Il tatuatore di Auschwitz: recensione dei primi 2 episodi

Arriva su Sky Atlantic a partire dal 10 maggio 2024 la miniserie Il tatuatore di Auschwitz con nel cast Jonah Hauer-King e Harvey Keitel

Il tatuatore di Auschwitz è diretto da Tali Shalom Ezer e basato sul bestseller dal titolo The Tattoist of Auschwitz scritto da Heather Morris. Il tatuatore di Auschwitz racconta una storia d’amore in uno dei più oscuri luoghi al mondo, sinonimo di morte e distruzione. Con un grande cast internazionale che comprende Jonah Hauer-King e Harvey Keitel, Il tatuatore di Auschwitz (qui il trailer), diviso in 6 episodi, è disponibile su Sky Atlantic con i primi 2 episodi a partire dal 10 maggio 2024.

Indice

Trama – Il tatuatore di Auschwitz, la recensione

Agli albori del nazismo, quando gli ebrei dovevano portare la stella di David per essere riconosciuti, ma l’odio non era ancora esploso e i campi venivano dipinti come, unicamente, dei veri campi di lavoro e non un luogo dove rischiavano di morire, Lali e la sua famiglia scelgono chi, tra gli uomini di casa, debba contribuire allo sforzo bellico come è stato richiesto. La scelta e anche la volontà di aiutare la sua famiglia, ricade su Lali che parte, insieme a molte altre persone alla volta di quello che di lì a poco sarebbe diventato il campo di sterminio di Auschwitz.

Il tatuatore di Auschwitz

Sky Atlantic

Iniziando, insieme ai suoi compagni, a rendersi conto che la loro vita per guardie e SS non conta nulla e che non è il bisogno primario di manodopera ad averli condotti lì, Lali ha la tragica fortuna di poter lavorare come tatuatore. Una fortuna considerando alcuni privilegi, ma diventando così, agli occhi degli altri, un vero schiavo dei nazisti che ha accettato di “lavorare per loro”. Nel campo di Auschwitz la vita di Lali cambia nuovamente quando incontra gli occhi di Gita, ragazza slovacca che, come tutti, passa da lui per essere tatuata e che sarà per lui l’unica ragione per continuare a vivere. A distanza di 60 anni Lali è un uomo anziano e ancora profondamente ancorato a quelle dolorose memorie e ripercorre la vita nel campo nel dialogo con Heather Morris, futura autrice del libro Il tatuatore di Auschwitz.

Tra classicismo e originalità – Il tatuatore di Auschwitz, la recensione

Il tatuatore di Auschwitz racconta, con una struttura alquanto classica, uno dei periodi più bui della Storia. L’anziano Lali ripercorre la sua vita dal 1942, quando è partito dalla Slovacchia con l’idea di contribuire allo sforzo bellico e si è messo in fila, insieme a migliaia di altre persone, convinto di andare in un campo di lavoro. Ma quello dove è arrivato era Auschwitz, il più tristemente noto capo di sterminio. Quando Lali arriva, Auschwitz è però ancora all’inizio della sua costruzione e, nonostante le esecuzioni sommarie già esistano, i membri del campo hanno ancora l’amaro privilegio di stupirsi di quanto accadeva. Tra lunghi flashback e momenti del presente, l’occhio più intrinseco e la matrice innovativa della serie tv si manifesta. Lali non è solo provato da quanto ha passato: lui con la mente è ancora lì, la sua nuova casa è popolata dalle anime e dalle immagini delle SS e dei prigionieri che ha visto morire. Parla con loro, li sente, li vede e forse la scelta di scriverne è un modo per smettere che sia così.

Il tatuatore di Auschwitz

Sky Atlantic

Per quanto l’idea di “superare ciò che si è vissuto nei campi di concentramento” sembri un sogno impossibile, il modo in cui Il tatuatore di Auschwitz decide di mostrare e rappresentare un uomo rimasto fermo a quegli anni, non è così comune nei film che trattano l’Olocausto. Non solo Lali soffre, ma non riesce a liberarsi di quei ricordi ossessivi e martellanti. Quello che racconta al personaggio di Heather è a volte una realtà distorta, che poi solo allo spettatore si rivela per ciò che era. Il campo per Lali è stato dolore e momenti di gioia improvvisa, morte e vita, amore e odio, ma soprattutto è stato artefice della speranza che gli ha permesso di fare di tutto per continuare a vivere. Il tatuatore di Auschwitz racconta anche un’altra delle innumerevoli mansioni che c’erano nei campi e cioè quella di coloro che tatuavano le persone, che le marchiavano a vita e che operavano il primo dei passaggi da essere umano a numero. Uno dei tanti modi di sopravvivere, forse più a lungo degli altri, o a lungo abbastanza da uscire vivi da quel luogo.

I personaggi e gli attori che danno loro vita – Il tatuatore di Auschwitz, la recensione

La nuova serie di Sky Atlantic annovera volti noti del cinema statunitense come Jonah Hauer-King, Melanie Lynskey e uno straordinario Harvey Keitel, accanto a un cast internazionale che comprende l’attrice polacca Anna Próchniak e l’attore tedesco Jonas Nay, quest’ultimo nel ruolo di un ufficiale tedesco brutale e dalla personalità complessa, diviso tra barlumi di umanità e di inaudita crudeltà. La scelta di Jonah Hauer-King, irriconoscibile rispetto ai precedenti ruoli, non poteva essere più azzeccata: i suoi occhi di un blu vitreo non solo trasmettono l’angoscia e la sofferenza di dover sottostare alle angherie e insensate richieste dell’ufficiale con cui si ritrova a passare ogni giorno, ma gli conferiscono quello sguardo che gli salverà la vita più di una volta. “Tu piaci a tutti” gli dice uno dei tatuatori che gli offre la possibilità di diventare lui a sua volta un altro dei tatuatori, e anche l’instabile Baretzki si concede a qualche battuta, qualche sorriso e qualche sprazzo di indulgenza, smentendosi poi fin troppo presto.

Il tatuatore di Auschwitz

Sky Atlantic

Il personaggio di Lali, giovane Hauer-King e anziano Harvey Keitel è comunicativo, indifeso e a volte mosso da una compassione ingenua e rischiosa, determinato a non morire, ma trovandosi negli anni lui stesso a non riuscire sempre a vivere. Non è un protagonista né eroico né coraggioso, ma è un uomo mosso da un amore che va oltre ogni cosa, persino oltre quegli atroci edifici in cui il sentimento nasce e matura. Un sentimento filtrato da personalità pericolose e sofferto da una lontananza e un’inconsapevolezza che può essere estenuante. Le prime due puntate di Il tatuatore di Auschwitz mostrano negli attori il loro punto di forza e in alcuni complessi rapporti interpersonali che si prospettano pronti ad aumentare di intensità e spessore, rendendo l’intero racconto più coinvolgente di quanto già non sia. Senza dimenticare quel tocco inedito di un Lali che di quegli anni vorrebbe ricordare solo i momenti con Gita.

Il tatutore di Auschwitz

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Ottima interpretazione
  • Perfetta costruzione dei personaggi

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