un continuo aizzare e caricarsi nelle convinzione di essere dalla parte delle ragione. The Old Oak è un film estremamente limpido, cristallino e chiaro in ciò che vuole raccontare e trasmettere e riesce a farlo con sequenze statiche, fatte di sguardi percepibili da lontano, con dialoghi incalzanti, a volte sconnessi, tipici di una quotidianità stravolta da qualcosa di inaspettato.

The Old Oak

Voto - 8

8

Lati positivi

  • Un dramma sociale, importante e doloroso
  • Un film amaro ma carico di speranza

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