The antisocial network: recensione del documentario Netflix
Diretto da Giorgio Angelini e Arthur Jones, The antisocial network: La macchina della disinformazione è un’indagine approfondita di fenomeni del web e della cultura social che oggi è entrata nella quotidianità globale. The antisocial network: La macchina della disinformazione (qui il trailer), disponibile nel catalogo Netflix di aprile 2024 è un documentario interessante, appassionante e che fa luce su episodi non abbastanza noti e conosciuti.
Indice
Trama – The antisocial network: La macchina della disinformazione, la recensione
Teenager annoiati che, tra solitudine ed emarginazione, si sentono meno soli nel buio della propria camera , illuminata solo dalla luce del computer. Quella luce che pone le fondamenta di una comunità online nata come la massima possibilità della libertà d’espressione, ma che nella scelta di non avere censure, tra svago, divertimenti, nascita dei meme e immagini tanto indecenti quanto adorate dagli utenti, dà anche vita a teorie del complotto, a una realtà che è vera solo online. E che fuori, nel mondo reale, non può che trasformarsi in qualcosa di cupo, insidioso e allarmante. Raccontando la nascita di QAnon, nato su 4chan, e il loro impatto sulla realtà comune, arrivando poi a diventare un vero e proprio movimento politico. Allo stesso modo il focus è anche Anonymous, la sua potenza e la paura che ha generato in chi veniva preso di mira.
Un gruppo di hacker che ha fatto di Anonymous la vera opportunità di creare un mondo più giusto, più liberale, meno crudo e violento di come è diventato. Ricco di dettagli, tanto affascinante quanto disordinatamente psichedelico, tra immagini folgoranti, dove colori, figure e luci si mescolano tra loro creando non solo una forte immedesimazione ma anche un chiaro quadro di cosa voglia dire vivere solo nel web. Tra ossessione, una mente sempre attiva che non riesce a spegnersi e un’adrenalina che sale fin troppo, le interviste spiegano, senza tralasciare i particolari, come tutto sia nato da un piccolo esperimento in Giappone e come, nel tentativo di combattere la solitudine, abbia aumentato quel senso di estraniazione, influenzando poi anche chi del World Wide Web ne sapeva solo l’esistenza.
Cultura web dagli anni ’90 ad oggi – The antisocial network: La macchina della disinformazione, la recensione
Irriverente e provocatorio, The antisocial network: La macchina della disinformazione è fortemente attuale e oltre a mostrare, come è evidente dal titolo, il noto fenomeno delle fake news, fa luce anche su altro. Come ogni altro documentario che analizza il mondo e l’era di internet, non si può esentare da usi impropri, da un web che avvolge e travolge e da come sia quasi impossibile avere un autocontrollo. L’online è stato per anni non regolato da leggi, non c’erano modi per far sì che un video, una foto o un qualsiasi altro tipo di contenuto, potesse sparire prima di esser visto o letto da tutti. Gli hacker erano una manciata esigua di persone e comunque non sarebbero riusciti a superare i sistemi di sicurezza più avanzati. Ma al tempo stesso questi sistemi di sicurezza non erano da subito pronti a tutto ciò che poi il web ha reso possibile. Parte da 2chan, arrivando a 4chan fino a 8chan e Anonymous, con loghi, maschere e citazioni entrate nell’immaginario collettivo, The antisocial network: La macchina della disinformazione mostra anche come, dietro uno schermo, tutto può diventare fraintendibile.
Uno scherzo a fin di bene può ledere molto la psiche di qualcuno, una notizia falsa viene seguita da una valanga di commenti prima di esser chiarita, un contenuto che viene pubblicato prima del tempo fa sicuramente più notizia di quanta ne avrebbe fatta se fosse uscito al momento giusto, un input, una proposta, un incipit e tutto si moltiplica e triplica a una velocità mai vista. Il nuovo documentario Netflix sul mondo del web rappresenta anche come da quelle piattaforme a fin di bene, o per meglio dire, con intenti positivi, sia facile passare a modalità più pericolose. The antisocial network, indubbiamente coinvolgente e avvincente, non ha quasi nulla di già visto, nonostante la tematica ampiamente trattata, sia nel genere del documentario, che in altri prodotti audiovisivi. Con l’avvento di internet, di computer con sempre più funzioni, è ancora interessante e appassionante vedere come la vita delle persone sia cambiata, ma anche come eventi e fatti che negli anni ’90 hanno stupefatto e portato a ottimi e nobili risultati, oggi abbiano invece dato vita a situazioni violente, a credere di esser stati ingannati e quindi a dover reclamare la verità.
Le fake news troppo rischiose – The antisocial network: la macchina della disinformazione, la recensione
Esempio più lampante che il documentario esamina è l’assalto a Capitol Hill, nato da fake news capaci di scuotere gli animi, che con ferocia e rabbia hanno causato ciò che è accaduto. Negli Stati Uniti, come nel resto del mondo, si è tratto di un episodio che non ha solo reso chiara la potenza di internet, ma anche come, nonostante false notizie e un fenomeno che tutti ormai conoscono, si sia pronti a credere a tutto ciò che è online. Un mondo che può essere protetto dall’anonimato e che permette di nascondersi dietro uno schermo dovrebbe essere considerato molto meno affidabile di quanto è.
The antisocial network, con una creatività visiva stupefacente e un’esplorazione dei fatti che non tralascia nulla, affronta più decenni, l’inizio di qualcosa che oggi non si può più realmente controllare e che era nato proprio da un bisogno impellente di sfuggire al controllo, perché 4chan era prima di tutto un posto dove, in modo anonimo, si poteva dare libero sfogo a qualsiasi assurdità, purché fosse scherzosa, divertente e che rimanesse lì, senza mai uscire nel mondo reale. The antisocial network racconta poi però anche come col passare del tempo, i social, le piattaforme, i siti di notizie e qualsiasi altra cosa venga postata su internet, finisca per contribuire a dare vita a una vera e propria macchina di disinformazione.
The antisocial network
Voto - 8
8
Lati positivi
- Intrigante e persuasivo
- Graficamente folgorante