Gangs of Galicia: la recensione della serie spagnola di Netflix
Netflix ci immerge nell'inedito contesto della mafia galiziana con una serie crime dalla storia potenzialmente affascinante ma che non riesce mai a convincere davvero
Dal 21 giugno è disponibile su Netflix la nuova serie crime Gangs of Galicia. Un thriller spagnolo, scritto da Jorge Guerricaechevarría (sceneggiatore di Cella 211 e collaboratore assiduo di Alex de la Inglesia) e diretto da Roger Gual e Javier Rodriguez, che va a rimpolpare la già nutrita offerta poliziesca della piattaforma senza però riuscire davvero a spiccare tra i tanti titoli simili della sua library. Un prodotto caratterizzato dalla prevedibilità e da pochi guizzi inventivi che sarebbe risultato più interessante se affrontato con tempi e modi diversi.
Tratta da una storia vera e immersa nella realtà del traffico di droga galiziano la serie, prodotta da Vaca Films, si inserisce così in un filone che va da Gomorra a Pax Massilia, usando i codici del gangster movie e del poliziesco immergendoli in un contesto specifico. Il risultato è però altalenante, spesso prevedibile e incapace di trattare la materia con il giusto spirito e la giusta tensione. Complice una regia piatta e interpretazioni non sempre all’altezza.
Indice:
Trama – Gangs of Galicia recensione
Dopo che il padre è stato misteriosamente assassinato, Ana (Clara Lago), avvocatessa di successo di Madrid, scopre una sconvolgente verità: il genitore era in realtà in un programma di protezione testimoni dopo che, anni prima che lei nascesse, aveva venduto il suo capo – il narcotrafficante galiziano Padìn (Miguel de Lira) – alla polizia. Sconvolta dalla rivelazione e determinata a saperne di più, Ana si reca così di impulso nel paese d’origine del padre, Cambados, in Galizia. Qui scopre che, dal carcere, Padìn controlla ancora la città e il traffico via mare di droga aiutato dal figlio Daniel (Tamar Novas).
Dopo aver aperto uno studio in città Ana diventa così proprio l’avvocato di Daniel, con l’intenzione di scoprire il più possibile sull’assassinio del padre e, forse, di vendicarsi. Ma il rapporto con Daniel si evolve in modo inaspettato mettendo Ana in una posizione ambigua e decisamente pericolosa. Riuscirà a mantenere la propria integrità morale mentre tutto attorno a lei brucia?
Giocare col fuoco
Non ci si inganni. Nonostante il titolo internazionale (quello spagnolo è Clanes) altisonante, Gangs of Galicia ha poco da spartire con serie come Gangs of London di Gareth Evans o – ovviamente – film come Gangs of New York di Scorsese. Questo non perché la serie creata da Guerricaechevarría non abbia tutti gli elementi necessari per essere una buona storia crime, dall’educazione criminale al lavoro sotto copertura, dagli amori tormentati ai colpi di scena. Ma perché il modo in cui questi elementi vengono usati e uniti tra loro tradisce spesso una schematicità di fondo e una mancanza di originalità evidenti.
Nella vicenda di Ana e nella sua lenta discesa nel mondo del narcotraffico galiziano si dispiegano infatti tutti i luoghi comuni del genere, tra colpi di scena più o meno prevedibili e sviluppi narrativi a tratti improbabili, mentre, sullo sfondo, storie secondarie (la sorellastra di Ana e la sua famiglia, le sorti di Marco) si concludono repentinamente o restano irrisolte.
Un poliziesco da manuale
Senza l’autorialità febbrile del Rodrigo Sorogoyen di Antidisturbios (qui ritroviamo il Diego Anido del suo As Bestas) ma persino della sfacciataggine pop e melo de La casa di carta, Gangs of Galicia si adagia così nelle maglie di un poliziesco da manuale. Un compendio di figure e luoghi comuni senza particolari guizzi inventivi o trovate di regia capaci di risollevarne le sorti, rendendo eventi, situazioni e personaggi più dinamici e accattivanti.
Una storia dove la particolarizzata descrizione delle dinamiche del traffico di droga in mare si accompagna a riflessioni non certo nuovissime su vendetta ed eredità famigliari. Sono storie di rapporti tra genitori e figli, del resto, quelle al centro della serie. Non solo tra Ana e il fantasma di suo padre, ma anche tra Daniel e Padìn, per non parlare della moglie, della figlia e della nipote che proprio il padre di Ana si è lasciato dietro nella sua fuga. Dinamiche complesse e non certo banali ma che a volte la serie decide di non seguire fino in fondo, perdendo per strada più di qualche elemento chiarificatore o risolutivo.
Tante criticità
È così che persino la parabola di Ana – un personaggio che avrebbe dovuto essere perno e motore di tutta la vicenda, non solo a livello narrativo ma anche morale – resta in parte nebbiosa e indefinita come le motivazioni che la muovono (il rapporto ambiguo con Daniel, il piano di vendetta contro Padìn, il rapporto con la famiglia del padre), spesso tratteggiate grossolanamente e non certo aiutate da un’interprete, Clara Lago, a volte spaesata e fuori parte.
Problemi non da poco cui si aggiunge una regia piatta e senza mordente, fatta di inquadrature elementari e un senso del ritmo altalenante, dove l’azione latita o viene relegata a qualche inseguimento in barca, facendo della serie un prodotto senza infamia e senza lode. Uno tra i tanti titoli medi cui la piattaforma e l’algoritmo ci hanno ormai abituati e a cui non basta la tanto sbandierata e ormai onnipresente etichetta di “storia vera” per risultare veramente interessante.
Gangs of Galicia
Voto - 5.5
5.5
Lati positivi
- Il modo in cui vengono descritti minuziosamente i metodi criminali della mafia galiziana
Lati negativi
- La prevedibilità delle situazioni e una regia senza guizzi inventivi
- La scrittura spesso lacunosa o improbabile, accompagnata da interpretazioni non sempre all'altezza