Bob Marley – One love: la storia vera dietro il film
La storia vera dietro il film di Reinaldo Marcus Green
Bob Marley, celebre cantautore, attivista e chitarrista giamaicano è uno dei pionieri della musica reggae che con lui si è diffusa in tutto il mondo, facendo dello stile musicale anche uno stile di vita. Considerato uno dei 100 migliori cantanti al mondo è stato fondamentale in Giamaica e in Africa per il suo impegno sociale volto a liberare i popoli africani dall’oppressione politica e razziale. Per Bob Marley oltre che tema principale dei suoi brani, questa missione di diffusione di un messaggio di pace dalla Giamaica all’intera Africa divenne una vera e propria ragione di vita. Niente lo avrebbe allontanato da questo obiettivo, considerabile come un sogno che avrebbe fatto di tutto per realizzare. Bob Marley contribuì a cambiare il mondo e a farsi portavoce dei popoli oppressi, iniziando un percorso e creando qualcosa che sopravvive ancora oggi, simbolo di un’eredità musicale, culturale, sociale e politica.
Il film Bob Marley – One Love (qui la recensione), diretto da Reinaldo Marcus Green, non ripercorre l’intera vita di Bob Marley, ma si concentra sugli anni che vanno dal 1976 al 1978, sull’attivismo politico dell’artista, su alcuni ricordi d’infanzia e adolescenza e concentrandosi sulla realizzazione dei 2 album che lo portarono al successo e alla consacrazione mondiale. La ricostruzione di quegli anni, e alcuni flashback del passato tendono a confondere lo svolgimento e alcuni passaggi della vita di Bob Marley. Si tratta comunque di un biopic coinvolgente ed emozionante e che sicuramente rappresenta la figura di Bob Marley sotto il suo aspetto più importante, cioè quello di attivista, portatore di un importante messaggio di pace e unificazione. Con un cast dove spicca l’interpretazione del protagonista Kingsley Ben-Adir, Bob Marley – One Love (qui il trailer) è un film da vedere, e che riesce, con una narrazione in parte romanzata, ma realistica nella rappresentazione di alcuni aspetti della personalità di un mito, a far appassionare il proprio pubblico.
Bob Marley – One love: la storia vera e i primi anni vita dell’artista
Non si sa con esattezza l’anno di nascita di Bob Marley che si aggira intorno al febbraio del 1945. Originariamente chiamato Robert Nesta Marley, sua madre era una cantautrice e scrittrice giamaicana mentre suo padre era un capitano della Marina britannica, giamaicano di discendenza inglese. Quando Norval Sinclair Marley, il padre, e Cedella Booker, la madre, iniziarono la loro relazione Norval aveva 60 anni e Cedella 18; pochi mesi dopo, la loro unione, resa pubblica, destò un vero e proprio scandalo, acuito dalle origini britanniche di lui e dal fatto che fosse un bianco. La famiglia di lui diseredò il figlio e Norval, durante la gravidanza di lei, si trovava spesso in viaggio; alla fine, abbandonò Cedella, con la quale si era sposato, quando lei era ancora incinta. Nato nel villaggio di Rhoden Hall, nella Giamaica del Nord, Bob Marley non ha quindi mai conosciuto suo padre. Nel film si vede invece un piccolissimo Bob intravedere il padre durante alcuni incontri e liti con la madre, ma Bob Marley non ha in realtà mai visto suo padre. Norval e Cedella si sono rivisti una sola volta alla nascita di Bob e Norval non è più tornato. Alcune scene, come quella dell’incendio e del padre che, a cavallo, fugge da una foresta in fiamme e lo guarda, senza cercare di salvarlo e portarlo via da quel luogo che prenderà fuoco di lì a pochi secondi, è un chiaro riferimento al rifiuto che Bob Marley non ha mai nascosto nei confronti di un padre che non ha mai conosciuto. Potrebbero simboleggiare anche le immagini di un Bob bambino nei confronti di questo padre in giro, sovrintendente delle piantagioni e impegnato in missioni della marina. Norval morì nel 1955, quando Bob Marley aveva 10 anni, a causa di un infarto.
Oltre alle difficoltà che Cedella e Norval hanno avuto nel periodo della propria relazione e delle successive nozze, lo stesso Bob Marley fu sempre oggetto di pregiudizi per le sue origini miste, in particolare da giovane. La questione della propria identità etnica si ripresentò però anche in seguito, essendo inoltre la Giamaica sotto il dominio coloniale. Gli stessi vicini di Marley lo chiamavano White boy. Per difendersi dagli atti di bullismo di cui fu vittima, Marley si guadagnò poi però un altro appellativo, quello di Tuff Gong, per la sue capacità fisiche nel combattere. Bob Marley fu costretto ad imparare l’autodifesa, venendo preso di mira anche per la sua bassa statura, di 1,63 m. A 12 anni Bob Marley si trasferì con la madre in un sobborgo Kingston, capitale della Giamaica e forse uno dei punti di partenza per la poetica e i temi delle canzoni di Bob Marley. La vita a Trenchtown sarà fondamentale anche per il movimento Rasta al quale Marley si sarebbe unito più tardi. Trenchtown era un luogo degradato, dal quale era difficile uscire, dove miseria e povertà interessavano tutti e dove anche la speranza sembrava abbandonare negli anni l’animo delle persone. Chi era nato e viveva a Trenchtown sviluppò negli anni un sentimento di rabbia e contrasto verso il sistema, rifiutando il lavoro e portando quindi il sobborgo anche a un luogo dove la criminalità dilagava senza sosta. Gli ideali dei cosiddetti rude boys, che anche attraverso reati e atti di vandalismo manifestavano il proprio dissenso, caratterizzarono appunto il movimento Rasta, che si differenziava notevolmente però per la scelta di non ricorrere mai alla violenza. Alcune delle canzoni di Bob Marley si riferiscono proprio a questi rude boys.
L’inizio della passione per la musica e il successo
A 15 anni Bob Marley lavorò come saldatore stringendo amicizia con Neville O’Riley Livingston, che divenne poi membro della band dei The Wailers e che veniva chiamato dagli amici semplicemente Bunny. Fu Bunny ad avvicinare Bob alla musica e al canto. Inizialmente Bob Marley si dedicò a canti religiosi e, dall’amicizia con Bunny, cominciò a prendere confidenza con gli strumenti a corda e ad ascoltare i maggiori successi del momento a livello internazionale. Le prime chitarre che Bunny e Bob Marley suonavano non erano vere e proprie chitarre, ma erano ricavate da quel poco che i 2 possedevano: canne di bambù, casse di pesce vuote e fili elettrici. Ascoltando Elvis Presley, Ray Charles e gli Impressions, la cultura musicale di Bob Marley iniziò a prendere vita. Fu in quegli anni, suonando nel tempo libero, che Bob Marley conobbe Joe Hiigs, cantante locale membro del movimento Rasta. Durante queste sessioni di musica Marley conobbe molte delle personalità che divennero amici, colleghi e membri del primo gruppo musicale di cui fece parte e da lui stesso fondato. Già nel 1961, a 16 anni, Bob Marley incise 2 singoli, che però non ebbero quasi nessun successo. Nel 1966 nacquero ufficialmente i The Wailers e Marley si unì a Rita Anderson. Nel film Bob Marley – One love si vede come fu Rita Anderson, che diventerà poi sua moglie, a far avvicinare Marley al Rastafarianesimo, movimento al quale Marley capì in realtà di appartenere sin dai suoi 17 anni, convertendosi 4 anni dopo, quando sposò Rita.
A 21 anni Bob Marley lavorò nella fabbrica Chrysler, mentre era leader del gruppo e autore della maggior parte dei testi dei brani. Il successo iniziò e maturò in Giamaica prima di arrivare oltre oceano, come viene visto nel film che partendo da quando Bob Marley era già famoso in patria. Non racconta infatti i primi momenti della sua vita professionale. Scalando le classifiche giamaicane e suonando con le coriste chiamate Threes, del quale faceva parte anche la moglie, Bob passò un mese negli Stati Uniti, nel Delaware, dove viveva la madre, e tornò poi in Giamaica dove i dreadlock, legati al movimento rastafariano, divennero un tratto distintivo dell’artista e dell’uomo. Tra il 1968 e il 1972 ci furono delle dispute nella band e alcuni membri abbandonarono la loro collaborazione con Marley. Nel 1972 Marley conobbe Keith Baugh, insegnante d’arte al quale Marley, durante una conversazione, confessò di non poter tornare in Giamaica perché le sue canzoni, non venendo mandate in radio, non gli permettevano di guadagnare i soldi per acquistare il biglietto aereo. Baugh gli propose quindi di suonare per i suoi alunni. Lui insegnava alla Peckham Manor School di Londra e Marley accettò, portando con sé Jonny Nash, una delle più grandi star dell’epoca.
I 45 studenti presenti hanno poi raccontato e ricordato sempre quel momento: era l’ora di pranzo e Marley suonò per 45 minuti, rispondendo poi alle domande dei ragazzi e giocando con loro una partita di calcio. Bob Marley era un grande appassionato di calcio, seconda passione dopo la musica; l’artista volle infatti, in futuro, il calciatore Allan Cole come tour manager. Lo stesso Marley venne spesso visto giocare a calcio in numerose occasioni, anche negli studi di registrazione. Fan di Pelé e della squadra nazionale del Brasile, durante un’intervista dichiarò: “se vuoi conoscermi, dovrai giocare a calcio contro di me e i The Wailers”. Ottenendo successi su scala mondiale i The Wailers si sciolsero poi nel ’74. Non è chiaro cosa portò al reale scioglimento del gruppo e solo in parte le ragioni sono legate ai rispettivi interessi dei membri di tentare la carriera da solista. Il gruppo con cui Bob Marley suonò dal ’74 in poi si chiamava Bob Marley & The Wailers ed era costituito dai fratelli Barrett, da Tyrone Downie, Earl Lindo, Alvin Patterson, da Junior Malvin e Al Anderson, e come sempre dalle coriste, le I Threes. Il 1975 è l’anno dello storico No Woman, No Cry, che spopolò negli Stati Uniti e l’anno successivo è quello del concerto Smile Giamaica, reale inizio del film Bob Marley – One love.
Il Rastafarianesimo
Il movimento politico e religioso del Rastafarianesimo, anche noto semplicemente come movimento Rasta, è di stampo monoteista, ed è visto come un erede del cristianesimo. Il nome si riferisce all’imperatore Hailé Selassié I, salito al trono dell’Etiopia nel 1930. Il Rastafarianesimo affonda le proprie radici nelle parole di Marcus Mosiah Garvey, sindacalista nato in Giamaica e che ha poi vissuto negli Stati Uniti, dove si è trasferito durante il primo conflitto mondiale. Garvey si interessò a lungo delle condizioni di vita e lavoro degli afroamericani in Giamaica. Credeva che l’unico modo per riconquistare la libertà sarebbe stato quello di riportare in Africa tutti i discendenti degli schiavi, che solo nella loro terra avrebbero potuto riappropriarsi della propria personale vera libertà. Garvey si rifaceva alla profezia della Bibbia amarica che prevedeva l’incoronazione di un’imperatore nero in Africa che avrebbe avuto il compito di sconfiggere il male e porre fine all’oppressione. Ecco che per Garvey la figura in questione era Hailé Selassié I, il cui vero nome era Ras Tafari Maconnèn. Discendente de re Salomone e della regina di Saba era per Garvey la personificazione vivente della profezia.
Da qui in qualche modo nacque il Rastafarianesimo. Il reggae è stato un mezzo di diffusione del Rastafarianesimo grazie a Bob Marley, considerato anche il più famoso rastafariano di tutti i tempi. Dal 1930 al 1974, molti rasta hanno riconosciuto in Hailé Selaissé I un Dio in terra. Tra i principi del Rastafarianesimo c’è infatti la concezione dell’imperatore che compie azioni secondo il volere di Dio. Il Rastafarianesimo prevede poi il rispetto di tutte le culture religiose, sostiene l’autodeterminazione dei popoli, i pari diritti, ed è contro la guerra operando per la pace. A favore di forme democratiche e liberali i rastafariani credono nella libertà culturale, economica, civile e spirituale e nell’impegno sociale, mettendo al primo posto le problematiche del continente africano. Tra le abitudini quotidiane del Rastafarianesimo c’è la scelta di una rigorosa dieta vegetariana, rispettando le leggi kosher; il divieto di tagliare i capelli e l’astensione da tatuaggi e qualsiasi cosa possa mettere in dubbio il rispetto del proprio corpo. Rifiutano qualsiasi droga, tranne la marijuana, usata anche a scopo meditativo e praticano molto esercizio fisico.
Bob Marley – One love: l’attentato con cui inizia il film
Immediatamente dopo, anzi, per l’esattezza 3 giorni prima dello storico e atteso concerto Smile Giamaica, ci fu l’attentato a Marley dove rimasero gravemente colpiti Taylor, manager del gruppo e la moglie Rita. Mentre Bob Marley venne ferito lievemente al petto e al braccio. Nonostante questo, come si evince dalla pellicola, Bob Marley si esibì ugualmente. L’anno successivo Bob Marley si trasferì in Inghilterra, che definirà sempre come la sua seconda casa. In Inghilterra lui e il suo gruppo incisero Exodus e Kaya, trovando non poche difficoltà per quanto riguardava la casa discografica Island Records, che giudicava la copertina del disco e la campagna pubblicitaria inefficace. Da Jamming a Waiting in Vain, da Exodus e One Love fino a Three little birds, i dischi furono un successo mai visto e Bob Marley diede inizio a una tournée che lo portò in tutta Europa, tra cui anche l’Italia con tappa a Torino e Milano, arrivando poi negli Stati Uniti. Durante il viaggio verso Londra, Bob Marley venne arrestato per possesso di cannabis. Bob Marley ha sempre difeso il consumo di erba, che in base al movimento Rasta era un rituale religioso, definendo che la marijuana avesse poteri curativi, sia da punto di vista spirituale, ma che poteva essere usata anche come un vero e proprio medicinale. “L’alcol distrugge mentre l’erba costruisce“, disse una volta Marley.
“L’erba è una pianta. L’erba è buona per tutto” si ricorda anche tra le sue affermazioni sul consumo di marijuana. L’immagine di Bob Marley con una canna in mano e il fumo che si diffonde attorno a lui è effettivamente una delle più note del marketing che si generò attorno a Bob Marley. L’artista, si dice, fumava circa 18 spinelli al giorno. La famiglia di Marley immise poi sul mercato la così detta Marley Natural, cannabis lanciata dalla tenuta Marley che portò alla creazione di molti prodotti. Nonostante in Bob Marley – One love il consumo viene rappresentato durante la creazione e la realizzazione dei 2 album, non viene trattata la concezione del consumo di erba del Rastafarianesimo e quindi anche di Bob Marley. Marginalmente trattato, ma presente in Bob Marley – One love, è anche il rapporto con la moglie Rita, che aveva difficoltà a sopportare l’ondata di successo che sembrava allontanare Marley da quella che era la sua missione. I problemi più conosciuti della coppia, oltre alla lontananza e a dinamiche personali, riguardavano le relazioni extraconiugali di entrambi, Marley aveva infatti 11 figli riconosciuti ufficialmente, di cui 3 con Rita, e 8 con 8 donne diverse, che ebbe durante il matrimonio con Rita e la stessa Rita Anderson ha avuto altri 2 figli mentre era sposata con Bob.
La scoperta della malattia e l’eredità di Bob Marley
Vi sono delle inesattezze nel film sulla scoperta di un melanoma, all’epoca ancora poco noto e incurabile, avvenuta nel 1977, quando Bob Marley notò una ferita all’alluce destro, ferita che credeva essersi procurato giocando a calcio. Quando, sempre durante una partita di calcio, l’unghia si staccò, Bob Marley, su consiglio della moglie e degli amici, si fece visitare. La diagnosi fu appunto quella di un melanoma che cresceva sotto l’unghia dell’alluce. Come si vede nel film, i medici gli consigliarono di amputare il dito. Nel film Bob Marley rifiuta, mentre in realtà acconsentì solo all’amputazione del letto dell’unghia. I medici erano infatti divisi tra queste 2 possibilità: amputare il dito o solo la parte dove cresceva il melanoma. Alla base della scelta di Marley c’erano non solo motivi religiosi, ma anche inerenti alla sua missione sociale, politica e culturale che ha da sempre contraddistinto la sua vita e la sua musica. Lui non poteva fermarsi. Il melanoma non guarì con l’amputazione e il cancro progredì diffondendosi in tutto il corpo arrivando fino al cervello.
L’anno successivo, dopo il celebre One Love Peace Concert, simbolo del suo obiettivo di arginare l’ostilità tra i partiti in guerra, e dove i due leader si strinsero la mano sul palco, Bob Marley incise altri 2 dischi, Survival e Uprising. Dopo i 2 concerti degli Stati Uniti che facevano parte della tournée iniziata in Europa, il 23 settembre del 1980 Bob Marley tenne il suo ultimo concerto. Dopo si recò a Monaco, in Germania, per tentare le cure del dottor Josel Issels, raramente approvate dalla comunità scientifica. Il cancro arrivò comunque al cervello, dopo aver colpito polmoni e fegato e si rivelò quindi incurabile. Marley dovette inoltre tagliarsi i dreadlock, indeboliti a causa della malattia ed estremamente pesanti. Fu una decisione dolorosa che Marley prese con difficoltà. Durante il viaggio dalla Germania in Giamaica le condizioni di Bob Marley peggiorarono di colpo e l’aereo atterrò a Miami dove Bob Marley venne ricoverato e morì l’11 maggio del 1981 a soli 36 anni.
L’eredità di Bob Marley è viva ancora oggi, a distanza di 40 anni. Bob Marley non è stato solo un celebre artista, un attivista convinto e impegnato nella lotta, né solo il re e fondatore del reggae. Con la sua musica, nata con lui, Bob Marley ha diffuso un messaggio di pace, giustizia e unione. Il tema della lotta contro l’oppressione politica e razziale che si può combattere e sconfiggere solo con l’unificazione di tutti popoli di colore è sempre stato l’aspetto primario e l’obiettivo di vita di Bob Marley e della sua musica. Ogni brano ha un doppio significato, è stratificato in ciò che dice, esprime e rappresenta e ogni testo ha una duplice lettura. Bob Marley portò il suo messaggio oltre la Giamaica, in tutto il mondo, rendendo visibile e sentite le condizioni di disagio, sofferenza, povertà e degrado che aveva vissuto e che altre persone continuavano a dover sopportare ogni giorno. Considerato come un messia, un semi dio, una pop star e un portavoce emotivo, politico e musicale di speranza per la libertà, Bob Marley è stato ed è ancora oggi un eroe per milioni persone, uno dei pochi artisti in grado di cambiare il mondo.