The Kitchen: recensione del distopico film Netflix

La nostra recensione di The Kitchen, nuovo film di Netflix ambientato in una Londra distopica. Ci avrà conquistati?

The Kitchen, film distopico disponibile sulla piattaforma streaming Netflix dal 19 gennaio 2024, segna l’esordio dietro la macchina da presa per Daniel Kaluuya, che firma una doppia regia insieme a Kibwe Tavares. Con nel cast gli ottimi Kano e Jedaiah Bannerman, The Kitchen si aggiunge al catalogo Netflix di gennaio 2024, offrendo un altro prodotti distopico che sembrano oggi essere uno dei generi maggiormente in voga. The Kitchen assomiglia molto di più a un dramma sul rapporto padre-figlio, che sia questo biologico o spirituale, e con lo stile e le vicende legate alla distopia ha poco a che fare.

Indice

Trama – The Kitchen recensione

Una Londra irriconoscibile e nettamente divisa tra ricchi e poveri, tra case popolari e appartamenti di lusso, tra chi vive senza risorse e beni di prima necessità e chi gode di agi, benessere e privilegi. Nella parte più periferica della città i palazzi occupati sono costantemente controllati da droni della polizia, con agenti che, a sorpresa, si mobilitano e sgomberano con violenza, le abitazioni dove riescono a entrare. Non ci sono rapporti reali tra i residenti in questo enorme complesso, chiamato The Kitchen, ma una condivisione delle stesse difficoltà e ristrettezze economiche, della paura di non riuscire a chiudersi nelle case quando gli agenti in tenuta anti sommossa arrivano all’improvviso.

The Kitchen

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Izi vive a The Kitchen, ma ancora per poco: lavorando per una multinazionale gestita dallo Stato che si occupa di cremare le persone dopo la morte, trasformandole in piante, sta aspettando di trasferirsi in uno degli appartamenti situati nella zona più ricca e lussuosa della città. Quando muore Toni, una donna che Izi conosceva, al suo funerale incontra il figlio Benji che crede che Izi sia suo padre. Izi è effettivamente legato al bambino, vuole aiutarlo e cerca di reprimere quel legame affettivo che sente da subito nei suoi confronti. Tra loro due, per caso e volontà, nasce un rapporto indissolubile, nel quale si salvano a vicenda, scontrandosi e chiedendosi, in particolare Benji, se Izi sia effettivamente suo padre.

L’opera prima di Daniel Kaluuya e Kibwe Tavares – The Kitchen recensione

Un film ambizioso The Kitchen, soprattutto per un esordio. Il premio Oscar come miglior attore protagonista Daniel Kaluuya e l’attore Kibwe Tavares hanno già un proprio stile di regia e racconto, non per forza riconducibile al genere del distopico, nonostante le inquadrature e le sequenze che rimangono impresse si rifanno proprio a quell’atmosfera futuristica, violenta e dittatoriale che contraddistingue le pellicole del genere. Seppur l’interprete protagonista Kano trasmette tutto il tormento e le difficoltà di sentimenti che non riesce a esprimere, nel film manca un reale coinvolgimento. Il giovanissimo Jedaiah Bannerman, straordinario attore bambino, regala una performance convincente, e che da subito esplicita una possibilità, anticipando cliffangher che non vogliono stupire, ma che arrivano, elegantemente, attraverso una tensione interna.

The Kitchen

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Una suspence dell’anima di chi, nella solitudine della misera e della povertà, è abituato a pensare solo a se stesso, senza più neanche realmente provare qualcosa per gli altri. L’arrivo di Benji stravolge l’equilibrio di Izi, spiazzandolo di fronte ad affetti sopiti da tempo, quasi dimenticati, che si cercano di reprimere. È questo l’elemento più interessante di The Kitchen, che trova il suo punto di arrivo nell’accettare di tentare di costruire un rapporto dopo aver scelto per anni di vivere per se stessi, soli con se stessi, e che i legami, in quel tipo di mondo, possono solo essere un problema. Un limite, un qualcosa che non fa ragionare. Per il resto il film Netflix manca di efficacia e autenticità, dando forse solo a una Londra lontanissima e completamente diversa da quella che si conosce oggi, un appeal, che nel corso del racconto però, perde, non aggiungendo altro.

Un film immobile e inspiegabilmente distopico – The Kitchen recensione

Il rapporto tra i due a volte sembra essere realmente quello tra un padre e un figlio, mentre altre questo viene lasciato a libera interpretazione dello spettatore. E in entrambi i casi funziona, nel suo essere silenzioso, fermo, fatto di sguardi e piccoli gesti e di momenti di ritrovata complicità; la stessa lentezza, immobilità e staticità della trama diventa invece inesorabile, stagnante e cristallizzata nella possibilità e nella speranza che accada qualcosa. Quel qualcosa che non arriva e che rasenta quindi nella storia la monotonia, soprattutto nella prima parte. The Kitchen rimane così bloccato nel continuo passaggio da un tipo di vita a un’altra, dalla ricerca del contatto umano alla scelta di non averlo, stentando a ingranare verso una reale direzione. La trama del film poteva essere ambientata in qualsiasi epoca, in qualsiasi tempo e non si capisce bene perché si sia scelta la distopia, che mai dovrebbe sembrare casuale e slegata dal genere, soprattuto se così particolare, noto e a volte arbitrariamente usato senza un reale motivo.

The Kitchen

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Recitazione, scenografia e alcune parti della sceneggiatura hanno il loro sperato risultato, considerando una pellicola che, distopica, lascia da parte azione e avventura, concentrandosi sul dramma: sul privato isolamento di chi ha deciso di scegliere di vivere solo per sé. Anche questo, in parte tipico dei conflitti di quelle opere ambientate in un futuro vicino, qui rimane velato di speranza e di un desiderato cambiamento, ma comunque accettabile. È la trama e anche in parte la regia a scadere in sequenze scontate, ovvie, e spesso sempre uguali a se stesse. Hanno maggiormente impatto le scene che anticipano i momenti salienti, le svolte, i ribaltamenti, quei climax necessari che in The Kitchen non arrivano mai. Sembra così che solo alla fine, in un’ottima inquadratura, che ha valenza e coerenza nel suo prendersi tutto il tempo per dare risposte, far intuire, far presagire e far aspettare, che stia per accadere realmente qualcosa che potrebbe cambiare per sempre le vite dei due protagonisti.

Conclusioni – The Kitchen recensione

Tanto a livello narrativo che psicologico e interpersonale, è nella conclusione che la situazione muta, si trasforma e forse non sarà più come prima. Se i presupposti c’erano e la messa in scena nel complesso non delude le aspettative, i temi più attuali, sociali e distopici vengono lasciati a margine, mentre dinamicità, azione e iniziativa sono del tutto assenti. Se l’originalità di The Kitchen stava nel concentrarsi sul rapporto tra i due personaggi, si ha sempre la sensazione che alla trama manchi qualcosa, così come alle figure che ruotano attorno ai protagonisti, a tutto l’assetto narrativo e a una location che resta, che si ricorda e che presumibilmente rimarca il concetto della differenza di classe. Alla base di molti distopici. Nessuna indagine su cosa sia accaduto, nessun accenno su come passare dalla parte della città più povera a quella dove vige il benessere; cambiamento che sembra poi essere fin troppo semplice e rendere così di difficile comprensione dove risieda la reale opposizione di chi vive all’interno di The Kitchen.

The Kitchen

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • Ottima recitazione
  • Dimensione personale ben esplorata

Lati negativi

  • Una distopia poco originale
  • Trama e personaggi slegati tra loro

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