Pax Massilia: recensione della nuova miniserie poliziesca Netflix

La serie diretta da Olivier Marchal condensa l'immaginario crudo e realistico del regista francese in sei episodi serrati e coinvolgenti

Dal 6 dicembre è disponibile su Netflix la miniserie francese Pax Massilia, creata da Kamel Guemra e co-scritta e diretta dall’attore e regista Olivier Marchal (Bronx, Overdose). Una serie poliziesca (o meglio, polar, secondo l’accezione francese del termine) che condensa l’immaginario tipico dell’ex poliziotto reinventatosi autore in sei episodi coinvolgenti e dal ritmo sostenuto dove, come da copione, a un mondo criminale sfaccettato e multiforme si affianca una rappresentazione della polizia decisamente cruda e realistica. Un mondo fatto di corruzione, giochi di potere e una violenza che pare ammantare ogni cosa.

Prodotta da Gaumont per Netflix, Pax Massilia va così a infoltire un’offerta crime già ricca, non sfigurando tra altri polizieschi (non solo francesi) presenti sulla piattaforma. Una serie impattante e coinvolgente che si dimostra una valida alternativa ai prodotti di genere d’oltreoceano grazie alla sua capacità di non scendere mai a compromessi, lontana tanto da logori stereotipi quanto da una manichea divisione tra bene e male, guardie e ladri.

Indice:

Trama – Pax Massilia recensione

Marsiglia. Il capitano Lyès Benamar (Tewfik Jallab), cresciuto in una banlieue e ora a capo dell’unità antidroga, è braccato dagli affari interni per i suoi presunti rapporti con il boss Ali Saïdi (Samir Boitard), suo amico di infanzia. Come se non bastasse, un’ondata di crack sta invadendo i quartieri poveri della città preannunciando un’imminente lotta per il controllo delle piazze di spaccio. Che dietro alle voci di un nuovo e spietato boss ci sia un’altra vecchia conoscenza di Benamar, Franck Murillo (Nicolas Duvauchelle), latitante dato da tutti per morto in Sud America?

Di questo, almeno, pare essere convinta la nuova recluta della squadra, la giovane Alice Vidal (Jeanne Goursaud), figlia di un agente ucciso proprio da Murillo e determinata a vendicarsi a ogni costo, anche mettendo a repentaglio la sua stessa carriera. Presa tra due fuochi, la squadra di Benamar dovrà così tentare, a modo suo, di riportare la pace tra le strade di Marsiglia, possibilmente cercando di restare viva e, soprattutto, di non finire dall’altra parte della barricata.

Pax Massilia recensione

Pax Massilia. Gaumont

Una città-mondo

“Voglio la pace per Marsiglia”, dice il capitano Benamar. “Forse hai scelto la città sbagliata”, gli risponde l’amico/nemico Saïdi. È una lunga storia d’amore, del resto, quella tra la turbolenta città portuale francese e il cinema poliziesco. Una storia che parte da Il clan dei marsigliesi e arriva fino ai successi recenti di BAC Nord e dello stesso Bronx. Specchio di una realtà ormai indissolubilmente legata all’immaginario criminale e al fascino di una città sempre uguale a se stessa, materia viva per storie di volta in volta simili eppure differenti.

Non poteva esserci ambientazione migliore di questa, allora, per il dramma corale messo in piedi da Marchal. Una storia fatta della stessa sostanza di cui sono fatte quelle strade e gli abitanti che le attraversano, realistica come gli ingranaggi di un sistema raccontato con sguardo crudo e disilluso, tanto fuori quanto dentro le mura della stazione di polizia, tra brutture quotidiane e un marciume che arriva ai massimi livelli.

Pax Massilia recensione

Pax Massilia. Gaumont

Sangue e affari

Per quanto realistica, però, Pax Massilia resta immersa totalmente nel suo genere di appartenenza. Dai poliziotti dai metodi a dir poco discutibili ai boss spietati e senza scrupoli, dalle guerre tra clan a un passato che irrimediabilmente ritorna a chiedere il conto, tutto infatti nella serie rispetta i luoghi comuni tipici del noir e del poliziesco. Eppure c’è qualcosa, in questa come nelle altre opere di Marchal, che non fa mai sì che tutto si riduca a semplice stereotipo o ad abusata macchietta.

Pur privilegiando l’intreccio e l’azione infatti la serie non scorda mai di approfondire, o almeno abbozzare, psicologie e motivazioni dei singoli personaggi. Sono allora i legami di sangue a fare la differenza, anche in un contesto cinico e dominato dagli affari come quello qui raccontato. Un mondo violento, violentissimo che lascia poco all’immaginazione ma in cui comunque trovano ancora posto sentimenti e affetti, amori fugaci e un solido quanto distorto senso di appartenenza.

Pax Massilia recensione

Pax Massilia. Gaumont

Una storia di chiaroscuri

Del resto, non esiste bene o male in un polar come Pax Massillia. Un mondo in cui dominano i chiaroscuri, in cui i protagonisti sono poliziotti allo sbando, smarriti lungo il confine sottile che intercorre tra legalità e illegalità, spesso con più di un punto in comune con quei criminali cui dovrebbero dare la caccia. Perché quello che conta, per Benamar e compagni, non è tanto perseguire il bene ma, al massimo, cercare di non annegare, di non soccombere del tutto a quel male che li vorrebbe divorare. Ben consapevoli che in quel mondo non esistono eroi ma solo capri espiatori.

È proprio questa umanità scissa e combattuta che il regista riesce a condensare in sei, densissimi episodi. Trovando nella narrazione seriale il formato ideale per raccontare al meglio le sue storie di guerra quotidiana, prendendosi il giusto tempo per tracciare psicologie e accumulare intrecci e colpi di scena senza risultare confusionario. Quello che ne esce è una miniserie dal ritmo serrato e avvincente che, pur non distinguendosi per originalità, prosegue il discorso coerente del suo autore. Un regista indubbiamente capace di unire assieme il crudo realismo della materia trattata a un amore sincero e consapevole per il genere.

Pax Massilia

Voto - 7

7

Lati positivi

  • La serie unisce sapientemente genere e crudo realismo, mantenendo uno sguardo particolare e ben riconoscibile

Lati negativi

  • In termini di originalità Pax Massilia non aggiunge molto al filone, riproponendo dinamiche risapute seppur in modo affascinante e coinvolgente

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